lunedì 17 maggio 2021
Il cardinale presidente esprime le riserve della Conferenza episcopale italiana su un testo «scritto male» e chiede che «non si sconfini in terreni pericolosi, come la cosiddetta "identità di genere"»
Il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei

Il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei

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La legge contro l’omofobia «dev’essere chiara e non prestarsi a sottintesi». Sebbene resti la convinzione che «non ci fosse bisogno di questo disegno di legge perché c’è già tutta una legislazione suifficiente a tutelare le persone contro le discriminazioni e le violenze», se poi in Parlamento «decidono di andare avanti», e dunque «se si ritiene utile una legge specifica contro l’omfobia, va bene», ma occorre «la chiarezza»: perché «così com’è ora è un testo che si presta a essere intepretato in varie maniere e può sfociare in altre tematiche che nulla hanno a che vedere con l’omofobia, gli insulti o le violenze». Il pensiero del cardinale Bassetti – ripreso qui da un’intervista a Gian Guido Vecchi pubblicata sul «Corriere della Sera» di lunedì 17 maggio – è semplice e trasparente, ma non certo nuovo. Eppure una dichiarazione del presidente della Cei a margine della Messa domenicale nella sua Perugia per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali aveva creato un cortocircuito mediatico, con parole interpretate come un’innovativa apertura al ddl Zan. Invece, l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve ha semplicemente ribadito la posizione della Chiesa italiana sul controverso disegno di legge all’esame del Senato, espressa in una prima nota della Cei ( https://www.chiesacattolica.it/omofobia-non-serve-una-nuova-legge/ ), «Omofobia, non serve una nuova legge» – datata 10 giugno 2020 –, e poi precisata e ampliata in un secondo documento del 28 aprile 2021 «Troppi i dubbi: serve un dialogo aperto e non pregiudiziale» ( https://www.chiesacattolica.it/nota-della-presidenza-cei-sul-ddl-zan-troppi-i-dubbi-serve-un-dialogo-aperto-e-non-pregiudiziale/ ). Solo chi non conosce i due testi – non i lettori di Avvenire, che li ha rilanciati con evidenza – può stupirsi delle dichiarazioni del cardinale Bassetti, che domenica aveva dichiarato ai giornalisti che la bozza della legge «andrebbe più corretta che affossata» aggiungendo che «la legge potrebbe essere fatta meglio» e «dovrebbe essere chiara in tutti i suoi aspetti senza sottintesi». Per poi spiegare nella citata intervista che «in ogni legge – lo dico da cittadino – il testo dev'essere scritto in modo semplice e chiaro».

Il cardinale sottolinea che «ho diritto di chiedere che scrivano una legge chiara, in modo che non abbia infiniti sensi e interpretazioni», lanciando l’appello che «nella formulazione non si sconfini in altri campi, in terreni pericolosi, come la cosiddetta "identità di genere"», concetto sul quale si registra anche il profondo dissenso del mondo femminista, di molte voci intellettuali e politiche del progressismo e di vari senatori dello stesso Pd di cui fa parte l’onorevole Alessandro Zan, firmatario del ddl. «Una simile confusione antropologica – riprende Bassetti – mette in discussione la differenza uomo-donna, e per noi è inaccettabile. Questo non vuol dire che non si debbano accettare o accogliere le scelte diverse, le varie situazioni esistenziali, le fragilità. Però una legge deve tutelare le garanzie e i valori fondamentali. La distinzione fra uomo e donna esiste. Per chi è credente viene da Dio, chi non crede dice invece dalla natura, ma esiste». Invece il testo del disegno di legge «è scritto male». A parere del presidente dei vescovi italiani, «la tutela da queste situazioni era già contenuta nelle leggi esistenti, ma se si vuole accentuare si accentui: nel senso della protezione, però. Con chiarezza e senza ambiguità».

La nota Cei del giugno 2020

Nel giugno 2020 la Cei aveva affermato che «non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni», sottolineando la convinzione che «oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto».

«Dialogo, niente ambiguità»: la dichiarazione dell’aprile 2021

Nella nota dell’aprile 2021 la Cei ha dichiarato «il sostegno a ogni sforzo teso al riconoscimento dell’originalità di ogni essere umano e del primato della sua coscienza», aggiungendo che «tuttavia, una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna. Dunque, «è necessario che un testo così importante cresca con il dialogo e non sia uno strumento che fornisca ambiguità interpretative». La Conferenza episcopale aggiungeva poi che «l’atteggiamento che è stato di Gesù Buon Pastore ci impegna a raggiungere ogni persona, in qualunque situazione esistenziale si trovi, in particolare chi sperimenta l’emarginazione culturale e sociale. Il pensiero va in particolare ai nostri fratelli e sorelle, alle nostre figlie e ai nostri figli, che sappiamo esposti anche in questo tempo a discriminazioni e violenze. Con papa Francesco desideriamo ribadire che "ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza" (Amoris laetitia, n.250)». La Cei avverte il «dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna», riconoscendo «di doverci lasciar guidare ancora dalla Sacra Scrittura, dalle Scienze umane e dalla vita concreta di ogni persona per discernere sempre meglio la volontà di Dio», concludendo con l’auspicio «che si possa sviluppare nelle sedi proprie un dialogo aperto e non pregiudiziale, in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire alla edificazione di una società più giusta e solidale».

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