mercoledì 29 agosto 2012
​L'appello di Save the Children: il Centro di prima accoglienza dell'isola non ha un'area dedicata all'accoglienza dei minori. Molti di loro si trovano lì da diversi giorni e sono costretti a vivere in condizioni precarie e inadeguate.
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Dal 18 agosto 2012 ad oggi sono 77 i minori stranieri non accompagnati (la maggior parte somali ed eritrei, tra cui due ragazze) giunti a Lampedusa dopo un lungo e pericoloso viaggio via mare dalla Libia. La maggiorparte di loro (51) si trova ancora presso il centro di Pronta accoglienza dell'isola, in condizioni precarie e inadeguate. Dopo le rivolte dell'estate 2011, infatti, il centro è stato solo parzialmente ricostruito e non c'è un'area dedicata appositamente ai minori.«Nelle notti scorse, per evitare di dormire accalcati nell’area riservata alle donne con bambini piccoli, alcuni di questi ragazzi hanno preferito dormire all’aperto o in situazione di promiscuità con gli adulti. Si tratta di condizioni non accettabili e che certo non corrispondono agli standard di protezione e accoglienza che dovrebbero essere assicurati ai minori migranti soli», spiega Valerio Neri, direttore generale Save the Children Italia. Per questi motivo «è necessario il rapido trasferimento» dei minori non accompagnati presenti sull'isola, in modo che possano essere adeguatamente accolti in strutture adatte a loro. Ben 51 ragazzi, infatti, si trovano sull'isola da diversi giorni. In condizioni che non sono adatte a loro. «Da un primo rilevamento effettuato da Save the Children sappiamo che ci sono posti disponibili in comunità della Sicilia e di altre regioni», prosegue Valerio Neri.Molti dei minori giunti a Lampedusa - come d’altra parte molti adulti migranti - sono transitati dalla Libia dove hanno vissuto situazioni drammatiche e di grande pericolo: molti minori e adulti migranti sono stati detenuti nei centri di detenzione e nelle carceri libiche dove hanno subito violenze di ogni genere, soprattutto nel caso di migranti musulmani o musulmani non praticanti Altri minori intervistati hanno dichiarato di essere invece rimasti in Libia per un periodo limitato, necessario per l’organizzazione della partenza. Come è successo a M.G., un minore eritreo di 15 anni, che ha lavorato per tre anni in Sudan per poter guadagnare i 1.400 dollari necessari a pagare la traversata. In Libia è rimasto un mese, nascondendosi in una cava. Poi, è stato finalmente possibile partire. Il viaggio, nella testimonianza di tanti ragazzi, si conferma un’esperienza ad alto rischio e dall’esito incerto. «Per i minori che hanno attraversato esperienze di questo tipo, è tanto più importante garantire soccorso immediato e successivamente protezione e un percorso di integrazione in Italia», conclude Valerio Neri. Ma per assicurare adeguata protezione e accoglienza ai minori che arrivano in Italia, a Lampedusa, Save the Children chiede che il porto di Lampedusa sia dichiarato nuovamente porto sicuro al fine di garantire a tutti i migranti immediato soccorso e una prima accoglienza. E che sia garantito e implementato un sistema nazionale per la protezione dei minori migranti non accompagnati che assicuri loro un’accoglienza adeguata, diffusa sul territorio nazionale, con risorse certe dedicate ed una chiara definizione dei livelli di responsabilità tra Stato centrale, Regioni e Comuni.
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