venerdì 27 maggio 2011
Un fenomeno di dimensioni «preoccupanti» che nasconderebbe un sommerso ancora «diffuso», specie tra le immigrate. Nell’annuale relazione al Parlamento del Ministero della Giustizia la denuncia di una piaga educativa e sociale.
- Piaga sempre aperta di Gianfranco Marcelli
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L’aborto delle minorenni è un fenomeno «sempre di preoccupanti dimensioni». Ma anche quello clandestino è tutt’altro che scomparso. Malgrado i pochi casi scoperti. Anzi, come segnalano vari procuratori, «l’esiguo numero di procedimenti non rifletterebbe la reale portata del fenomeno, che si presume invece essere diffuso e praticato anche in strutture sanitarie private, e riguarderebbe in misura sempre maggiore donne extra-comunitarie». È il doppio allarme lanciato dal Ministero della Giustizia nell’annuale «Relazione al Parlamento» che affronta i fenomeni degli aborti clandestini e di quelli delle minorenni autorizzati dal giudice.Ma vediamo i numeri. I procedimenti penali aperti presso le Procure nel 2010 per violazione della legge 194 sono stati 199 e le persone indagate 293. Il dato più alto dal 1995 dopo i 208 procedimenti del 2009. Il 46,7% dei casi è stato al Nord, il 20,1 al Centro, il 21,6 al Sud e l’11,6 nelle Isole. Secondo una tendenza di questi anni, come segnala il Ministero, è «marcata l’incidenza degli stranieri». Lo scorso anno «la percentuale sul totale delle persone iscritte presso le Procure è stata del 33,9%; tale incidenza risulta essere piuttosto elevata, soprattutto se si pensa che la popolazione straniera residente al 1° gennaio 2010 costituisce solo il 7% circa dell’intera popolazione». Ma se si restringe l’analisi alle sole persone che hanno commesso delitti di tipo esclusivamente doloso (il vero e proprio aborto clandestino), l’incidenza sale addirittura al 55,2%.Passando al tema delle minorenni, troviamo che sempre nel 2010 sono state 1.233 le richieste di autorizzazione all’aborto da parte di donne al di sotto dei 18 anni, il 47% al Nord, il 25 al Centro, il 22 al Sud e il 7 nelle Isole. Numeri che non accennano a diminuire. Erano state infatti 1.186 nel 2009. Come segnala il Ministero (sono queste le «preoccupanti dimensioni»), siamo di fronte quindi a una media dal 1989 a oggi di circa 1.300 richieste all’anno. E queste – lo ricordiamo – sono solo una parte degli aborti delle minorenni, quelli per i quali la ragazza si rivolge al giudice in mancanza dell’assenso dei genitori. Se, infatti, consideriamo invece anche i casi che vedono i genitori consenzienti arriviamo a più di 4.000.Ma torniamo agli aborti illegali e, soprattutto, alla crescente presenza delle immigrate. Due i motivi. «Secondo alcuni procuratori una parte degli stranieri coinvolti non è a conoscenza dei meccanismi socio-amministrativo-sanitari e penali della legge. Per ovviare almeno in parte a questa carenza informativa, essi propongono di adeguare i consultori pubblici in relazione al loro attuale bacino di utenza, ormai cambiato dal ’75 anche a causa del rilevante fenomeno dell’immigrazione». Ma poi c’è quella parte di stranieri «operante in ambienti di per sé malavitosi» che «violerebbe intenzionalmente la legge penale, istigando e favorendo l’aborto clandestino. Questo si verificherebbe in prevalenza nell’ambiente della prostituzione per eliminare gravidanze indesiderate, e le investigazioni, anche a causa delle condizioni di assoggettamento e di omertà proprie di questo tipo di ambiente, risultano spesso difficoltose». Ma altri procuratori denunciano come molti fatti «rimangano nascosti, anche perché gran parte delle forze di Pubblica sicurezza viene impegnata su altri fronti investigativi, quale ad esempio quello della criminalità organizzata, soprattutto al Sud».Particolarmente gravi le analisi del Ministero sul fenomeno degli aborti delle ragazze: «L’ambiente in cui si trovano le minorenni che maturano la terribile decisione è in genere abbastanza desolante, essendo spesso caratterizzato da gravi disagi all’interno della famiglia, soprattutto di tipo sociale (genitori separati, o in conflitto tra loro o con la stessa figlia) oltre che economico, dalla mancanza di dialogo e, a volte, anche dalla salute precaria di uno dei due genitori». Non basta: anche «i rapporti con il padre del concepito sono quasi sempre molto labili e a volte del tutto occasionali». Tutto ciò, denuncia il Ministero, «fa sì che la minorenne, anch’essa quasi sempre senza lavoro, non riesca a trovare in definitiva un sostegno morale né materiale». Dunque aborto come frutto del degrado sociale? Non solo. «Vi sono anche casi – si legge ancora – in cui la minorenne vive in un contesto socio-familiare positivo, caratterizzato anche da buoni rapporti con i genitori. Malgrado ciò, la ragazza non adduce espressamente nessun motivo particolare per voler abortire se non quello di rifiutare categoricamente il figlio avvertendolo semplicemente come un peso. Anche la possibilità di poterlo disconoscere sembra venire rifiutata a priori, quasi intendendo voler cancellare in modo radicale il problema senza nessuna possibilità di riesaminarlo per trovare una qualche soluzione». Situazione senza uscita? No. «Queste minorenni appaiono ferme e decise nel loro triste proposito ma, considerato il contesto positivo in cui vivono, sembrerebbe che un consiglio da parte dei genitori potrebbe forse aiutarle a ponderare maggiormente il problema». Ed è proprio quello che manca. Più del 60% delle ragazze non consulta nessuno prima delle decisione, il 37 solo la madre, e meno dell’1 entrambi i genitori. Il motivo? Soprattutto «timore» ma anche «mancanza di dialogo» e «conflitti tra gli stessi genitori».
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