giovedì 22 novembre 2012
​Processo a Venezia contro un pediatra che molestava piccole pazienti. La perizia della difesa: era irreprensibile, poi la svolta. Scontro di esperti, verdetto a gennaio. (Andrea Lavazza)
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Un tranquillo e stimato pediatra di provincia, un uomo prudente, abitudinario, sposato da 45 anni, mai un’avventura, un’alzata di ingegno o qualche episodio che spiccasse nella sua rispettabile biografia. E poi l’infamante arresto in flagranza di reato, mentre molesta una bambina dell’asilo durante le visite mediche, filmato dalle forze dell’ordine – allertate per episodi sospetti precedenti – che fanno irruzione quando capiscono la gravità delle avances. Una storia di "ordinaria" pedofilia senile o un caso clinico che richiede di utilizzare le categorie del neuro-diritto? A suscitare la domanda lo scontro di perizie che si è svolto ieri davanti al tribunale di Venezia nel processo al vicentino Domenico Mattiello. Per i periti della difesa l’imputato è incapace di intendere e di volere. Per i consulenti della corte, un professionista più intelligente della media, lucido e perfettamente consapevole di quello che stava facendo, caduto in tentazione a fine carriera in concomitanza con una vita sessuale ormai insoddisfacente.Come sia possibile una tale contrapposizione tra esperti, che in aula hanno rincarato i toni delle rispettive diagnosi, è spiegato dalla "scoperta" che hanno consentito gli esami disposti dai consulenti tecnici di parte: al pediatra, poco dopo la cattura, è stato trovato un tumore cerebrale, precisamente un cordoma del clivus, rarissimo e a crescita lenta. La massa, che premeva su aree delicatissime dell’encefalo provocando disturbi che non erano stati correttamente diagnosticati, è stata rimossa con un doppio intervento chirurgico di successo. Tanto che i sintomi sono scomparsi. Quello che sospettavano Giuseppe Sartori e Pietro Pietrini, studiosi delle università di Padova e di Pisa, cioè il ruolo scatenante nel comportamento pedofilico di una demenza senile, è diventato una convinzione: l’impulso alle molestie e l’impossibilità di resistervi sono stati indotti dalla malattia oncologica.I test neuropsicologici rivelano alcuni deficit, mentre si segnala una recente, improvvisa e smodata passione per la fotografia digitale. Nell’opinione dei due periti, il tumore avrebbe compresso le strutture della corteccia orbito-frontale mediale e provocato disfunzioni delle strutture sottocorticali (ipotalamo, ipofisi). Che il tumore avesse compromesso funzioni nervose era mostrato dai disturbi alla vista, prima rimasti inspiegati. Ma secondo Sartori e Pietrini, gli effetti più rilevanti sono stati sulla condotta del pediatra. La loro tesi è infatti che la malattia abbia determinato un’alterazione dell’assetto psichico di Mattiello tale da impedirgli di "fare altrimenti se solo lo avesse voluto". Il medico avrebbe quindi sviluppato un’attrazione irresistibile per i bambini che prima non manifestava (elemento avvalorato con un innovativo test computerizzato sull’affidabilità della testimonianza, messo a punto dallo stesso Sartori, ammesso pochi mesi fa in una causa per molestie a Cremona). Inoltre, un insorto deficit di intelligenza sociale e di codifica delle emozioni avrebbe fatto sì che Mattiello non riuscisse a trattenersi, mettendo in atto un comportamento rischioso (spogliava i bambini con la porta aperta) del tutto incoerente con il suo carattere di uomo cauto e posato.C’è un precedente assai noto in letteratura clinica: un insegnante americano che all’improvviso divenne un pervertito, cacciato di casa dalla moglie dopo le molestie alla figliastra, e al quale venne scoperto in carcere un cancro alla testa. Quando esso gli fu estirpato, i sintomi scomparvero e riprese la sua vita normale, salvo ricominciare con le tendenze pedofile quando si riformò il tumore.Ma per i consulenti del gip Roberta Marchiori, il professor Ivan Galliani e il dottor Fabrizio Rasi, la lettura della difesa non regge. Non c’è un nesso tra la patologia e il reato – dicono in sintesi –, il medico continuava svolgere regolarmente la sua professione, non mostrava deficit evidenti in alcun tipo di prestazione. Semplicemente, ha dato sfogo a un comportamento illecito di cui doveva essere pienamente consapevole e che avrebbe potuto interrompere. Severa la replica di Pietrini e Sartori, per i quali la perizia del gip non si basa su dati scientifici consolidati, piuttosto rappresenta una valutazione soggettiva nello spirito dell’antica «scuola psicologica».Spetterà ora al giudice valutare le diverse prospettazioni, il prossimo 24 gennaio, in un caso che potrebbe diventare di scuola come quelli di Trieste e di Como, già oggetto di studio per neuroscienziati e giuristi.
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