martedì 9 novembre 2010
Il premier rassicura Bossi: federalismo entro Natale, l'obiettivo è governare. Patto Lega-Pdl: no a esecutivi tecnici. Il Quirinale: ci sono scadenze inderogabili. È ottimista il ministro delle Riforme e leader della Lega Nord sul futuro del governo: «Vedo uno spiraglio? Credo proprio di sì».
- Fini: «Mani libere se Silvio resiste» 
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«Fini non aprirà la crisi. Vedrai, non lo farà; lui non ha il coraggio per farlo...». Silvio Berlusconi cerca gli occhi di Umberto Bossi e con un tono di voce stranamente sereno completa quel ragionamento appena abbozzato ribadendo la linea dura: «... E poi se davvero lo facesse sarebbe la mossa più impopolare del mondo... Forse, la sua ultima mossa». Il capo del governo sfida apertamente il presidente della Camera. E lo fa anche forte del totale sostegno della Lega. «È assurdo pensare alle mie dimissioni: sono alla guida del Paese perché la gente mi ha votato e farò fino in fondo il mio dovere». Ancora una pausa leggera precede l’ennesimo messaggio al capo di Fli: «Lo farò anche se Fini dovesse ufficializzare il ritiro della delegazione...». È ottimista il ministro delle Riforme e leader della Lega Nord sul futuro del governo. «Vedo uno spiraglio? Credo proprio di sì», dice Bossi ai giornalisti che lo attendono a Monteforte D'Alpone (Verona), dove si è recato insieme con Silvio Berlusconi per un sopralluogo alle zone alluvionate del Veneto. «Se io ho il mandato a trattare? Sì - risponde il Senatur - mi hanno preso per il collo e io mi metto sull'attenti», dice portandosi la mano alla fronte in segno di saluto militare. «Ho il mandato di Berlusconi a trattare con Fini - aggiunge Bossi - ma anche quello di Fini a trattare con Berlusconi, l'importante è che Fini non si metta a correre». Il governo va avanti. «Se Fli vuole dichiarare la propria sfiducia, il luogo più adatto è il Parlamento»  afferma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti.Sono ore di vertici per capire. Ma uno solo conta davvero: va in scena ad Arcore ed è chiuso da un comunicato dei capigruppo della Lega Nord. «Il governo prosegua con la sua azione riformatrice per realizzare il programma», scrivono Marco Reguzzoni e Federico Bricolo. C’è tutta la strategia del tandem Bossi-Berlusconi in quel messaggio. C’è la loro voglia di andare avanti senza lasciare a Futuro e libertà nessun pretesto per staccare la spina. La parola d’ordine è una sola: lavorare. Oggi il Cavaliere e il Senatur saranno in Veneto nelle terre "ferite" dall’alluvione. Poi il capo del governo volerà a l’Aquila. E mercoledì mattina partirà per Seul dove andrà in scena il G20. Tra Lega e Pdl c’è un accordo forte. Bossi, in tutte le telefonate più riservate, ribadisce il patto di ferro: «Saremo con Silvio sempre e comunque». Quelle sei parole bastano a spazzare via voci e sospetti. E magari ad allontanare il fantasma di un eventuale governo tecnico. «Insieme governiamo o insieme andiamo al voto», ripetono ad Arcore non escludendo l’ipotesi di elezioni anticipate. Ma non ora. Semmai in primavera. Semmai unendo voto politico e voto amministrativo. Intanto anche Maurizio Sacconi affonda l’ipotesi di un esecutivo tecnico. «So che ci sono molti tecnocrati o molti comunicatori che vorrebbero tanto assumere responsabilità di governo senza la fatica del consenso popolare, ma ho fiducia nel presidente Napolitano che non vorrà soluzioni elitarie, tecnocratiche, politicamente contrapposte a coloro che ebbero il consenso degli italiani». È un messaggio chiaro che ora trova forza dal patto Berlusconi-Bossi. Eppure in mattinata (e dunque prima del vertice di Arcore) la situazione era meno nitida. La Lega era preoccupata. Bossi nervoso per le sorti del federalismo. Poi Berlusconi si era mosso: possiamo andare avanti senza farci logorare, possiamo approvare i cinque punti del programma, e possiamo arrivare a un via libera al pacchetto sul federalismo entro Natale. Insomma si vuole correre e già entro domani - si apprende poi in ambienti della commissione bicamerale - sarà dato il parere in merito al decreto legislativo sui fabbisogni standard di comuni e province. Decreto