lunedì 30 gennaio 2012
La Fism: liste d'attesa in diminuzione. Cresce il fenomeno di quelli abusivi e low cost.
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Dici asili nido e alla mente si affacciano le sterminate liste d’attesa che, specie nelle grandi città del Nord, migliaia di famiglie italiane affrontano sperando di poter sistemare il proprio piccolo, altrimenti “inconciliabile” coi tempi del lavoro. La carenza di strutture e la scarsa copertura di posti rispetto alla richiesta effettiva è da sempre la spina nel fianco del nostro Paese. Ma tra allarmi e divari col resto d’Europa (in Italia vanno al nido poco più dell’11% dei bambini secondo l’Istat contro il 33% che dovrebbe essere garantito entro il 2013 per Bruxelles), c’è un fenomeno che sta crescendo più o meno silenziosamente: quello della scomparsa dei nidi stessi. Causa crisi.Così, a fronte di asili strapieni nelle solite Milano e Torino, già quest’anno sono state molte le strutture costrette a chiudere per “posti vacanti”: in Lombardia, in Emilia, in Veneto. E nei piccoli Comuni, soprattutto. Che a fronte della mancanza di bimbi (e di fondi), sono costretti a tagliare, concentrando gli iscritti in poche strutture. Senza contare proprio il capitolo liste d’attesa: non ci sono ancora dati ufficiali, né tanto meno nazionali (il quadro è molto diversificato), ma dalla Fism fanno sapere che le liste d’attesa nel caso di molte città si sono dimezzate rispetto a soltanto due anni fa, a cominciare dai territori con più strutture.Che succede? È presto detto. La situazione economica delle famiglie italiane è pressoché al collasso: i dati diffusi dall’Istat poco più di una settimana fa parlano di 8 milioni di nuclei in povertà, pari all’11% della popolazione. Senza contare il tasso di disoccupazione in costante aumento. Inutile dire che la crisi insiste soprattutto sulle famiglie con figli a carico. Ecco allora che il costo medio di un asilo nido (320 euro al mese secondo la ricerca pubblicata a novembre da Cittadinanzattiva) diventa un lusso per molti insostenibile. E in tempi di cassa integrazione per molti genitori diventa “naturale” gestire il proprio piccolo a casa. È il caso di Vicenza, Cesena, Pescara, Lodi: città che già a partire dal 2010 hanno visto per la prima volta da anni posti liberi nei nidi comunali. Un “merito” da attribuire alle Sezioni Primavera delle scuole dell’infanzia e alla possibilità di inserimento anticipato alla scuola materna, sostengono molte amministrazioni. Ma i gestori degli asili parlano anche di molti genitori costretti a ritirare i piccoli proprio per motivi economici.C’è poi l’altro problema scottante: quello della mancanza di fondi da parte dei Comuni, sempre più spesso impossibilitati a pagare il personale impiegato nelle strutture. Il caso sotto i riflettori della cronaca è quello di Roma, dove si era parlato fino a qualche giorno fa della possibile chiusura di decine di asili (in particolare del V, XI e XII municipio) visto che il Campidoglio non pagava le fatture da settembre. Un equivoco, secondo il Comune, che ha spiegato come il cortocircuito dipendesse dall’azienda proprietaria di alcuni degli asili, in ritardo nel fornire la documentazione necessaria. Fatto sta che anche dall’Anci arriva un allarme sugli asili nidi (e non solo su quelli): «I comuni sono alla canna del gas – spiega la responsabile del settore scuola e sindaco di Giaveno, Daniela Ruffino – e purtroppo i primi segni della mancanza di fondi si riflettono sui servizi alle famiglie. Si riduce il personale, perché mancano i soldi per pagarlo, ma ci si dimentica che negli asili nido per esempio è fondamentale offrire un servizio di qualità».Già, e non è un caso se in tempi di crisi si assiste al fiorire di altri due fenomeni, contrapposti. Da un lato quello dei nidi abusivi, con rette molto più accessibili per le famiglie ma con un servizio assolutamente privo di ogni certificazione (sempre a Roma, proprio venerdì, ne sono stati chiusi 14 in un blitz della Finanza). Dall’altro quello, più positivo, dei nidi a domicilio. Dove una mamma o un educatrice qualificata, in questo caso, accoglie i bebé delle vicine. Una scelta sempre più diffusa, quest’ultima, e premiata in termini di utenti: i prezzi sono decisamente più bassi.
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