giovedì 25 agosto 2022
La donna è stata massacrata nonostante le sue denunce per stalking e il divieto di avvicinamento imposto a chi l’ha uccisa. Il sindaco Lepore: fermiamo gli uomini che odiano
L'esterno del palazzo dove è stata uccisa Alessandra e un suo ritratto

L'esterno del palazzo dove è stata uccisa Alessandra e un suo ritratto - Ansa

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Nella lunga lista dei femminicidi avvenuti in Italia dall’inizio dell’anno, Alessandra Matteuzzi, cinquantaseienne di Bologna, è la numero 77. La prima del capoluogo felsineo, l’undicesima in Emilia-Romagna. È morta martedì sera per mano dell’ex compagno, Giovanni Padovani, un calciatore e modello ventisettenne. I due si erano frequentati per circa un anno, portando avanti una relazione per lo più a distanza, dal momento che l’uomo gioca in una squadra siciliana di serie D. A inizio estate un tentativo di convivenza, durato solo pochi giorni: da subito, a quanto hanno riferito i vicini di casa della donna, che abitava in via dell’Arcoveggio, nella prima periferia bolognese, tra i due erano scoppiati diverbi molto animati, che avevano indotto la vittima dapprima ad allontanare di casa Padovani e poi a denunciarlo per stalking, il 29 luglio scorso. Eppure, nonostante per lui fosse scattato il divieto di avvicinarsi alla ex, la persecuzione non era finita. Anche martedì sera, dopo essere atterrato a Bologna verso le 19.15, come riferiscono i vicini, Padovani si era di nuovo appostato davanti al portone del palazzo.

L’allarme non è servito
Gli altri residenti, nonostante la sua insistenza, non lo avevano fatto entrare: la vittima si era raccomandata con i condomini in tal senso, raccontando loro quanto stava passando. Aveva anche chiesto il numero di cellulare di un vicino, spiegandogli che avrebbe potuto avere bisogno di chiamarlo in aiuto, se Padovani si fosse ripresentato sotto casa. Aveva paura, Alessandra: lo aveva confidato anche alla sorella, che vive a circa 30 chilometri da Bologna, con la quale era al telefono martedì sera mentre, rincasando verso le 21 da una vacanza in Calabria, ha scorto l’ex fidanzato.

Dapprima, dicono i testimoni, ha cercato di allontanarlo con le buone, ma lui l’ha aggredita. La sorella, che ha assistito via telefono alle grida disperate della donna e una vicina di casa, attirata fuori dalle urla strazianti, hanno subito chiamato le forze dell’ordine. Quando sono arrivate sul posto, hanno trovato la donna agonizzante, in un lago di sangue, e l’uomo immobile, sotto choc. Alessandra è deceduta, poi, durante il trasporto in ospedale. Pare sia stata colpita ripetutamente alla testa con un martello e altri oggetti contundenti, con particolare accanimento.

Alessandra aveva fatto tutto quello che poteva, per sottrarsi a questa violenza: aveva denunciato il suo persecutore, anzitutto. Poi, aveva avvisato la sorella e i vicini. Viene da chiedersi, dunque, cosa è mancato, nella difesa di questa ennesima vittima di femminicidio. Ben il 70% delle violenze, secondo i dati, avvengono in ambito domestico. Eppure, non c’è vera difesa nemmeno per chi ha il coraggio di denunciare, persino in una città come Bologna, che martedì mattina si era svegliata con la notizia di una violenza sessuale avvenuta in pieno centro, in zona universitaria, verso una turista finlandese di 22 anni. Una città di donne sole: secondo i dati dell’osservatorio demografico del Comune, più di un nucleo familiare su due è composto di una sola persona e metà di queste sono donne over 40. Un fattore sociale che occorrerà considerare con crescente attenzione.

