lunedì 18 aprile 2011
Il capo dello Stato ha scritto al vice presidente del Csm Michele Vietti: il 9 maggio sarà dedicato al ricordo dei magistrati italiani uccisi dai terroristi, per dare «una risposta all'ignobile provocazione del manifesto affisso nei giorni scorsi a Milano».
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In una lettera inviata al vice presidente del Csm Michele Vietti e resa nota dal Quirinale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha annunciato la decisione di dedicare la celebrazione della Giornata delle vittime del terrorismo e delle stragi, prevista il 9 maggio prossimo al Quirinale, «in particolare ai servitori dello Stato che hanno pagato con la vita la loro lealtà alle istituzioni repubblicane. Tra loro - sottolinea Napolitano -, si collocano in primo luogo i dieci magistrati che, per difendere la legalità democratica, sono caduti per mano delle Brigate Rosse e di altre formazioni terroristiche». «La scelta che oggi annunciamo per il prossimo Giorno della Memoria - afferma Napolitano - costituisce anche una risposta all'ignobile provocazione del manifesto affisso nei giorni scorsi a Milano con la sigla di una cosiddetta "Associazione dalla parte della democrazia", per dichiarata iniziativa di un candidato alle imminenti elezioni comunali nel capoluogo lombardo. Quel manifesto rappresenta, infatti, innanzitutto una intollerabile offesa alla memoria di tutte le vittime delle BR, magistrati e non. Essa indica, inoltre, come nelle contrapposizioni politiche ed elettorali, e in particolare nelle polemiche sull'amministrazione della giustizia, si stia toccando il limite oltre il quale possono insorgere le più pericolose esasperazioni e degenerazioni. Di qui il mio costante richiamo al senso della misura e della responsabilità da parte di tutti».Dopo mesi di gelo, in cui i due ex alleati non si erano più rivolti la parola, le accuse di Silvio Berlusconi a Gianfranco Fini di aver siglato «un pactum sceleris» con i magistrati alzano immediatamente il livello della tensione. È il premier a fare la prima mossa e nel corso di una manifestazione elettorale a sostegno del sindaco di Milano Letizia Moratti, ribadendo la ferrea volontà di non mollare, di andare avanti, e lanciando l'ennesimo attacco alle  «cellule rosse» presenti nella magistratura. Quindi l'affondo contro il presidente della Camera che, a suo dire, in accordo con alcuni giudici avrebbe stoppato ogni provvedimento sulla giustizia. Un'accusa che il leader dei futuristi respinge sdegnato al mittente affidando ad una nota al vetriolo la replica: «L'escalation di quotidiane menzogne di Berlusconi non è più tollerabile», attacca Fini che invita il Cavaliere a provare con i fatti le sue parole accusandolo di «non sapere cosa sia la parola vergogna».Il Cavaliere è un fiume in piena e in 60 minuti torna su quanto detto ieri davanti ai militanti radunati dal ministro del Turismo Michela Brambilla a Roma: «guerra alla «magistratura politicizzata» che insieme all'opposizione «tenta e tenterà ancora l'eversione». Nella schiera dei "nemici" c'è poi posto per l'ex alleato. L'accusa di aver siglato un patto con i giudici il Cavaliere l'aveva già tirata in ballo in modo generico in altre occasioni, questa volta però Berlusconi ne fornisce i dettagli dicendo di «aver saputo tutto da un magistrato» che lo ha «informato dell'accordo» siglato dalla terza carica dello Stato. Parole che scatenano l'ira del leader di Futuro e Libertà: «Lo sfido a dimostrare quel che dice - attacca  - faccia il nome del magistrato che glielo avrebbe detto, e fornisca le prove a sostegno delle sue parole: se non risponderà, cosa di cui sono certo, gli italiani avranno la prova che non sa cosa significhi la parola vergogna». Oggi Fini, incontrando in Parlamento una delegazione dell'Associazione magistrati, ha aggiunto di apprezzare la «posizione istituzionale assunta in questi giorni dall'Anm».Ma il presidente della Camera non è l'unico bersaglio. Le accuse del Cavaliere sono a 360 gradi: nella lista ci sono i giornali e i programmi tv come Annozero e Ballaro, che lo «azzannano continuamente». Così come l'opposizione che «cerca di dare una spallata al governo». Ma l'affondo più duro è sempre per i pubblici ministeri, in particolare quelli della Procura di Milano: «Le accuse su cui si basano i miei processi e sostenute dalla cellula rossa dei pm sono assolutamente infondate, l'ho giurato sulla testa dei miei cinque figli e sui miei nipoti», è l'attacco del Cavaliere che rilancia ancora una volta la riforma della giustizia insieme alla riforma della legge sulle intercettazioni (bollate come «una cosa immonda e non degna di uno Stato libero»).    L'affondo prosegue poi contro la Corte costituzionale che «da organo di garanzia è diventato un organo politico la cui maggioranza è composta da giudici di sinistra» colpevoli di aver bocciato «il lodo Schifani, il lodo Alfano ed il legittimo impedimento» consentendo che il capo del governo «finisse in pasto ai Pm di sinistra». Ecco perchè Berlusconi non esita a definire «un errore» l'abrogazione dell'immunità parlamentare, forse - dice - «il più grave errore commesso dalle precedenti maggioranze». Avanti dunque con le riforme «quella dell'architettura istituzionale, quella della giustizia e quella tributaria» grazie a una maggioranza «più esile nei numeri, ma più coesa». Con una certezza totale: «Il berlusconismo non è al tramonto». ANM, DA DELEGITTIMAZIONE PERICOLI DEMOCRAZIALa delegittimazione delle magistratura, per gli effetti che può avere nei processi che si celebrano quotidianamente, può portare alla «messa in pericolo seria della democrazia». Lo ha detto il presidente dell'Anm Luca Palamara nel corso di un'intervista al Tg3. Nel pomeriggio il segretario dell'Anm Giuseppe Cascini nel corso della trasmissione  In mezz'ora aveva parlato di un «metodo di avvelenare le acque». Quando Berlusconi dice che l'Anm avrebbe firmato accordo con Fini dice una bugia, una grave calunnia. Inviterei presidente del Consiglio a fare nomi e a farci vedere il documento documento di cui parla». «L'attacco alla persona del magistrato che sostiene l'accusa o il magistrato che giudica è un metodo barbaro», aveva aggiunto Casini sottolineando lo «scempio istituzionale» creato dal fatto che si facciano leggi «per determinare effetti su singoli processi». DI PIETRO, SE OK REFERENDUM NAPOLITANO SCIOLGA CAMERE«Se si vince il referendum, il capo dello Stato dovrebbe sciogliere le Camere». È quanto chiede il leader dell'Idv Antonio Di Pietro intervenendo alla trasmissione tv In mezz'ora. Di Pietro torna ad appellarsi a Napolitano affinché intervenga contro un presidente del Consiglio che attacca «in questo modo un altro potere costituzionale» come quello della magistratura.
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