mercoledì 12 dicembre 2018
L’incendio è stato devastante e sarà un problema immenso. Serve l'aiuto delle altre Regioni, ma dopo il no di Di Maio agli inceneritori in Campania la Lombardia ha stretto le maglie
L'incendio al Tmb Salario, stabilimento di trattamento dei rifiuti in via Salaria (Fotogramma)

L'incendio al Tmb Salario, stabilimento di trattamento dei rifiuti in via Salaria (Fotogramma)

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«A chiudere il cerchio sono i "soliti" quattro impianti Tmb di Roma che ancora oggi non riescono a trattare la totalità dei rifiuti indifferenziati prodotti a Roma. Appare chiaro che ogni qual volta uno di questi passaggi si è interrotto la città ha pagato le conseguenze giacché i rifiuti non sono stati raccolti dalle strade». Lo scriveva un anno fa la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, nella Relazione sul Lazio, approvata all’unanimità.

Ed è quello che potrebbe accadere nelle prossime settimane dopo l’incendio che ha distrutto l’impianto del Salario, uno dei «quattro Tmb». Ci sono 220 compattatori che non sanno dove scaricare 600 tonnellate di rifiuti che prima finivano ogni giorno al Salario. Praticamente il 25% dei 900 che ogni giorno raccolgono la monnezza romana. In realtà l’Ama ne avrebbe 1.400, ma la flotta funziona al 60%.

L’incendio è stato devastante, molto più di quello del 2015. L’impianto è da buttare e sarà un problema immenso. È tutto il sistema a essere a forte rischio di collasso. Nel Piano tecnico finanziario presentato da Ama e approvato dalla giunta comunale il 16 novembre, è scritto che nel Salario sarebbero andate nel corso del 2019 circa 200mila tonnellate di rifiuti. Dove finiranno ora?

Oltretutto in uno dei periodi peggiori, le feste di Natale così come l’estate, quando la produzione di rifiuti aumenta. Così gli impianti del Nord, stracarichi dei loro rifiuti, avranno problemi ad accettarne di altri. Già oggi ogni giorno escono da Roma 160 Tir carichi di rifiuti diretti in 40 impianti di 5 Regioni.

I rifiuti dei Tmb e l’umido adesso saranno molti di più e saranno rifiuti indifferenziati, per i quali servono accordi tra Regioni, non basta un contratto con un’azienda. Se una regione dice di "no" non si possono inviare. E poi servirà una deroga al Codice della strada, perché altrimenti questa roba non potrà viaggiare. Servirebbe un decreto d’urgenza dei ministeri dei Trasporti e della Sanità di concerto con quello dell’Ambiente, che consenta ai Tir di viaggiare nei giorni festivi. Perché tra il 20 dicembre e il 10 gennaio, oltre alle domeniche, ci sono tantissime festività infrasettimanali.

Certo il soccorso lo offriranno tutti, ma per quanto? Per i 15-20 giorni di Natale? Non basterà. La Lombardia ha appena approvato una delibera di giunta in cui, in risposta al «no agli inceneritori» del vicepremier Di Maio, ha stabilito che tutto il materiale da incenerire proveniente da Tmb fuori dalla regione, non potrà più accedere ai propri impianti se non previo accordo con la regione conferente. Quindi non solo l’indifferenziato. E altre regioni potrebbero seguire. Per Roma vuol dire un milione di tonnellate all’anno che è quello che esce dai Tmb.

Da ieri si vedono scene come quelle dell’interminabile emergenza rifiuti in Campania, coi camion parcheggiati perché non si sa dove scaricare. Servirebbero dei siti di trasferenza dove scaricare i compattatori e poi con una pala meccanica caricare i Tir da mandare fuori città. Ma non ci sono. Tranne, forse a Malagrotta, dall’intramontabile Cerroni. Oppure individuarne di nuovi, ma bisognerebbe dichiarare l’emergenza sanitaria. Lo farà la sindaca Raggi che ha sempre negato l’esistenza di emergenze rifiuti a Roma? Che, anche senza incendio, nei prossimi giorni sarebbe finita in affanno per la superproduzione festiva, a fronte dei soliti e soli «quattro Tmb». Ma ora la colpa sarà dell’incendio. Che nasconde ordinarie debolezze e ritardi del sistema romano.

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