lunedì 28 febbraio 2022
La basilica di Santa Sofia a Roma in poche ore diventata un alveare di carità. Padre Semehen: tutto iniziato via social, al più presto i camion partiranno per Kiev
Il centro di raccolta della Chiesa di Santa Sofia a Roma

Il centro di raccolta della Chiesa di Santa Sofia a Roma - Foto Agnese Palmucci

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«Questa è piena, il riso mettilo nell’altra scatola». I bambini della comunità cristiana ucraina corrono tra le file di buste accatastate, con in mano pacchi di zucchero, pasta, bottiglie d’olio. «Noi siamo qui da tre ore», dicono sorridendo due ragazze di dodici anni, mentre insieme cercano spazio per un barattolo di caffè solubile. Il viso però è tirato, parte della loro famiglia è sotto le bombe.

Foto Agnese Palmucci

Un corridoio di pochi metri separa il silenzio della chiesa di Santa Sofia, a Roma, dal chiassoso salone della basilica, divenuto da domenica un alveare della carità. Donne, uomini, ragazzi ucraini preparano senza sosta gli aiuti umanitari da spedire al confine polacco. «Di cosa avete bisogno?», chiede una coppia di italiani.

Foto Agnese Palmucci

«Cibo e medicine», risponde una signora. Poi si corregge: «In realtà serve tutto, vestiti, coperte, siringhe. Gli aiuti partiranno con dei camion, al più presto», ha detto il rettore della chiesa nazionale ucraina nella Capitale, padre Marco Semehen. Tutto è iniziato con un tam tam sui social, e in poche ore si è riempito tutto.

Foto Agnese Palmucci

Per i cristiani greco-cattolici, domenica scorsa era la domenica “del perdono”, ultimo giorno prima della Quaresima. La basilica neobizantina per la messa si è riempita di fedeli italiani e ucraini. Nel matroneo le donne piangevano con la testa appoggiata alle colonne. «Io sono di vicino Leopoli, - racconta una signora nel centro indicazioni della chiesa, - tutti qui abbiamo parenti in Ucraina. Solo il Signore può darci la pace».

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