sabato 15 dicembre 2018
Grazie alla Caritas, tre profughi da Nigeria e Gambia lavorano nella Fattoria sociale di Aversa e si pagano l’affitto. Ma con la nuova legge sarà tutto più difficile
I migranti che lavorano al progetto di agricoltura sociale ad Aversa, nel Casertano

I migranti che lavorano al progetto di agricoltura sociale ad Aversa, nel Casertano

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Eddy, Augustine, Omar lavorano nella "Fattoria sociale fuori di zucca", nell’ex manicomio di Aversa, sede del consorzio Nuova cooperazione organizzata (Nco) che organizza le cooperative sociali che gestiscono i beni confiscati nel Casertano. Sono tre richiedenti asilo e lavorano con Giuseppe ex tossicodipendente e Paolo ex carcerato. È il progetto di Servizio civile e Agricoltura sociale nato grazie alla collaborazione tra Caritas diocesana di Aversa e Nco. Partito a maggio. Appena in tempo. «Ora col decreto sicurezza non è più possibile – commenta amaramente Roger Adjicoudé, responsabile Area Immigrazione della Caritas di Aversa – perché ora un richiedente asilo non può più avere l’iscrizione anagrafica. E senza di questa non si può partecipare ai progetti di Servizio civile che richiedono una residenza e dei documenti. Il decreto ha bloccato tutto». Così un progetto di integrazione e autonomia diventa ora impossibile.

Ma Eddy, Augustine e Omar sono comunque a rischio, in quanto in attesa di permesso di soggiorno, e lo sono da anni. «Io aspetto ma non capisco», ci dice Augustine, che attende da 4 anni e ha appena avuto il rinvio della decisione a febbraio. E lui ha vissuto direttamente il dramma dell’attesa, quello del suo amico Celestine che il 25 maggio 2015 si è buttato da una finestra del Centro Fernandes di Castel Volturno. «Un suicidio per troppa attesa», lo ricorda Roger. Ora, senza più il permesso di soggiorno per motivi umanitari, i tre ragazzi potrebbero vedersi respinta la domanda d’asilo. Col rischio di perdere anche questo bel progetto che è frutto di un importante lavoro di squadra. Per questo sono preoccupati ma anche oggi sono qui al lavoro. Vengono cinque giorni a settimana per sei ore al giorno. E prima del Servizio civile hanno avuto una borsa lavoro di tre mesi, finanziata dalla Caritas e sempre qui a Fuori di zucca.

Augustine, 27 anni, nigeriano, e Omar, 20 anni del Gambia, sono alle prese con scarole, friarelli, broccoli, torzelle e con gli animali della fattoria, seguiti con attenzione da Giuseppe che si preoccupa anche di ricordare gli appuntamenti col medico o per il permesso di soggiorno. Augustine è arrivato in Italia nel 2014, e dopo varie accoglienze, ora vive a Gricignano d’Aversa in un appartamento in affitto con un altro immigrato. Anche Omar, arrivato tre anni fa quando era minorenne, vive in affitto a Sant’Antimo. E anche Eddy, 21anni della Nigeria, salvato in mare il giorno di Natale del 2015, sta in affitto a Casal di Principe. «Tutti affitti regolari, con contratto. Lo pretendiamo», ci spiega ancora Roger. Ed anche questo è un frutto positivo del progetto. Autonomia e legalità. Eddy lavora anche lui nei campi ma, ci dice Pasquale Gaudino della Fattoria fuori di zucca, «visto che parla già bene italiano ed è molto spigliato, ci dà una mano nella bottega dove si vendono i prodotti Nco. È molto appagato da questo e presto farà anche la didattica per le scuole». Gli parliamo mentre indaffarato aiuta una signora. E poi subito dopo con lo spazzolone pulisce il pavimento della bottega, dove spiccano le belle scatole 'Facciamo un pacco alla camorra', il pacco dono che contiene i prodotti delle cooperative, un’iniziativa che compie 10 anni.

«Sono molto contento di questo lavoro», dice convinto. Ricorda il suo viaggio a 17 anni, il carcere in Libia. «Mi picchiavano per avere i soldi dalla mia famiglia. Ma sono riuscito a scappare». Poi l’imbarco su un gommone. «Eravamo in 115, si è riempito d’acqua ma per fortuna ci hanno salvati». È stato in un Cas, in uno Sprar e poi accolto dalla Caritas. Ora vorrebbe mettere a frutto i suoi studi di comunicazione, in particolare la grafica col computer. E anche in questo il progetto lo aiuterà. Guarda avanti Eddy e non si lamenta. Neanche degli insulti razzisti che ha ricevuto. «Sì, ne ho avuti, ma sono già passati, non li tengo nel cuore». Questo pensa il giovane immigrato aiutato da una bella rete solidale e messo a rischio da un decreto sbagliato.

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