che potrebbe quindi tornare al vaglio del Cdm, per l’approvazione definitiva, già in settimana.L’impressione è che si provi davvero a governare. O che comunque si costruiscano le condizioni per addossare tutte le colpe di una crisi a Fini e ai suoi uomini. Mariastella Gelmini a questo proposito è chiara: Futuro e Libertà «si è assunta la responsabilità di aprire una crisi di cui francamente non si avvertiva il bisogno anche visti i problemi economici a cui il Paese deve fare fronte». E allora? Il ministro ripete la linea: «Non faccio previsioni, noi andiamo avanti a lavorare cercando di approvare la riforma sull’Università, il piano per il Sud e il federalismo». E, intanto, cresce il fastidio verso Fini. Perchè – tuona Cicchitto – «è assolutamente legittimo che il capo di un partito riunisca intorno a sè i ministri della sua delegazione e li ritiri. Diventa molto più singolare se a farlo è il presidente della Camera». Arturo CellettiIl Colle: ci sono scadenze inderogabiliLe autorevoli parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sugli «impegni inderogabili per il Paese» costituiti dalla approvazione in Parlamento delle leggi di stabilità e di bilancio, piombano come una doccia gelata sullo scontro politico, divenuto incandescente dopo l’ultimatum lanciato da Gianfranco Fini al premier Silvio Berlusconi. Nella serata di ieri infatti, da ambienti del Quirinale è trapelata l’indicazione, che il Capo dello Stato, pur non entrando nel merito di alcuno degli scenari politici evocati in varie sedi nel corso della giornata, «presta soprattutto attenzione alle scadenza di impegni inderogabili per il Paese».Infatti, nonostante anche il capogruppo dei futuristi, Italo Bocchino, abbia riconosciuto che si deve «evitare di portare lo scontro politico su una materia così delicata come la manovra», la Finanziaria, seppure presentata nella nuova formula, resta sempre un passaggio accidentato. Un avviso ai naviganti è venuto anche dal relatore alla legge di bilancio, il pidiellino Marco Marsilio. Già è «faticoso», per l’esponente della maggioranza, «trovare le coperture sufficienti» per l’elenco originario del decreto "sviluppo" (dopo la debacle del centrodestra di giovedì scorso sull’assorbimento dei Fas per il Sud, si è deciso di riversarne anticipatamente i contenuti nella legge di stabilità). «Se a queste si aggiungono ulteriori nuove esigenze o addirittura parte una sorta di "pesca delle occasioni"», ha ammonito l’esponente della maggioranza, «allora diventa tutto più difficile». «Se si va sotto sulla Finanziaria – ha avvertito il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, – non ci sono margini per andare avanti». Allo scopo di prevenire eventuali "assalti alla diligenza" assume dunque importanza decisiva l’incontro di oggi, all’ora di pranzo tra il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, e i capigruppo di Pdl, Lega, Fli e Mpa. Proprio questi due ultimi gruppi infatti hanno stoppato il riciclo delle risorse dei Fas a compensazione delle regioni. Mentre, i tecnici dell’economia stanno completando la scrittura dell’emendamento, nuove voci di spesa si sono, però, aggiunte nelle ultime ore, come le richieste pressanti del governatore del Veneto, Luca Zaia, e di tutta la Lega, per l’alluvione che ha colpito la sua regione. Il ministero della Giustizia, poi, ha chiesto 190 milioni in più per garantire  il funzionamento degli uffici giudiziari.Il nodo principale, pertanto, è quello delle risorse. L’asta delle frequenze digitali dovrebbe portare, secondo le stime degli uffici di via XX settembre, circa 2,5 miliardi. Ulteriori 1,75 miliardi sono contenuti nel decreto sulla manovra di luglio (articolo 55 comma 5) per essere utilizzati per nuove misure per il 2011, una specie di "tesoretto" che Tremonti si era riservato in estate per spenderlo successivamente. Il capitolo giochi dovrebbe assicurare una cifra tra 800 milioni e un miliardo. Ma se resta confermata la cifra inizialmente circolata di misure per 7 miliardi, sulla quale però il ministro ha preferito non pronunciarsi, ne mancherebbero all’appello ancora 2. Pier Luigi Fornari
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