sabato 20 novembre 2021
Vantaggi per autonomi, disoccupati, incapienti e famiglie numerose. La clausola di salvaguardia protegge i dipendenti a basso reddito. Verifiche su chi ha figli tra 18 e 21 anni. Il nodo dell'Isee
Una mamma con i suoi figli a passeggio a Milano

Una mamma con i suoi figli a passeggio a Milano - Fotogramma

COMMENTA E CONDIVIDI

Il nuovo Assegno unico e universale ha appena svelato le carte e insieme alla festa si è sollevato un polverone. Le famiglie faticano a orientarsi perché, in effetti, la materia è complessa. Ad aumentare la confusione, ecco poi una serie di elaborazioni diffuse da alcuni quotidiani e sui social con dati imprecisi o sbagliati. Una situazione ai limiti del paradossale, se si pensa che un giornale è arrivato a denunciare il fatto che il nuovo assegno penalizzerà le fasce deboli, un altro a dire che invece ci perderà il ceto medio-alto. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Cosa c’è di nuovo?

L’assegno unico e universale debutterà da marzo 2022. Le domande, corredate da dichiarazione Isee, vanno presentate ogni anno all’Inps da gennaio a febbraio. Chi non avrà l’Isee potrà comunque ottenere il minimo, cioè la quota universale riconosciuta a tutti (50 euro al mese a figlio). Sono interessati oltre 7 milioni di nuclei e 11 milioni di figli, dal 7° mese di gravidanza al 21° anno di età. Il costo totale è di circa 25 miliardi: 19 miliardi la cifra già impiegata nelle varie misure per la famiglia, 6-7 miliardi sono aggiuntivi. L’assegno incorpora in una sola misura i vecchi assegni dei lavoratori dipendenti (Anf), le detrazioni per figli a carico, il premio alla nascita per le neo-mamme (800 euro, ma può tornare), il bonus bebè per il primo anno. Rimane in vigore il bonus nido. L’assegno arriverà sul conto corrente e non più in busta paga. Ne hanno diritto tutti i cittadini italiani con domicilio fiscale nel Paese e gli stranieri residenti da almeno due anni.

Questa tabella mostra solo alcune fasce di reddito indicative

Questa tabella mostra solo alcune fasce di reddito indicative - .

Quali sono gli importi?

Fino a 15mila di reddito Isee, fascia in cui si colloca il 50% delle famiglie, si percepiscono ogni mese 175 euro a figlio. Per i figli dal terzo in su la cifra è aumentata di 85 euro (260 euro). Oltre i 15mila Isee l’importo scende gradualmente fino a 50 euro a figlio per gli Isee pari o superiori a 40.000 euro (il décalage è di 50 centesimi ogni 100 euro in più di Isee). Dai 18 ai 21 anni di età la cifra è dimezzata. Le famiglie con più di 4 figli beneficiano di 100 euro in più al mese, 1.200 l’anno, un forfait che di fatto corrisponde alla vecchia detrazione Irpef. Maggiorazioni fisse sono previste per i figli disabili (da 100 a 50 euro a seconda del grado ed età), per le madri under 21 (20 euro fissi), per il secondo percettore di reddito (30 euro a scalare, ma solo per Isee fino a 25.000). Per i figli sopra i 21 anni restano le detrazioni Irpef.

Chi guadagna?

Dall’impostazione data all’assegno ci guadagnano tutti i lavoratori autonomi, che prima percepivano solo le detrazioni fiscali, i disoccupati che non avevano diritto a nulla, gli incapienti che non riuscivano a beneficiare delle detrazioni. Non è una cosa da poco. Tra i lavoratori dipendenti la valutazione su chi guadagna rispetto agli assegni pagati fino allo scorso giugno e alle detrazioni, ora incorporate, è più complessa, perché passando da sostegni elargiti sulla base del reddito Irpef a una misura legata all’Isee, che fotografa anche il patrimonio, molte cose possono cambiare e riservare sorprese rispetto a prima: famiglie con reddito medio-basso possono avere risparmi elevati o altri immobili, e dunque trovarsi con in Isee alto che fa perdere benefici rispetto a prima; famiglie con reddito medio-alto possono vivere solo dello stipendio, e trovarsi con una sorpresa positiva. Dai calcoli fatti al Ministero delle finanze emerge che la stragrande maggioranza delle famiglie avrà aumenti, soprattutto tra i redditi medi, o al limite prenderà la stessa cifra di prima.


La misura che sostituirà i vecchi Anf
e le detrazioni per i figli a carico
debutterà a marzo 2022
Mentre le famiglie fanno i conti,
simulazioni errate aumentano la confusione

Chi perde?

