mercoledì 28 settembre 2011
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Giulio Tremonti torna in campo e rimette in pista Vittorio Grilli nella corsa a Bankitalia. Un tentativo quasi fuori tempo massimo, sembrando da tempo ormai blindato l’asse fra palazzo Chigi e Bankitalia su Fabrizio Saccomanni, che in via Nazionale detiene già la carica di direttore generale. Eppure la partita sembra riaperta. Tremonti non si arrende. In visita sul Colle per illustrare a Giorgio Napolitano i risultati del G20 a Washington, a un certo punto ha deviato la discussione proprio sulla successione a Bankitalia, rilanciando con forza il nome di Grilli, suo direttore generale al Tesoro. Una visita maturata al termine di un periodo di vera e propria incomunicabilità fra Palazzo Chigi e il Tesoro, una situazione naturalmente seguita con preoccupazione anche al Quirinale - per i problemi di immagine sulla credibilità della nostra catena di comando in economia - ma sulla quale il Colle intende tenersi a debita distanza lasciando ad altri (Gianni Letta e Umberto Bossi) un compito di mediazione che proprio non gli compete.Tema, quello del dialogo interno al governo, rimasto quindi fuori dal colloquio sul Colle nel quale, come detto, a un certo punto ha fatto irruzione quello della imminente designazione alla guida di Bankitalia, in vista della "promozione" di Mario Draghi al vertice della Bce, operativa dal primo novembre. Al rilancio di Tremonti su Grilli, Napolitano, che pure era stato già informato da tempo (da Draghi e Berlusconi) sulla ormai certa convergenza su Saccomanni, ha dovuto ribadire con decisione la richiesta di essere tenuto fuori dalla disputa sui nomi, essendo sua intenzione attenersi rigorosamente alla procedura e alla prassi. Che prevede, per la nomina del presidente di Bankitalia, l’emanazione di un decreto del capo dello Stato solo a fronte di una proposta del presidente del Consiglio, sentito il parere del Consiglio dei ministri e del Consiglio della Banca d’Italia. Per Tremonti era poco, ma non niente. Abbastanza per riportare la questione al punto di partenza, a Palazzo Chigi, o meglio a Palazzo Grazioli dove ha incontrato Silvio Berlusconi per due ore. E dove, con la mediazione di Letta, è partita una sorta di promessa di tregua reciproca con un pegno ben preciso chiesto dal ministro e accettato dal premier: riaprire la partita di Bankitalia. Il nodo è tutto in mano a Berlusconi: se sancire la pace con il suo riottoso ministro dell’Economia, o saldare un asse duraturo con il futuro presidente della Bce. Sarà la partita del prossimi giorni.
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