venerdì 21 febbraio 2014
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La seconda volta di Angelino Alfano al Viminale nasce sotto auspici molto diversi dalla prima. Quando giurò al Quirinale, il 28 aprile dello scorso anno, Alfano era anche il delfino di Berlusconi, segretario del Pdl e vicepremier del Governo di larghe intese. Oggi è il leader di un partito appena nato, che deve lottare per affermarsi e conquistare  uno spazio politico ed elettorale, evitando di restare schiacciato tra il Pd di Renzi e Forza Italia di Berlusconi. Una posizione non facile per il ministro dell'Interno. Che troverà nel nuovo premier un interlocutore meno malleabile di Enrico Letta, come si vedrà presto se Renzi manterrà fede ai suoi impegni sull'immigrazione: abrogare la Bossi-Fini e rifondare la legge sulla cittadinanza in base allo ius soli.Agrigentino, classe 1970, sposato con due figli, Alfano inizia la carriera politica nella sua città, all'ombra del padre Angelo, notabile della Dc locale. Si laurea alla Cattolica di Milano e nel 1993, folgorato da Silvio Berlusconi, aderisce a Forza Italia. Nel 2001 il salto a Roma, da deputato. Nella Capitale si fa apprezzare da Berlusconi che lo colloca ben presto nel suo inner circle. A conquistare il Cavaliere la sua energia giovanile, l'eloquio, il sorriso, la determinazione e la fedeltà. Caratteristiche che fanno passare in secondo piano quello che per Berlusconi è un neo, la calvizie incipiente. Proprio sui capelli sembra ci sia stato il primo - e fino allo scorso anno l'unico - moto di disobbedienza al Cav, che gli aveva consigliato un trapianto. Nel 2008 diventa il più giovane ministro della Giustizia nella storia della Repubblica. Ruolo chiave nello scacchiere berlusconiano, che dà la misura della fiducia che il Cavaliere ripone nell'agrigentino. In via Arenula firma subito una delle famigerate leggi ad personam, il "lodo Alfano", che sospendeva i processi a carico delle quattro più alte cariche dello Stato, cancellata poi dalla Consulta. Nel giugno 2011 Berlusconi gli affida il partito. Sono mesi difficili per il centrodestra ed il neo segretario deve anche beccarsi la celebre fase attribuita a Berlusconi: "gli manca il quid". Cade il Governo, nasce l'esecutivo Monti. Il resto è storia recente: nella scorsa primavera, spazio al Governo Letta-Alfano: due quarantenni in sintonia, entrambi ex Dc. Ma la condanna definitiva in Cassazione di Berlusconi per frode fiscale fa precipitare la situazione. Il Pdl esce dal Governo. E qui si consuma lo strappo fino a poco tempo prima impensabile: Alfano resta nell'esecutivo e molla il suo mentore per fondare - insieme agli altri ministri ex Pdl - il Nuovo centrodestra. Dei suoi dieci mesi nel Governo Letta c'è chi gli rimprovera una scarsa presenza al Viminale, ministero sacrificato per dare spazio al suo profilo politico, ad affrontare la scissione con Fi e far crescere Ncd. C'è poi l'affaire Shalabayeva, moglie di un dissidente kazako rimpatriata frettolosamente con un conseguente caso politico internazionale. In quell'occasione, Renzi fu duro: "io sto con le forze dell'ordine. Perché scaricare su servitori dello Stato tutte le responsabilità senza che venga mai fuori un responsabile politico è indegno per la politica". Anche ora per Alfano al Viminale il lavoro non manca. Tra i dossier più scottanti c'è sicuramente l'immigrazione. Nei programmi del Renzi pre-Palazzo Chigi c'era l'abrogazione della Bossi-Fini ("non serve a niente ed è fallita"), la revisione delle norme sui Cie e della cittadinanza ("chi nasce in Italia deve essere italiano"). Posizioni che difficilmente si conciliano con quelle del titolare dell'Interno. Altro tema caldo è il piano di revisione della presenza delle forze di polizia sul territorio. Un progetto che comporta il taglio di numerosi commissariati ed uffici e contro il quale i sindacati sono già sul piede di guerra. C'è poi il contrasto alle mafie, che Alfano intende promuovere intensificando il sequestro dei beni e facilitandone la riassegnazione. Uno dei punti deboli in quest'ambito si è dimostrata la legge che ha istituito l'Agenzia per la gestione dei beni confiscati, che andrà dunque rivista.
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