lunedì 22 dicembre 2014
I procuratori di mezza Italia incalzano la politica: «Dal legislatore ritardi delittuosi, ora norme efficaci».
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«Aarmi spuntate», «inadeguatezza delle leggi», «delittuoso ritardo del legislatore», «controlli insufficienti», «è mortificante non arrivare a nulla». È durissimo il commento dei procuratori italiani dopo le sentenze con assoluzioni e prescrizioni sulla discarica di Bussi e l’azienda Marlane. E come in coro chiedono «norme più incisive, a cominciare da quella sugli ecoreati ferma in Parlamento», superando «gli interessi economici che la rallentano».«Di fronte a fatti così gravi, che mettono in gioco la vita delle persone, arrivare a nulla è per noi più che mortificante. Noi il nostro lavoro lo facciamo, ma abbiamo le armi spuntate. C’è un senso di inadaguatezza delle leggi. E non è solo una questione di giustizia ma che chi ha sbagliato deve pagare» denuncia il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, con una lunga esperienza nella prima linea delle ecomafie quando guidava la Dda di Napoli. Eppure, insiste, «questi reati dovrebbero rappresentare una vera priorità in quanto toccano un vero interesse nazionale perché incidono sulla sopravvivenza della società, su diritti fondamentali». Per questo, è il suo invito, «bisognerebbe inserire nel Codice penale delle norme che sanzionino i reati ambientali con delle aggravanti, che impedirebbero così anche la prescrizione».Già perché ora «la prescrizione è sempre dietro l’angolo», è l’avvertimento di Francesco Greco, capo della Procura di Napoli Nord, nata da meno di un anno e che copre gran parte della "terra dei fuochi". «Anche se accertiamo gli autori del "tombamento" di rifiuti pericolosi se questo è avvenuto 20 anni fa non possiamo fare nulla. Invece se il reato di disastro ambientale fosse considerato reato con effetti permanenti, pensiamo all’inquinamento delle falde, la prescrizione avrebbe termini molto più lunghi». Insomma, accusa anche lui, «se arrivano assoluzioni o prescrizioni non è colpa del disservizio della giustizia ma della legge che non c’è o è inefficace. E così reati che producono danni terribili non ottengono giustizia. E questo è assolutamente mortificante».«Sono anni che auspichiamo che si approvi la riforma dei reati ambientali perché attualmente c’è una netta sproporzione tra i danni cagionati e le sanzioni che sono assolutamente inadeguate», è l’analisi altrettanto dura del procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo. «Non è dunque colpa di chi indaga e neanche di chi emette le sentenze – aggiunge – che opera sempre col rischio della tagliola della prescrizione. Servono nuove norme ma anche maggiori controlli a monte altrimenti resta solo l’intervento penale ma spesso è tardi». E il consigliere Roberto Pennisi che in Procura nazionale antimafia segue proprio il tema ecomafie, precisa che «fin quando si individuerà il male assoluto solo nelle mafie non si capirà a fondo il fenomeno: il crimine ambientale è sempre un crimine imprenditoriale, contro il quale non abbiamo armi». Quello che serve, sottolinea anche lui, «è una norma che preveda esplicitamente e in modo chiaro i delitti di disastro ambientale e di inquinamento ambientale». Dunque, accusa, «è delittuoso il ritardo del legislatore. Così questi gravi fatti si ripeteranno continuamente».
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