martedì 23 agosto 2011
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«Non a nuovi interventi sulle pensioni fintanto fintanto che non si incide sul serio sui costi della politica e sui grandi patrimoni». L’altolà di Raffaele Bonanni è secco. E poco cambia che aggiunga: «Una volta fatto questo, si potrà sempre parlare di proposte ragionevoli». Un no che, pochi minuti dopo, il leader della Cisl, certifica dal Meeting Maurizio Sacconi: «La riforma delle pensioni è stata già fatta, lo spazio per nuovi interventi è angusto». Non chiude del tutto, neanche Sacconi, ma avverte: «Se la maggioranza dovesse decidere di anticipare l’entrata in vigore di alcune misure pensionistiche, è importante che se ne parli con il sindacato riformista». Dunque: per ora non se ne parla. Certo, il pressing dell’Europa. Certo, i moniti del Quirinale. E l’interesse di Palazzo Chigi, oggi come non mai, è quello di tenere in piedi il canale di collegamento tanto con Draghi, tanto con Napolitano. Ma Silvio Berlusconi ricorda bene la breve vita del suo primo governo proprio per la stretta annunciata sulle pensioni, che fece registrare - pari pari come avviene oggi - la saldatura fra Cisl e Lega. Perché, se quello con Sacconi è consolidato e neanche fa tanto notizia è quello che viene alla luce fra il sindacato di Bonanni e la Lega a colpire. Della telefonata del leader della Cisl a Bossi per dirgli di tener duro sulle pensioni, prima del Consiglio dei ministri ferragostano, si era saputo. Ma ora lo strano asse viene fuori nitido, sulla manovra, quando Bonanni elegia la patrimoniale. «Senza un intervento sui patrimoni immobiliari e mobiliari - avverte - è francamente sbagliato agire con un contributo di solidarietà che colpisce ancora una volta chi paga le tasse con la ritenuta alla fonte. 90 mila euro lordi l’anno sembrano tanti, ma si tratta di quadri pagati 4-5mila euro netti al mese, e se hanno magari quattro figli le tasse che pagano sono già tante. Non sono certo paragonabili - attacca Bonanni ­a chi evade le tasse e possiede yacht e auto di lusso». Praticamente è la proposta della Lega, avanzata da Calderoli, tassare i beni di lusso lasciando stare le pensioni. «È proprio quello che intendevo dire», certifica Bonanni che ha continuato a sentire in queste ore anche esponenti della Lega, accanto ad esponenti del Pdl, da Alfano (che ha sentito nei giorni scorsi) a Lupi, allo stesso Sacconi, incontrati ieri al Meeting. Da Bonanni anche una chiusura secca alla Cgil che chiede un fronte comune, e uno sciopero, sull’articolo 18: «La Camusso si sganci dalla politica, e su cose più importanti, come le proteste in Valsusa assuma una posizione chiara», rilancia la palla nell’altro campo. Ma sulla patrimoniale l’asse con Sacconi conosce una battuta di arresto. «Sia il Pdl che il Pd, cioè i due più grandi partiti, sono contrari. Quindi è inutile parlarne», taglia corto il ministro del Welfare. Un no che viene ribadito anche da Paolo Romani: «Se ne è parlato e l’abbiamo scartata». Il punto, per Sacconi, è che dobbiamo oggi mettere una toppa alla «antistorica» riforma di Prodi. Come sottolinea anche il presidente dell’Mcl Carlo Costalli: «Quel cedimento di Prodi - ricorda - ci è costato 10 miliardi, da lì sono iniziati i problemi». E sulle pensioni anche l’Inps fa sentire la sua voce, a Rimini, col presidente Antonio Mastrapasqua che avverte: «Non si può cambiare ogni giorno, la riforma è stata fatta e il sistema già così è già sostenibile». Tutt’al più, per Sacconi, «se ci sono problemi sui tempi di entrata in vigore occorrerà valutare e - ribadisce - sentire il sindacato riformista».
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