sabato 27 ottobre 2012
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«Io e i miei avvocati ritenevamo impossibile una condanna in questo processo: ero certo di essere assolto da una accusa totalmente fuori dalla realtà». Invece, è arrivata «una condanna politica incredibile e intollerabile. È la prova provata di un accanimento giudiziario, di un uso della giustizia a fini politici, come sono politici i tanti processi inventati a mio riguardo. Non si può andare avanti così, si deve fare qualcosa...». È furibondo, Silvio Berlusconi. E la sua ira va in onda senza filtri, tracimando in poderose ondate nel corso di una lunga telefonata in diretta, nell’edizione serale del tg Studio aperto di Italia Uno. Più che uno sfogo, il suo è un fiume in piena, in cui affiorano spiegazioni, accuse taglienti, congetture, ma anche giudizi al fulmicotone sui magistrati che l’hanno appena condannato in primo grado a quattro anni di carcere per frode fiscale: «Quando non si può contare sull’imparzialità dei giudici in un Paese - attacca -, questo diventa incivile, barbaro, invivibile e cessa di essere anche una democrazia. È triste, ma la situazione è così...».Il fondatore di Forza Italia e del Pdl nega decisamente che possa esistere un qualche nesso tra la sua decisione di annunciare, l’altro ieri, «un passo indietro» dalla leadership del partito e la sentenza di condanna: «No, nessuna connessione assolutamente». Poi, per l’ennesima volta in questi anni, il tycoon di Mediaset sgrana l’infinito rosario dei propri guai giudiziari: «Ho subito più di 60 procedimenti, più di mille magistrati si sono occupati di me. Il mio gruppo ha avuto 188 visite della polizia giudiziaria e della Guardia di finanza. In questi 18 anni, ci sono state 2.666 udienze e abbiamo dovuto spendere più di 400 milioni di euro in parcelle di avvocati e consulenti».Ma il Cavaliere furioso intende anche far conoscere agli italiani la propria linea di difesa. E così, in diretta tv, si profonde in un’articolata arringa <+corsivo>post iudicium<+tondo>, dopo quelle pronunciate in aula dai suoi difensori: «L’accusa mi vorrebbe socio occulto di due imprenditori americani, di cui uno mai conosciuto - si difende -. Per di più, di quest’accusa non c’è nessun riscontro, anzi ci sono prove contrarie e inoppugnabili che escludono l’eventualità». E prosegue: «Se fossi stato socio di questi imprenditori, sarebbe bastata una mia telefonata agli uffici Mediaset per determinare l’acquisto dei diritti che volevano vendere, senza necessità di pagare una tangente». Ma soprattutto, aggiunge, «se fossi stato socio, sarei venuto subito a conoscenza del pagamento di una tangente, oltretutto così elevata, ai responsabili ufficio acquisti di Mediaset, non avrei potuto che provvedere al loro immediato licenziamento». Anche perché, conclude Berlusconi, quei responsabili gestivano «diritti televisivi per oltre 750 milioni l’anno», non solo i 35 oggetto della sentenza. E dunque, «nessun imprenditore avrebbe potuto consentire ai responsabili dei suoi uffici acquisti di continuare a rubare ai suoi danni e ai danni dell’azienda».Attorno al proprio "padre fondatore", fa immediatamente quadrato l’intero Pdl, con una lunga nota pubblicata sul sito ufficiale del partito. Le parole più dure le pronuncia uno dei colonnelli di provata fedeltà, il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto: «Non è una sentenza, ma un tentativo di omicidio politico, non solo per la condanna penale, ma per l’interdizione quinquennale dai pubblici uffici».
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