lunedì 20 aprile 2009
La speranza che rinasce nelle zone colpite dal sisma ha il volto degli oltre 100 commercianti che riaprono le serrande dei negozi, dei 27 studenti che discutono la tesi in un parcheggio davanti all'università. E di Ettore e Beatrice, sposi sulle macerie.
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L'Aquila ricomincia. Dopo le scuole, riaperte nelle tendopoli nonostante le difficoltà, nelle ultime ore la vita sembra essersi rimessa in moto nelle zone colpite dal sisma. A partire dalle prime lauree, consegnate stamane in un parcheggio della cittadella universitaria, per arrivare al primo matrimonio celebrato a Santo Stefano di Sessanio e alla ripaertura dei negozi.  La consegna delle lauree. Prime lauree a L'Aquila dopo il terremoto. Ventisette studenti del corso triennale in Fisioterapia stanno discutendo le tesi sotto due grandi tende azzurre della Protezione Civile, montate in un parcheggio della cittadella universitaria. Le palazzine dell'ateneo hanno infatti subito gravi danni a causa del sisma. Alle 14 saranno consegnati ventotto diplomi. A Lorenzo Cinì, deceduto la notte del 6 aprile, sarà attribuita la laurea ad honorem. Oggi non ci sarà un "più bravo": "Li considereremo tutti primi", dice il professor Antonio Carolei, presidente del Corso di laurea. "Abbiamo voluto mantenere fede alla nostra missione. È un atto dovuto - continua il docente - nei confronti degli studenti che hanno creduto all'università. Le attività devono andare avanti anche se siamo stati colpiti nelle persone e nelle strutture". Chiaro il riferimento del professor Carolei a Lorenzo Cinì, che il prossimo primo giugno avrebbe compiuto 23 anni. "Aveva già dei progetti per iniziare il suo nuovo futuro", dice il padre del ragazzo scomparso, Franco Cinì, che questa mattina è venuto a L'Aquila da Teramo. "Lorenzo - prosegue - aveva delle belle intenzioni. Era un ragazzo allegro, simpatico, amico di tutti. Sarei venuto con lui, sono venuto da solo".Lorenzo è morto la notte del 6 aprile nel crollo dell'appartamento che divideva con la sua fidanzata, Arianna Pacini, anche lei vittima del terremoto. La scossa delle 3,32 ha fatto crollare la palazzina di via Roma, 64, al centro de L'Aquila, dove i due ragazzi, entrambi di Montorio, in provincia di Teramo, avevano trovato un appartamento in affitto.I negozi e i matrimoni. E sono circa 100, dei 2700 presenti sul territorio, i negozi che questa mattina riapriranno i battenti. Una lenta rispresa dell'attività commerciale che registra il desiderio di normalità dela capoluogo abruzzese.La città che riparte sono anche il primo albergo che ha riaperto oggi all'Aquila, in una zona centrale - il "Federico II", in via Strinella - e i primi matrimoni: uno civile, celebrato nella scuola "Collodi", in via Aldo Moro, sabato, tra  Massimo e Annachiara. L'altro religioso, tra Ettore e Beatrice. Ettore e Beatrice, «oggi sposi». Il loro matrimonio non se l’erano immaginato proprio così: davanti una chiesa distrutta dal terremoto, con un altare di legno recuperato all’ultimo minuto. Ma si sono voluti sposare lo stesso, per coronare un amore nato sui banchi dell’università e per dimostrare, più a se stessi che agli altri, che la vita deve ripartire. Nella suggestiva cornice di S. Stefano di Sessanio, nel parco nazionale del Gran Sasso, sul prato della chiesetta di Madonna del Lago, Ettore e Beatrice, 33 anni lui, 36 lei, ieri hanno promesso a Dio che il loro legame sarà per sempre. Niente fiori sulla mensa sacra, così come nessun addobbo nel prato. È un giorno di festa, ma una festa in sordina, riservata solo a parenti e amici, perché ha confessato Beatrice ad un’amica due giorni fa «mi vergogno di sposarmi ora, quando qui vicino c’è gente che piange la sua famiglia. Ma da qualche parte dovevamo ricominciare». Unico segno di sfarzo è il bouquet di rose semichiuse della sposa, recuperato a molti chilometri da casa, il bocciolo bianco appuntato sul vestito di Ettore e i libricini per la liturgia stampati fino all’alba in casa di amici. Arriva fasciata nel suo abito bianco Beatrice, quello scelto mesi fa, recuperato tra le macerie dell’atelier e finito in corsa nella notte. È di una semplicità disarmante, così come i capelli acconciati da una vicina di casa; sul viso un trucco quasi impercettibile. Chi la conosce bene, non se la poteva immaginare diversamente; in fondo questa giovane tarantina venuta a L’Aquila per studiare ingegneria. È così, naturale e schietta fino all’eccesso. Non è lo stesso per Ettore, stessi studi, che invece indossa un vestito elegante rispolverato da quel che resta del suo armadio. Il suo abito da sposo, infatti, è ancora sepolto tra le rovine del negozio. A parlare nella vallata a oltre mille metri di altezza è il silenzio della natura, interrotta di tanto in tanto dal coro arrangiato dagli amici della parrocchia. Tutto è all’insegna della semplicità, anche le parole di don Kant Lakshimi agli sposi. «La fede, la speranza e la carità sono sentimenti che vivono anche nel dolore – precisa – solo se c’è fede, c’è speranza e amore fraterno. Ettore e Beatrice sono la prova che riedificheremo case e chiese così come loro stanno costruendo una nuova famiglia con l’aiuto di Dio».
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