venerdì 4 gennaio 2013
Percentuali superiori ai limiti di legge in numerosi centri in provincia di Roma e Viterbo, quasi 300mila i cittadini coinvolti mentre i lavori di adeguamento vanno a rilento. No a quella del rubinetto in una quarantina di Comuni del Lazio.
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​Cancro, lesioni cutanee, malattie cardiovascolari, danni al sistema nervoso, diabete: non sono di poco conto gli effetti che può avere sull’organismo un’esposizione prolungata all’arsenico attraverso acqua potabile e cibo. L’allarme arriva dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che prende in esame le falde di diversi Paesi – Argentina, Bangladesh, Cile, Cina, India, Messico e Usa – dove l’arsenico in forma inorganica è naturalmente presente. Ma il problema riguarda da vicino anche l’Italia, e in particolare il Lazio, dove ha assunto i caratteri dell’emergenza. Dal primo gennaio i sindaci delle province di Viterbo e Roma hanno dovuto vietare l’uso dell’acqua del rubinetto. Un provvedimento che colpisce una quarantina di comuni e quasi 300mila persone solo nella Tuscia: arsenico e fluoruro sono presenti in quantità superiori ai limiti di legge, che sarebbero di 10 microgrammi/litro per l’arsenico, e 1,5 microgrammi per il fluoruro. Un’emergenza, sì, ma non una novità: dal 2001 regioni e territori chiedono deroghe alla legge. Deroghe ripetutamente concesse ma il termine per la terza e ultima deroga è scaduto il 31 dicembre 2012 e i lavori di adeguamento probabilmente non termineranno prima del 2014. Così dal primo gennaio sono scattate le ordinanze dei sindaci delle province di Roma e Viterbo che, secondo le indicazioni dell’Istituto superiore di Sanità, vietano di bere l’acqua del rubinetto, di usarla per cucinare o per lavarsi i denti. Le persone con patologie cutanee devono astenersi anche dall’utilizzarla per fare la doccia.«Il problema – critica Bengasi Battisti, sindaco di Corchiano, in provincia di Viterbo – è che le limitazioni d’uso dell’Istituto superiore di Sanità ci sono state consegnate il 28 dicembre e sono generiche, non sappiamo come rispondere a molte domande dei cittadini. Solo nel viterbese sono 32 i comuni interessati e 220mila gli abitanti».Di fatto il Lazio, spiega Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente, «è l’unica regione che non è riuscita a rientrare nei parametri stabiliti, non facendo investimenti per i potabilizzatori. Anche le aziende alimentari saranno colpite. E il problema non è di facile risoluzione, visto che per molti interventi ancora non si è proceduto al bando di appalto e la fine dei lavori è prevista per il 2014».Tra il 2005 e il 2011, uno studio del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario della regione Lazio – pubblicato ad aprile 2012 – ha registrato nei comuni dove la concentrazione di arsenico è superiore a 20 microgrammi, un aumento della mortalità per tutti i tipi di tumore.Sono risultati che dovranno essere confermati da nuovi studi, ma – intanto – l’Oms e lo Iarc (International agency research on cancer) hanno già accertato che l’arsenico è un elemento cancerogeno. Gli effetti di un’esposizione prolungata da acqua e cibo si hanno dopo almeno 5 anni, e iniziano dalla pelle, con cambiamenti nella pigmentazione, lesioni cutanee su mani e piedi che possono essere precursori di un cancro alla cute.
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