"Quello che è successo non è stato affatto un fulmine a ciel sereno - aggiunge l'avvocato modenese Sonia Bertolini, cugina della vittima - perché c'erano stati segnali precedenti, tanto è vero che c'era stata una denuncia. Il problema è nelle falle normative. Se viene sporta una denuncia per atti persecutori e nel contempo non c'è una protezione, continueranno i femminicidi".

A difendere l'operato degli inquirenti è intervenuto il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato. "In questa vicenda non si può parlare di mala-giustizia - ha spiegato a Radio1 -. La denuncia è stata accolta a fine luglio, il primo agosto è stata immediatamente iscritta e subito sono state attivate le indagini che non potevano concludersi prima del 29 agosto perché alcune persone da sentire erano in ferie. Noi quello che potevamo fare lo abbiamo fatto". "Dalla denuncia della vittima - ha sottolineato il procuratore - non emergevano situazioni di rischio concreto di violenza, era la tipica condotta di stalkeraggio molesto". Sulla efficacia di un uso più massiccio del braccialetto elettronico, nel caso ci siano gli estremi per applicarlo, Amato ha detto: "Il vero problema che pone è quello dei costi perché già oggi quei braccialetti elettronici che potremmo dover utilizzare per alcuni reati, quando poi in concreto i vai a richiedere non si trovano. Serve la norma ma anche gli strumenti economici che la norma la fanno funzionare".

Il ministro della Giustizia, Marta Carabia, attraverso il suo Gabinetto, ha chiesto agli uffici dell'Ispettorato di "svolgere con urgenza i necessari accertamenti preliminari, formulando, all'esito, valutazioni e proposte". Un'iniziativa presa a fronte delle ricostruzioni di stampa sul femminicidio di Bologna.

Sulla tragedia è intervenuto anche l’arcivescovo di Bologna, cardinale Matteo Zuppi, che ha espresso profondo cordoglio e amarezza per la morte di Alessandra. «È un tragico evento – afferma il cardinale Zuppi – che scuote Bologna, l’Italia e le nostre coscienze e ci chiede di non restare indifferenti davanti ai casi di femminicidio e alle varie forme di violenza di cui molte donne sono quotidianamente vittime, spesso in maniera silenziosa. Questo dramma ripropone urgentemente la necessità di un’azione etica, culturale e pure di prevenzione, che coinvolge certamente le Forze dell’Ordine ma anche tutta la comunità. Occorre comprendere e ritrovare il vero significato del legame uomo-donna, fatto di reciprocità, dono di sé, progettualità condivisa, mutuo sostegno, rispetto. L’amore è vita e non può mai diventare violenza, persecuzione e morte».

Una vittima ogni tre giorni
Sono 77 i femminicidi, di cui 67 donne uccise in ambito familiare o affettivo. Di queste, 40 hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex. Rispetto allo scorso anno, l’incremento è del 5% circa: ogni tre giorni, una donna viene uccisa. È quanto emerge dal confronto con il report settimanale del Viminale del 22 agosto scorso, in relazione all’ultimo femminicidio avvenuto ieri a Bologna.

«Vogliamo costituirci parte civile nei due terribili casi di violenza contro le donne avvenuti a Bologna. Una violenza sessuale ai danni di una giovane turista finlandese e il femminicidio sotto casa di un’altra donna, per mano dell’uomo che la perseguitava. Fatti che affondano le radici in una cultura di prevaricazione, di odio degli uomini contro le donne» ha detto il sindaco di Bologna, Matteo Lepore. Per Gianna Gancia, europarlamentare della Lega, serve un segnale nei primi 100 giorni da parte del nuovo governo. «È necessario soprattutto tutelare maggiormente la donna durante la fase processuale accorciando i tempi dei procedimenti» ha spiegato. Secondo Valeria Valente, senatrice del Pd, «la violenza contro le donne è un problema culturale, che attraversa tutte le nazionalità e tutte le classi sociali. Non la fermerà bloccare lo sbarco dei migranti, né usare l’Esercito».

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