Le elaborazioni mostrano che 400.000 nuclei potrebbero perdere qualche decina di euro rispetto agli Anf pagati fino a giugno 2021. I casi limite si concentrano tra i lavoratori dipendenti nella fascia di reddito Irpef attorno ai 15.000 euro, che in precedenza percepivano il massimo dell’assegno e il massimo delle detrazioni per figli a carico, per un totale che poteva arrivare a 200-220 euro con 1 figlio. Chi guadagna meno di 14.000 euro lordi invece non ci perderà, perché prima veniva meno l’effetto delle detrazioni fiscali, diventando incapienti. Chi guadagna di più è difficile perda molto, perché vecchi assegni e detrazioni decrescevano rapidamente: le simulazioni circolate su alcuni giornali che mostrano i redditi alti rimetterci rispetto a prima non tengono conto del fatto che le detrazioni da 950 euro annui calavano fino ad azzerarsi a 95mila euro lordi. Le simulazioni che, al contrario, indicano perdite nei redditi bassi, sono state fatte non con un paragone sugli assegni precedenti, ma sugli Anf aumentati da luglio 2021, che di fatto erano già Assegno unico. Altri casi al limite sono i nuclei con figli tra 18 e 21 anni, per i quali l’assegno si dimezza. In ogni caso c’è la clausola di salvaguardia per i dipendenti sotto i 25.000 Isee: l’Inps effettuerà la compensazione in automatico, e durerà tre anni, un tempo nel quale si potranno introdurre correttivi. La platea di chi può ricevere meno si ridurrebbe a 100.000 famiglie.

Che problemi con l’Isee?

La decisione di erogare l’assegno sulla base dell’Isee non è un’invenzione del momento, ma è prevista dalla delega sull’Assegno unico votata all’unanimità da tutti i partiti. L’aggancio all’Isee è stato previsto soprattutto per scongiurare il rischio di trasferire risorse da chi paga le tasse a chi le evade. In ogni caso aggirare l’ostacolo può non essere difficile per molti “professionisti” della materia. Un’ulteriore criticità riguarda il fatto che molti nuclei possono non essere disposti a far sottoporre a un esame ai raggi X ogni anno tutti i propri averi, e dunque si limiteranno ad accettare l’assegno minimo. Valutazione politica a parte, il principio di un assegno universale si contraddice un po’ di fronte a quella che può sembrare una patrimoniale sui figli. Soprattutto se l’Isee ha bisogno di una profonda revisione nei coefficienti di calcolo della prole a carico.


Le simulazioni indicano che 400.000 famiglie
possono percepire somme leggermente inferiori
rispetto al passato, ma l’Inps compenserà
in automatico la differenza. Tra i redditi
più alti possibili limature per 100.000
Emerge la necessità di uno stanziamento aggiuntivo
per una migliore universalità

Cosa si può cambiare?

Più che discutere su chi perde e chi no, che, come si è visto, è questione di pochi euro e si risolve facilmente, la vera questione è che l’assegno decresce assai rapidamente e non riconosce un valore adeguato a tutte le famiglie del ceto medio. Questo perché i 6 miliardi stanziati dal governo precedente per ampliare la platea dei beneficiari, come abbiamo sostenuto in più occasioni, hanno dato una coperta troppo corta. Dimezzare l’assegno a 30.000 Isee significa considerare “ricca” una fascia di popolazione che non lo è. Il nuovo beneficio, che resta un passo importante, si caratterizza così come una misura sociale e di ulteriore redistribuzione, e non come un vero incentivo alla natalità. Chi ha un Isee basso beneficia già di molte agevolazioni tariffarie nei servizi per i figli, dalle mense agli asili fino alle università; chi ha un Isee alto, e paga molte tasse, incontra ovunque rette massime. Questa distorsione, che non ha paragoni in Europa, può essere nel tempo corretta in due modi: o alzando anche la quota minima di assegno, oppure con la riforma fiscale alleggerendo il carico attraverso un sistema di deduzioni legate ai figli. Ma questo è un altro discorso. Di certo, chi oggi critica l’assegno e non ne coglie la portata innovativa dovrebbe anche proporre come cambiare. E la prima cosa è destinare maggiori risorse.

Come e quando si fa domanda?

Le modalità di presentazione delle richieste per l’assegno universale saranno dettagliate dall’Inps entro 20 giorni dal varo del decreto (che ora va in Parlamento per ricevere entro 30 giorni i pareri delle commissioni competenti). Come sempre, oltre a farla in proprio sul sito dell’Inps, ci si potrà rivolgere ai Caf e ai patronati. Precisazione importante: si potrà fare domanda fino a giugno 2022 mantenendo il diritto agli arretrati a partire dal mese di marzo 2022. Da luglio, i ritardatari percepiranno invece il sussidio solo dal mese di presentazione della domanda. A gennaio dell’anno successivo bisognerà richiedere l’aggiornamento dell’Isee (sui dati 2022) e rinnovare la domanda per l’assegno. Il cui importo verrà per l’appunto aggiornato sulla base dell’Isee così ricalcolato. Come già noto, la durata dell’annualità va infatti da marzo dell’anno di presentazione dell’istanza al febbraio dell’anno seguente.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI