sabato 31 dicembre 2022
Ottavo discorso di fine anno, per l’«inatteso» secondo mandato. L’auspicio per un 2023 che porti la pace, recuperando risorse contro la povertà. Il riconoscimento al senso civico di chi paga le tasse
Sergio Mattarella pronuncia il suo discorso di fine anno

Sergio Mattarella pronuncia il suo discorso di fine anno - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Dove eravamo rimasti? Per Sergio Mattarella arriva il momento - «in modo per me inatteso», dice - di rivolgersi per l’ottava volta agli italiani nel discorso di fine anno, a seguito di un secondo mandato che non aveva messo nel conto un anno fa. C’è attesa, dopo che il Capo dello Stato aveva saltato, a causa del Covid, il tradizionale incontro per gli auguri con le alte cariche, per un primo bilancio sulla collaborazione istituzionale con il governo insediatosi da soli due mesi e mezzo, a seguito di quello che definisce un «chiaro risultato elettorale». Non è un “controcanto”, il suo, non lo è e fa in modo che tale non appaia. «La Repubblica siamo tutti noi. Vive della partecipazione di tutti», dice. E si compiace anzi della «veloce nascita» del nuovo esecutivo, «guidato, per la prima volta, da una donna», novità che definisce «di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese».

Ma forse il passaggio cruciale è quello che viene dopo, nel prendere atto del fatto che «nell’arco di pochi anni si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento». Tutte, in tempi diversi, sono state poste di fronte alla «necessità di misurarsi con le difficoltà del governare». Si può cogliere un invito a non considerare, o a subire, l’avvento del primo governo guidato dalla destra come un fatto epocale, ma semmai come una fisiologica alternanza alla guida del Paese. La sfida che non è stata risparmiata a nessuno è quella di «riconoscere la complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali: dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori».

Di fronte alla facile tentazione di rifugiarsi nei comodi stereotipi della propaganda politica, attraverso questa sana logica dell’alternanza «la concretezza della realtà ha convocato ciascuno alla responsabilità. Sono i tratti di una democrazia matura, compiuta», realizzatasi anche grazie a questa esperienza, «da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande Paese», nell’ambito di una «dialettica tra maggioranza e opposizione, che induce a una comune visione del nostro sistema democratico». Non lo dice, ma in filigrana si coglie anche il compito “maieutico” che si è dato in questi anni difficili, avvicinando alle massime responsabilità istituzionali anche forze politiche nate sulla spinta della protesta e della opposizione anche dura.

Il tratto in comune per tutti è «lo spirito della Costituzione». Mattarella - che sceglie una location informale, la "sala della musica", con l'albero di Natale alle spalle, e una formula colloquiale, pronunciando (non è una novità assoluta) il suo messaggio in piedi - ricorda che il primo gennaio ricorre il settantacinquesimo anniversario dell’entrata in vigore della Carta costituzionale. Non entra nel merito dei progetti di riforma che investono anche la figura “terza” del capo dello Stato, così come evita di entrare nel merito di temi oggetto di aspro dibattito politico interno e internazionale, come ad esempio quello dell’immigrazione, meramente citata, come detto, fra i fenomeni globali da affrontare. Rimarca solo che «la Costituzione resta la nostra bussola», e che «il suo rispetto è il nostro primario dovere; anche il mio».

Se il tratto finale del suo primo mandato è stato segnato dall’emergenza Covid «il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa». La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata il «pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino». Ma ora «dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze». Qui il pensiero corre a papa Francesco e «alla pace cui esorta costantemente» e questo diventa l’occasione per ribadire il «sentito cordoglio dell’Italia per la morte del Papa emerito Benedetto XVI». Nel pomeriggio Mattarella aveva inviato al Pontefice un personale messaggio di condoglianze in cui aveva definito Joseph Ratzinger «teologo insigne, brillante accademico e uomo di finissima cultura, che ha profondamente segnato per oltre mezzo secolo la vita della Chiesa. Il suo pontificato ha rappresentato per milioni di uomini e donne - credenti e non credenti - una luminosissima e feconda testimonianza dei principi evangelici. Con la mite fermezza propria del suo carattere – ha concluso Mattarella -, Benedetto XVI ha saputo imprimere uno slancio particolare al dialogo tra fede e ragione, tra aggiornamento e tradizione, ponendo sempre al centro i valori dell'umanesimo cristiano».

Tornando alla guerra, oltre alla «profonda tristezza per le tante vite umane perdute» e per le distruzioni arrecate, Mattarella riflette anche sulle «immani quantità di risorse finanziarie bruciate per armamenti che, se destinate alla fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povertà, sarebbero di sollievo per l’umanità». E tuttavia, rimarca, «se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili». Ma più forte, auspica, dovrà essere «la speranza di pace, fondata anche sul rifiuto di una visione che fa tornare indietro la storia». La stessa speranza testimoniata «dalle giovani dell’Iran, con il loro coraggio. Dalle donne afghane che lottano per la loro libertà. E da quei ragazzi russi che sfidano la repressione per dire il loro no alla guerra».

Venivamo da anni duri, segnati dal Covid, «purtroppo non ancora sconfitto definitivamente», che ci hanno lasciato «insegnamenti da non dimenticare» circa il valore «della scienza, delle istituzioni civili, della solidarietà concreta, risorse preziose di una comunità». Ma soprattutto «occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti»

Su questo, come sulla mancanza di lavoro, o sulle povertà crescenti, la guida è fornita ancora una volta dalla Costituzione, laddove prescrive, all’articolo 3, che «la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione».

Cita la «vitalità» del Terzo settore. Ma ricorda anche che «la Repubblica – la nostra Patria – è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie». E qui aggiunge – un passaggio che non è passato inosservato – che la Repubblica è anche «nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune».

Elogia poi il ruolo delle imprese protagoniste della nostra capacità di reagire alla crisi generata dalla pandemia e della crescita economica che si è avuta nel 2021 e nel 2022. Cosicché, in un boom registrato nel turismo, «l’Italia è tornata in brevissimo tempo a essere meta di migliaia di persone da ogni parte del mondo».

Tante ragioni di speranza e tante sfide globali, dalla transizione digitale a quella energetica a quella ecologica, che non possono essere disattese. E l’altro «grande investimento sul futuro è quello sulla scuola, l’università, la ricerca scientifica». Il Piano nazionale di ripresa e resilienza «spinge l’Italia verso questi traguardi. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione», ripete. Il pensiero corre ai giovani e alla tragedia dei tanti morti sulle strade. Si rivolge a loro nella sua riflessione finale: «Quando guidate avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela per un momento di imprudenza». E poi agli adulti: «Facciamo sì che il futuro delle giovani generazioni non sia soltanto quel che resta del presente ma sia il frutto di un esercizio di coscienza da parte nostra. Sfuggendo la pretesa di scegliere per loro, di condizionarne il percorso».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: