venerdì 29 ottobre 2021
Sulla riforma della giustizia per i minori parla Cristina Maggia, presidente dell’Associazione dei magistrati minorili (Aimmf), oltre che del Tribunale dei minorenni di Brescia
«Allontanare o no un minore? Si deciderà in 48 ore: assurdo»

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«Più approfondiamo gli aspetti di questa riforma, più ci rendiamo conto della inadeguatezza a trattare la nostra materia. Chi l’ha messa a punto ignora evidentemente quello che facciamo ogni giorno e quali sono i problemi con cui quotidianamente ci confrontiamo».

Cristina Maggia, presidente dell’Associazione dei magistrati minorili (Aimmf), oltre che del Tribunale dei minorenni di Brescia, dall’inizio di settembre non si stanca di evidenziare le incongruenze della riforma che istituirà il Tribunale per la famiglia e ha fatto parte la scorsa settimana della delegazione composta da tutti i presidenti e procuratori minorili italiani che ha spiegato alla ministra della Giustizia Marta Cartabia i pericoli di scelte che finiranno per avere come prime vittime proprio quei bambini e quei ragazzi che si dice di voler tutelare.

Perché la ministra Cartabia non ha accolto la vostra proposta di stralciare dalla riforma della giustizia, la parte dedicata al processo minorile?

Diciamo subito che per noi magistrati minorili è stato un incontro emotivamente molto potente. Non c’è stata nessuna voce dissonante fra noi. Ventinove presidenti di Tribunali per minorenni più 29 procuratori hanno mostrato una sintonia perfetta. Tutti abbiamo chiesto lo stralcio del processo minorile. La ministra ci ha risposto: "Mi avete convinto", ma anche aggiunto che la riforma non si può fermare. Ci ha però assicurato tutto il suo impegno per introdurre in un secondo tempo le modifiche che abbiamo richiesto. Speriamo sia davvero così.

Ma come mai si è arrivati a una riforma che tutti gli esperti, a cominciare da voi magistrati, considerano non solo inadeguata ma pericolosa?

Questo vorremmo capirlo anche noi. La commissione ministeriale aveva concluso i suoi lavori a fine aprile con una relazione in cui si accennava vagamente alla possibilità di istituire un tribunale unico per la famiglia. Un’ipotesi che, nella relazione finale, appariva remota. Come magistrati minorili abbiamo replicato con un documento sulle norme processuali suggerite e le nostre osservazioni sono state recepite in parte. Non si parlava del Tribunale della famiglia se non come qualcosa di molto lontano nel tempo. Poi fino a settembre non è più successo nulla. Finché con un emendamento presentato da tre relatrici - Fiammetta Modena (Fi), Anna Rossomando (Pd) e Julia Unterberger (Svp) - è stato proposto l’emendamento istitutivo del nuovo Tribunale della famiglia dei minorenni e delle persone. Nessuno ci ha chiesto un parere e ignoravamo i contenuti di quel testo.

È stato spiegato che la riforma entrerà in vigore nel 2025, ma ci sono norme immediatamente precettive, che cioè dovranno essere applicate subito dopo il via libera della Camera. Quali sono?

Quella riguardante l’art. 403 del codice civile che riguarda l’allontanamento urgente di un minore dalla famiglia d’origine disposto dalle forze dell’ordine o dai servizi di fronte a situazioni di grave pregiudizio per il piccolo. L’art. 38 che riguarda le competenze dei tribunali per i minorenni e dei tribunali ordinari. E gli articoli 78 e 80 del codice di procedura civile che regolano le norme con cui si deve provvedere alla nomina di un curatore speciale del minore.

Perché vi sembrano problematiche le modifiche relative all’articolo 403 e vi siete detti contrari alle novità introdotte?

Cerchiamo di capire innanzi tutto a cosa serve l’articolo 403. Oggi la legge consente a servizi sociali e organi di polizia di intervenire d’urgenza, in autonomia, anche senza il via libero preventivo dell’autorità giudiziaria, di fronte a situazioni estreme. La segnalazione al procuratore minorile dovrebbe essere però tempestiva e, altrettanto tempestiva, la conferma o la revoca della decisione. Ma questa sollecitudine talvolta non c’è. Carenze di organico e intoppi di vario tipo causano talvolta ritardi di giorni, spesso di settimane. D’altra parte la legge non impone nessun termine per la decisione del magistrato.

Non era opportuno correggere questa stortura?

Certamente andava rimossa. Da anni avevamo proposto di fissare entro 15 giorni l’udienza con i genitori e l’ascolto del minore. La riforma stabilisce che revoca o conferma dell’allontanamento avvengano addirittura in 48 ore, praticamente impossibili da rispettare. Dietro un allontanamento c’è sempre un disagio familiare, una fragilità che va compresa e studiata. Non bastano certamente due giorni. Non stiamo parlando della convalida di un arresto, ma della valutazione di una situazione familiare che è sempre complessa e delicata.

Un altro aspetto che avete contestato riguarda l’ascolto del minore. La riforma dice che non è delegabile. Dovrà sempre essere il magistrato a farsene carico. Perché non va bene?

Perché un magistrato, che è laureato in giurisprudenza, non ha alcuna capacità per ascoltare un minore che magari ha subito un maltrattamento grave o è stato abusato. Nelle situazioni più gravi il bambino non parla. Occorre cogliere i segni del linguaggio non verbale, avere strumenti di comprensione di cui il magistrato non può disporre. Oggi, grazie alla presenza dei giudici onorari che sono psicologi, psicoterapeuti, neuropsichiatri, abbiamo competenze multidisciplinari e collegiali. Domani non sarà più così.

Ma come mai si è pensato di affidare a un giudice monocratico non specializzato quello che prima era valutato in modo collegiale da togati e onorari?

Penso per risparmiare tempo con una sovrapposizione fra il lavoro minorile e quello ordinario che non corrisponde al reale, ma è un equivoco in cui molti cadono. Per spiegare preferisco raccontare quello che avviene oggi nel Tribunale minorile di cui sono responsabile. A Brescia abbiamo in organico otto giudici togati, ma per lunghi periodi presenti la metà e abbiamo un bacino di 600mila minori censiti, 135 etnie diverse radicate sul nostro territorio, con la loro cultura e i loro problemi. Negli ultimi due anni abbiamo fatto 7.593 provvedimenti civili e abbiamo allontanato 477 ragazzi. Ogni provvedimento è approfondito e motivato con l’ausilio degli onorari, cercando innanzi tutto di ricomporre i conflitti e di sostenere le risorse familiari. Quando la riforma entrerà in vigore tutto questo lavoro, più le cause di separazione e divorzio, più i problemi patrimoniali, più tanto altro, toccherà a un giudice monocratico, senza il supporto di un collegio e degli esperti in scienze umane. È umanamente possibile?

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