venerdì 21 febbraio 2014
Viaggio nell’Alta Valsusa all’indomani del volantino del Noa che incita alla lotta armata. Pinard: «Il movimento mi rispetta». E domani corteo per ribadire: la protesta non è criminale.
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È l’uomo più minacciato della valle, lo Stato lo ha lasciato solo e la politica fa di tutto per dimenticarselo. «Ma ho la mia gente che mi saluta per strada e che all’occorrenza piantona il mio ufficio», ci racconta Renzo Pinard in mezzo al mercato del Paese, tra le tome di capra e la pasta fresca, sfoderando quel sorriso calmo con cui gli occitani seguono le nuvole nere levarsi sopra il Frais. Qui, domani, sfileranno i No Tav (partenza dalla stazione alle 13) nell’ambito della mobilitazione nazionale contro la criminalizzazione del movimento. Corteo gestito dai soli comitati, sindaci e amministratori della valle parteciperanno a titolo personale. I dimostranti tenteranno di raggiungere il cantiere dove la "talpa" ha già scavato 400 dei 7.500 metri del tunnel geognostico che fa parte della nuova Torino-Lione. La lettera dei Nuclei operativi armati (Noa) e la "condanna a morte" di quattro "nemici del popolo", recapitata l’altroieri all’Ansa, ha fatto alzare la tensione. I comitati valsusini si sono dissociati, ma non l’ala dura di Askatasuna, e la decisione della Prefettura di sbarrare la strada al corteo poco fuori dal centro abitato preoccupa gli abitanti di Chiomonte. Il sindaco non è tra i bersagli dei terroristi e, dice, «i No Tav mi rispettano»; ma da quando ha autorizzato il cantiere della Maddalena ha collezionato una sessantina tra minacce di morte, lettere minatorie, attentati,  pedinamenti, persino un poema in cui gli si augura un trapasso lento e doloroso, "mano nella mano" con il sindaco di Susa, Gemma Amprino, anche lei nel mirino No Tav. Finora le violenze sono state poco più che verbali. La protesta non ha compiuto cioè quel "salto di qualità"  invocato dalle nuove Br. A Chiomonte ci si è limitati a saltare nella vigna del sindaco, dove si produce il raro vino dei ghiacci, per distruggere il raccolto: «Gli episodi sgradevoli ci sono stati. In qualche caso, poteva scapparci il sindaco morto e forse a qualcuno sarebbe convenuto – commenta Pinard – ma abbiamo mantenuto il sangue freddo e non è successo; neppure il 27 giugno del 2011».Il lunedì nero della protesta: il governo Berlusconi aveva deciso di porre fine alla «libera repubblica della Maddalena», sorta sui terreni che dovevano ospitare il cantiere del tunnel geognostico. In poche ore, del presidio che suggellava la continuità storica con la Resistenza restò una baracca, che proprio "l’odiato sindaco" vorrebbe salvare. «È inutile nascondersi. In questi anni c’è stata un’opposizione al progetto e le istituzioni devono essere la casa di tutti, nessuno escluso». annuncia Pinard. Il quale, quel lunedì, se la vide brutta: sgomberati dalla Clarea da 2.500 tra carabinieri, poliziotti e fiamme gialle, i dimostranti occuparono il Comune e gli intimarono di dimettersi per far posto al "commissario del popolo". Si parlò di sequestro e di danneggiamenti; nessuno denunciò nessuno.«Credo che i No Tav mi considerino un nemico ma che mi rispettino, perché come persona ho le mie idee ma come sindaco applico le leggi. Io non difendo l’alta velocità ma la fascia tricolore»: Pinard è davvero convinto che quella fascia "sia" la democrazia e che vada difesa anche nel Comune più militarizzato d’Italia. Con un rammarico: «Fino al 2012, quando partirono i lavori, qui non si vide un soldato. Viaggiavo con la scorta, ma erano i miei amici che volevano starmi vicino perché era stata bruciata la porta del mio ufficio e avevano minacciato mio figlio. In quei giorni, Chiomonte era difeso da cinque carabinieri». Renzo Pinard non si ricandiderà; ha già completato due mandati. Non ha paura e non rinuncia a parlar chiaro. «L’interesse di tutti i governi, legittimo, è stato quello di difendere il cantiere della Tav – dichiara – ma nessuno ha pensato a Chiomonte e la politica ha dimostrato tutta la sua pochezza». Dal 2012 il cantiere della Maddalena è stato visitato da premier e ministri, parlamentari e commissari europei, «eppure nessuno di loro ha sentito il bisogno di venir a vedere il nostro paese, quel Comune che rappresenta le istituzioni repubblicane». Lo hanno già fatto fuori da tutte le commissioni dell’Anci e ora il centrodestra vorrebbe "spianarlo", ma lui solleva lo sguardo sul Frais e sorride: «I Pinard vivono su queste montagne dal Seicento».
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