mercoledì 27 dicembre 2023
Le pillole sono distribuite per calmare chi ha subito traumi, ma diventano una droga di cui non sipuò fare a meno. Un modo per dimenticare e vivere alla giornata
Gli psicofarmaci sono diventati la droga dei migranti abbandonati al loro destino. Non possono tornare indietro, ma nemmeno possono trovare una nuova terra e una nuova vita

Gli psicofarmaci sono diventati la droga dei migranti abbandonati al loro destino. Non possono tornare indietro, ma nemmeno possono trovare una nuova terra e una nuova vita - Linda Caglioni, Lucrezia Lozza e Lavinia Nocelli

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"Sono scappato dal Medio Oriente per iniziare una vita normale. Invece mi sono ritrovato abbandonato”, racconta Harun, un giovane che si trova in Grecia e che lotta ancora oggi con il problema della dipendenza da psicofarmaci e altre sostanze. "Ormai non credo più in nulla. Tengo duro solo per mia madre, ma ho già tentato il suicidio. La questione non è dove e da chi prendiamo gli psicofarmaci, ma perché li assumiamo". Le parole di Harun sottolineano come la solitudine e la mancanza di integrazione in un Paese straniero siano aspetti che giocano un ruolo chiave quando si parla di abuso di psicofarmaci nel percorso migratorio.

Nonostante infatti in alcune aree dei Balcani l’eccessivo ricorso agli antidepressivi sia radicato anche tra i cittadini - Grecia e Serbia hanno tra i livelli più alti di utilizzo di ansiolitici -, quando il problema coinvolge i migranti, l’assenza di una rete di supporto sembra essere determinante per l’instaurarsi di una dipendenza vera e propria.

A spiegarlo è anche la dottoressa Margherita Festini, che ha svolto un periodo di volontariato con l’associazione No Name Kitchen a Šid, una cittadina serba di poche migliaia di abitanti al confine con la Croazia. “Sviluppare un abuso da psicofarmaci è più facile in contesti di vulnerabilità, come lo è il viaggio sulla rotta balcanica, durante il quale le persone sono esposte all’isolamento, alla fatica e al dolore sia fisico che psicologico”.

Nei diversi racconti, il medicinale che ricorre con maggior frequenza è la Lyrica, il nome commerciale di un farmaco a base di pregabalin. “Insieme al clonazepam è quello più usato sulla rotta. entrambi dovrebbero essere usati prevalentemente come antiepilettici, ma sono spesso impropriamente prescritti come ansiolitici e quindi per calmare o fare dormire. Tuttavia, in Serbia ho assistito a prescrizioni che avevano come obiettivo quello di curare e non di sedare. Solo che in alcuni casi le dosi erano così massicce che gli effetti curativi erano annullati”.

Al contrario, poiché non c’è nessuno che effettui follow-up o che pianifichi percorsi di assistenza a lungo termine, le persone usano le pillole per sballarsi. “questo tipo di medicinali, in particolar modo la classe delle benzodiazepine, non dovrebbero essere assunti per più di dieci giorni perché creano dipendenza. Invece alcuni li prendono per molto più tempo. L'uso prolungato e l'assenza di piani terapeutici adeguati determina l'instaurarsi di una dipendenza ancora più critica, che si manifesta fisicamente con tremori e un costante desiderio della sostanza".

Lungo la rotta, il fenomeno dell’abuso cresce e si sviluppa anche al di fuori delle strutture ufficiali, come ad esempio attraverso reti di criminalità organizzata o nelle carceri. La larga distribuzione è inoltre facilitata dalle farmacie, che in molti casi vendono antidepressivi e tranquillanti senza ricetta. Ad Atene, nel noto quartiere dello spaccio di Omonia, un farmacista ci ha venduto senza chiedere alcuna prescrizione una scatola di Tramadol, un antidolorifico oppioide, e sono molte le voci che confermano che si tratti di un’abitudine diffusa.

“È molto facile acquistare queste pillole, non serve nessuna ricetta, basta avere i soldi per pagarle”, spiega Guhlem, un migrante bloccato in Grecia che ha visto le estreme conseguenze dell’uso di medicinali. “Una volta ho trovato in un container un uomo che si stava ferendo con un coltello, ho cercato di aiutarlo ma lui ha continuato finché non ha perso coscienza. Quando è tornato in sé, ho scoperto che era sotto l’effetto di alcune pillole”.

Secondo Guhlem, gli psicofarmaci danno alle persone la sensazione di poter affrontare meglio il difficile tragitto e di “camminare senza percepire più la stanchezza”. Ma affrontare in uno stato di alterazione psicofisica i fiumi, i dirupi, e gli altri complessi passaggi che si trovano lungo la rotta e in cui ogni anno muoiono decine di persone abbassa ulteriormente le possibilità di raggiungere indenni la fine del percorso.

Questo articolo ha ricevuto il supporto di “Investigativejournalism for Europe”

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