domenica 29 maggio 2011
Una casa-famiglia, che da 10 anni ospita bambini senza genitori o che hanno subito violenze, rischia di finire sulla strada. «Abbiamo accolto 70 ragazzi a rischio. Ora che fare?».
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La grande sala da pranzo è piena del vociare di bambini. Uno, due, tre, quattro, cinque…dieci. Sì, proprio dieci bambini. Sorridono ma le loro sono storie terribili. Storie di violenze, abusi, emarginazione, povertà, alcol, criminalità. Accanto a questi bimbi una mamma e un papà molto speciali, Fortuna D’Agostino e Antonio Amato de Serpis. Ci ospita la casa famiglia "La Compagnia dei felicioni", bellissima realtà della Comunità di Capodarco a Trentola Ducenta nel Casertano. Dal 2002 opera in una villetta confiscata al boss Dario De Simone, "’o gnomo", killer spietato del clan dei "Casalesi", oggi collaboratore di giustizia. Da luogo di morte a luogo di vita. Qui in questi anni sono stati accolti e seguiti con amore e attenzione, una settantina di minori affidati dai tribunali. Accanto ai quattro figli, tra i quali uno adottivo. Ma tutto questo ora rischia di finire perché il neoeletto sindaco, Michele Griffo, centrodestra, tra i primi provvedimenti presi, il 20 maggio ha annullato la proroga di sette anni, concessa il 28 giugno 2010 dal commissario prefettizio che guidava il comune dopo le dimissioni della maggioranza dei consiglieri. Una proroga chiesta, tra l’altro, per poter partecipare ad un bando della Fondazione per il Sud che prevede finanziamenti per iniziative sui beni confiscati. E non è solo uno "stop" alla proroga, perché come si legge nella lettera del sindaco, «con la presente si disdice il contratto di comodato d’uso gratuito per l’utilizzo sociale del bene stipulato il 18/3/2002 e scadente in data 8/4/2012». Ora c’è il rischio che il bene sia assegnato ad altri. Il sindaco dice che «è solo un preavviso», ma poi si scaglia contro. «La Capodarco non è un’associazione antimafia. É solo una casa famiglia. E non fa nessuna beneficienza. É un’associazione a delinquere che si prende i soldi per ogni bambino che sta lì dentro». Poi la minaccia. «Se io prendo un’altra associazione è la stessa cosa. Questi non hanno nessun diritto più degli altri». Insomma, malgrado le proteste di tante associazioni del territorio, da Libera al Comitato don Peppe Diana e alle altre realtà che gestiscono beni confiscati, il sindaco non cambia idea. «Non avrà più questa villa, può venire anche il Padreterno». Il sindaco non è nuovo a queste posizioni. Nel 2002, quando già guidava il Comune, si oppose all’assegnazione del bene che venne consegnato alla "Compagnia dei felicioni" solo dopo un ricorso al Tar. E di nuovo potrebbe arrivare un intervento esterno per salvare la "Compagnia". Al sindaco è, infatti, arrivata una richiesta di chiarimento da parte dell’Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati in cui si ipotizza anche di revocare l’assegnazione, non ai "felicioni" ma al comune. Già perché la "Compagnia dei felicioni" è sicuramente una delle migliori esperienze di riuso sociale dei beni confiscati. Al punto che la Regione Campania l’ha inclusa nella recente campagna di comunicazione "Sentirsi campani. Identità, sicurezza, inclusione". Ma il sindaco sa davvero cosa fanno Fortuna e Antonio e i tanti volontari che li aiutano? Glielo raccontiamo noi. Partendo dai bellissimi occhi di Francesca (nome di fantasia, come tutti gli altri). Nove anni, abusata a lungo dal padre, non parla più, comunica a versi. Si attacca anche a noi, come un "cucciolo" che cerca attenzione. Senza speranza? No. Probabilmente resterà qua, adottata da Fortuna e Antonio. Non meno drammatica la storia di Federico, 14 anni, nonno alcolista, papà in carcere, mamma prostituta.. Anche lui aveva cominciato a bere. Non sembrerebbe, mentre con attenzione sparecchia la grande tavola. È qui con la sorella di 6 anni. «Lei reagisce lui no…», spiega Fortuna. Ma non si perde la speranza. Come con i 6 fratelli di Casal di Principe, tra i 3 e i 13 anni, poverissimi, che quando sono arrivati, racconta Fortuna, «erano stupiti dei materassi e dei bagni: erano abituati a dormire sui cartoni». Due di loro  sono rimasti, hanno trovato un lavoro e danno una mano in casa "come fratelli maggiori". Quale la ricetta di papà e mamma "felicioni"? «Non vogliamo sostituirci ai genitori. Siamo una risposta per fargli ritrovare quanto prima la strada. Non abbiamo la verità in tasca». Loro affrontano sofferenze e ostacoli con una fede fortissima. «Io - dice Fortuna - mi ritaglio ogni giovedì un’ora di Adorazione. Sento quella presenza al nostro fianco. Quando non vedi niente nel futuro poi arrivano le soluzioni. C’è qualcun altro che guida la nostra strada. Tocchiamo con mano la Provvidenza». Già, proprio delinquenti.
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