mercoledì 31 gennaio 2024
A Lecce l'ultimo caso, l'uomo aveva 69 anni. «Scusatemi, mi sono giocato tanti soldi alle slot. Ho perso il rispetto di tutti». Le morti dimenticate di chi è stato lasciato solo
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«Scusatemi mi sono giocato tanti soldi alle slot e di questo mi vergogno». Sono le ultime parole lasciate su Facebook da un uomo di 69 anni prima di togliersi la vita dandosi fuoco nella sua auto a Lecce nella notte tra domenica e lunedì. «Ero uno scheletro che camminava» aveva scritto ancora. E poi: «Perdere il rispetto delle persone care equivale a morire». E lui ha scelto di morire tra le fiamme che hanno illuminato la notte, così come quelle maledette luci delle slot illuminavano il buio delle sale dove passava giornate intere buttando via soldi e vita.

Morire d’azzardo, morire per un gioco, come il mondo dell’azzardo insiste nel volerlo chiamare. Ma per noi, non ci stancheremo mai di scriverlo, l’azzardo non è un gioco. Gioco è allegria, condivisione, confronto leale con se stessi e con gli altri, è educazione e cultura. L’azzardo non lo è. Per questo si può morire, dopo essersi rovinati, se stessi, la propria famiglia, il lavoro, gli affetti più cari. Pensando solo a quelle infernali macchinette, tutte luci, colori e suoni. Illudendosi di potersi rifare la vita, per poi decidere infine di togliersela. «Ho passato gli ultimi mesi pensando a quello che sarebbe stato il mio destino» ha scritto ancora l’uomo. Un destino che non riusciva a cambiare, scegliendo così di interromperlo drammaticamente. Non un caso isolato. Sono decine i suicidi di persone rovinate dall’azzardo e ancor più i tentati suicidi.

«La tentazione al suicidio accompagna tutti i giocatori patologici» mi hanno spesso spiegato gli psicologi dei centri di recupero. E alcune storie le ho ascoltate, anche recentemente, direttamente da alcuni di questi giocatori. Molti sono padri di famiglia, lavoratori, sessantenni come l’uomo di Lecce. Vite distrutte, una vergogna che non trova vie d’uscita. Ma anche ragazzi. Come Mario, 18 anni, che il 13 luglio 2013 si buttò da una scogliera di Ischia lasciando scritto «mamma perdonami, ho perso tutto giocando online ». Parole che ricordano quelle lasciate dal 69enne. Undici anni e non è cambiato niente, anzi la situazione è gravemente peggiorata e la scena si ripete, undici anni di tante altre vite strappate, devastate. Non solo suicidi. La ricerca spasmodica di soldi, l’illusione di potersi rifare, porta a gesti e azioni sconsiderate. Violente verso gli altri e anche verso se stessi. Ricorso agli usurai e se non basta furti e rapine, non di professionisti ma di disperati. Violenze in casa per ottenere soldi da buttare in slot, scommesse e gratta e vinci. Violenze su genitori, mogli e figli. Come il 2 novembre 2016 quando un poliziotto uccide con la pistola di ordinanza la moglie e le figlie di 10 e 14 anni e poi si suicida. Rovinato da gratta e vinci e lotterie istantanee. Quelle che, per il mondo dell’azzardo, non fanno male, non sono compulsive.

Storie che confermano che l’azzardo, tutto l’azzardo, fa male, e quindi riguarda la salute, e che come tale deve essere trattato, con cura e prevenzione. Come per tutte le dipendenze. Non facilitando l’epidemia ma frenandola. Non aumentando le occasioni di azzardo ma riducendole. Così, facendo nostra la denuncia della Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II e della campagna “Mettiamoci in gioco”, riteniamo un gravissimo errore l’eliminazione dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, costituito presso il ministero della Salute, per istituire una Consulta permanente dei giochi pubblici presso il ministero dell’Economia. Come se l’azzardo fosse solo un tema economico. L’azzardo non è solo un enorme affare da 150 miliardi nel 2023, ma problema sociale. Dramma sociale. La contabilità non sono solo i 12 miliardi che incassa lo Stato, ma anche le tante vite stroncate. « Pecunia non olet» . Invece puzza, eccome se puzza. Puzza di bruciato, puzza di morte.

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