martedì 25 gennaio 2011
Dal presidente dei vescovi italiani il richiamo al disagio morale e allo sgomento con cui la collettività guarda gli attori della scena pubblica. «Il Paese chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia senza avventurismi, a cominciare dal fronte dell’etica, della vita, della famiglia, della solidarietà e del lavoro». I cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato Urgente porre la questione della libertà religiosa nelle sedi internazionali.
- IL TESTO DELLA PROLUSIONE
- Al cuore del problema di Marco Tarquinio
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Le reazioni: «Deporre le armi»: una breccia nel Palazzo
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Nuvole scure al di là delle ampie vetrate dell’albergo che domina il porto di Ancona. Nuvole come quelle che il cardinale Angelo Bagnasco evoca in apertura della sua prolusione e che, sottolinea, «preoccupanti si addensano sul nostro Paese». Infatti «si respira un evidente disagio morale», afferma il presidente della Cei, che parla anche di «debolezza etica», «fibrillazione politica e istituzionale» e di «comportamenti contrari al pubblico decoro», ma non nasconde che molti si chiedono «a cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine». Invece l’Italia ha bisogno di «saggezza e virtù», di «sobrietà, disciplina e onore» da parte di chi ha cariche pubbliche; e necessita di investimenti sui giovani, sulla famiglia, sulla solidarietà e il lavoro. Così di un nuovo atteggiamento di legalità verso il fisco: «È il momento di pagare tutti le tasse».Come era nelle attese, dunque, il discorso con cui l’arcivescovo di Genova ha aperto la riunione del Parlamentino della Cei (Ancona è stata scelta in vista del Congresso eucaristico nazionale che si terrà a settembre, proprio qui), tocca tutti i punti più caldi dell’attualità, cercando inoltre di risalire alle cause ultime di quell’«evidente disagio morale», di cui si diceva. Nel testo, che Avvenire pubblica integralmente, c’è infatti un illuminante riferimento al pensiero del beato Henry Newman, che già ai suoi tempi metteva in guardia dal sostituire la coscienza con «il diritto ad agire a proprio piacimento». Una tendenza, annota il presidente della Cei, che sembra «d’incanto prolungata fino ad oggi».Nelle quasi 14 cartelle della prolusione, Bagnasco (che sabato era stato ricevuto in udienza dal Papa, proprio in vista di questo Consiglio permanente) parla anche di libertà religiosa e cristianofobia, una piaga che in zone come il Medio Oriente sta diventando «una vera e propria pulizia etnica». A questo proposito chiede che la questione venga posta nelle sedi internazionali (Onu ed Ue soprattutto) ed apprezza i «passi molto importanti compiuti dall’Italia in questo senso».Quando poi il cardinale passa a parlare delle vicende italiane, pur non facendo mai esplicita menzione del caso Ruby, pronuncia parole che non possono essere equivocate. «Bisogna che il nostro Paese superi, in modo rapido e definitivo, la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale, per la quale i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli, in una logica conflittuale che perdura ormai da troppi anni», ricorda il presidente della Cei. Il quale, quando parla delle «notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci – veri o presunti – di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza», si riferisce chiaramente anche al caso che coinvolge il presidente del Consiglio.Ma quando poi sottolinea che «qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine», sembra mandare un preciso segnale anche ai magistrati di Milano. Non certo per quella che qualcuno potrebbe definire una scelta in qualche modo "cerchiobottista", ma per la profonda convinzione che «la vita di una democrazia» comporta la capacità da parte di ciascuno «di auto-limitarsi, di mantenersi cioè con sapienza entro i confini invalicabili delle proprie prerogative».In ogni caso, ricorda il cardinale, per tutti «gli attori della vita pubblica», cui «la collettività guarda sgomenta», vale la regola d’oro sancita dall’articolo 54 della Costituzione. «Chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta». Il pericolo, infatti, è che «dalla presente situazione nessuno ricaverà realmente motivo per rallegrarsi, né per ritenersi vincitore». La confusione e «la reciproca delegittimazione» sono veleni che «inquinano» l’intero tessuto sociale. «È necessario fermarsi tutti in tempo – esorta Bagnasco – fare chiarezza in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate, dando ascolto alla voce del Paese che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia, senza avventurismi, a cominciare dal fronte dell’etica della vita, della famiglia, della solidarietà e del lavoro».Una parte rilevante della prolusione è perciò dedicata alle responsabilità degli adulti verso le nuove generazioni. «Se si ingannano i giovani, se si trasmettono ideali bacati cioè guasti dal di dentro, se li si induce a rincorrere miraggi scintillanti quanto illusori, si finisce per trasmettere un senso distorcente della realtà, si oscura la dignità delle persone, si manipolano le mentalità, si depotenziano le energie del rinnovamento generazionale». Il presidente della Cei punta il dito anche contro la mentalità che tende a «preservare i giovani» dalle «difficoltà e dalle durezze dell’esistenza». Così facendo si rischia di «far crescere persone fragili, poco realiste e poco generose». «Se a questo si aggiunge – prosegue il cardinale – una rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un successo basato sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé, ecco che il disastro antropologico in qualche modo si compie a danno soprattutto di chi è in formazione». Parole che vengono sicuramente avvalorate dai fatti della cronaca.Che fare, dunque? Per Bagnasco bisogna che i giovani «sappiano che nulla di umanamente valevole si raggiunge senza il senso del dovere, del sacrificio, dell’onestà verso se stessi, scartando insidie e complicità». Sono dunque i «valori perenni» quelli che il porporato invoca. Quei valori religiosi sui quali l’identità italiana è stata edificata e che devono tornare a rischiararne il panorama. «Cambiare in meglio si può», conclude il porporato. E così sarà possibile scacciare anche le nubi all’orizzonte.
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