giovedì 29 giugno 2023
Il piano per il “posto” nel board della banca
Fabio Panetta, governatore designato di Bankitalia

Fabio Panetta, governatore designato di Bankitalia - Reuters

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Il maxi-imbuto europeo inizierà il primo novembre, nel giorno stesso in cui Fabio Panetta entrerà a Palazzo Koch da governatore. Da quel momento, il negoziato Italia-Ue diventerà una sorta di rischiatutto per Giorgia Meloni: in ballo, nel giro di poche settimane, il posto nel board della Bce che ora l’Italia occupa grazie allo stesso Panetta, un Patto di stabilità più o meno accomodante per i conti pubblici nazionali e il “nuovo” Pnrr su cui poi si dovrà correre nel prossimo triennio. La prima mossa la premier l’ha fatta, d’anticipo, proprio con l’avvio della nomina di Panetta al vertice di Bankitalia.

Un segnale di continuità lanciato a Bruxelles per dimostrare la volontà di Roma a collaborare nel miglior modo possibile con le istituzioni europee. L’altra “concessione” che l’Italia dovrà fare, la premier ne é ormai consapevole, è la ratifica del Mes riformato. In realtà, il dibattito delle ultime settimane ha spuntato la strategia secondo cui il varo dell’ex salva-Stati sarebbe un’arma negoziale al tavolo europeo. Perché ormai il governo ha detto apertamente di voler usare la ratifica “last-minute” per incassare su altri dossier, ma di solito le merci di scambio non vengono annunciate con così largo anticipo.

È anche per questo motivo che Meloni ieri in Aula e negli ultimi giorni ci è andata giù dura con le opposizioni, “colpevoli” di aver indebolito la strategia italiana. Ma è anche il motivo per cui la premier è innervosita dalla maggioranza che la sostiene, a sua volta “colpevole” di essere caduta nella tela delle opposizioni. Tuttavia, per quanto riguarda uno dei risultati cui l’Italia tiene, la conservazione di un posto nel board della Bce, la partita non dovrebbe essere così in salita. Diversamente, l’esecutivo non si sarebbe affrettato a nominare Panetta, liberando la casella all’Eurotower.

Proprio il governatore in pectore sarà uno dei mediatori più autorevoli per far valere le ragioni italiane a Francoforte. Dovrebbe giocare, stavolta positivamente, il ruolo che l’Italia sta assumendo verso i Paesi dell’Est Europa, i cui governi sono più vicini a quello di Giorgia Meloni. Ma l’elemento decisivo è il ristabilirsi di un asse con Parigi e con Emmanuel Macron, certificato dal bilateriale del-la scorsa settimana. Roma e Parigi, sul versante economico, stanno giocando la stessa partita sia sul fronte del Patto di stabilità sia sul fronte della politica monetaria. È per questo motivo che ieri, in riferimento al mantenimento di un posto nel board della Bce, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani si è detto «ottimista».

Per stare nel Comitato esecutivo di Francoforte, è noto, serve una figura di prestigio nel mondo accademico o finanziario, con esperienze e conoscenze internazionali e, per quanto riguarda Roma, in grado di portare una linea non rigorista in politica monetaria. L’iter prevede la proposta da parte degli Stati membri, un passaggio nell’Europarlamento e, soprattutto, il sì nel Consiglio Europeo. Quindi la tela diplomatica conta, insieme al curriculum del candidato.

A Roma non c’è una rosa, o almeno non si dice. Il candidato tecnicamente più accreditato è il vice dg di Banca d'Italia Piero Cipollone, ma non si esclude nemmeno che l’Italia possa rinunciare alla presidenza della Bei, verso cui è spinto Daniele Franco, per indirizzare lo stesso Franco verso Francoforte. Non viene scartato il profilo di Lucrezia Reichlin, critica contro i rialzi eccessivi della Bce. Mentre non dispiacerebbe a Palazzo Chigi nemmeno l’altra vice dg della Banca d'Italia, Alessandra Perrazzeli, particolarmente impegnata sui temi del “gap di genere”.

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