Abbiamo aperto una strada per ripulire l'Italia
venerdì 8 dicembre 2017

Una notizia buona rallegra il cuore. Per essere veramente buona, però, la notizia deve essere vera. In questi giorni il direttore dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Mediterraneo ha presentato il risultato di una ricerca durata 4 anni: la Campania è oggi la regione più monitorata d’Italia, la stragrande maggioranza dei terreni agricoli sono buoni per la coltivazione; rendiamo grazie a Dio! Certo, il 'mondo scientifico' in questi anni ha lasciato molto a desiderare; le percentuali dei terreni agricoli inquinati, l’aumento delle patologie tumorali e altri dati hanno danzato meglio di una ballerina.

Conferme e smentite si sono fatte la corte come gli innamorati. Il popolo subiva e chi aveva qualche interesse, naturalmente, cavalcava la notizia che più gli interessava. Ma andiamo con ordine. La Campania paga all’Europa una salatissima multa giornaliera per essere stata incapace di smaltire adeguatamente la sua immondizia. Per questo motivo in uno dei territori tra i più fertili, il Giuglianese, sono state accumulate 6 milioni di tonnellate di rifiuti: un cimitero orripilante che emana fetori di ogni tipo e che per essere smaltito richiede non meno di 450 milioni di euro.

Di chi la colpa? Della politica locale e di quella regionale. 'Taverna del re' (questo il nome del sito) non è però l’unico: di questi 'tesoretti' in giro per la Campania ce ne sono tanti. I processi, le condanne, le dichiarazioni dei pentiti, le scoperte della Polizia forestale, il lavoro dei volontari hanno portato alla luce un mondo di affari e di corruzione. La Campania è stata la pattumiera dei rifiuti industriali di tante aziende del centro e nord Italia; i guadagni milionari hanno fatto cadere ogni remora: nelle campagne cumuli di rifiuti industriali bruciavano a tutte le ore. In un incontro con i ministri Galletti, Martina e Lorenzin si parlava di amianto. Il problema è grosso. Proposi: «Non si possono lasciare soli i cittadini soli a sostenere le spese dello smaltimento. Si assuma i governo quest’onere, lasciando ai cittadini le spese per la costruzione del tetto nuovo». Ricordo la risposta: «Ma il problema riguarda l’Italia intera, non solo la Campania».

Certo, ma è l’Italia che ci sta a cuore, non solo la Campania... E il problema delle acque? E quello della tracciabilità? Avevamo il sospetto che dalle nostre parti ci si ammalasse e si morisse di cancro più che in altre zone. Non abbiamo mai preteso di essere scienziati; al contrario, abbiamo sempre chiesto agli scienziati veri di aiutarci a capire che cosa stesse accadendo nella nostra terra. I medici di famiglia avevano la nostra stessa percezione. L’allora direttore del Pascale, l’Istituto specializzato nello studio e nella cura dei tumori, Tonino Pedicini, disse che negare il fenomeno non era più possibile: fu tacciato di allarmismo. Così come il generale della Forestale, Sergio Costa: con i suoi uomini, ovunque hanno scavato, hanno portato alla luce veleni di ogni tipo. A Calvi Risorta scoprirono la discarica più grande d’Europa: 25 ettari e due milioni di metri cubi di rifiuti industriali.

A Marcianise 22 pozzi d’acqua inquinati. L’allora ministro dell’Agricoltura, Nunzia De Girolamo, rimase scandalizzata da quello che vedeva. Tutto filmato, fotografato, registrato. Venne anche il ministro Renato Balduzzi; nel salutarmi nei pressi di una discarica abusiva mi disse: «Grazie. Siete degli eroi». Dopo di lui Andrea Orlando, all’epoca ministro dell’Ambiente, accolse il nostro invito. Dall’altare della mia parrocchia, a nome del governo, chiese perdono al nostro popolo per lo scempio che era costretto a sopportare. I vescovi campani hanno firmato due documenti per chiedere alle autorità competenti di fare presto. Se l’Italia oggi ha una legge sui reati ambientali lo dobbiamo anche ai coraggiosi volontari, alla Chiesa campana, al giornale che avete tra le mani. Papa Francesco ha dichiarato che l’ispirazione di scrivere la Laudato si’ gli è venuta dalla nostra sofferenza.

Oggi dalla Lombardia alla Calabria si sente dire: «Anche da noi c’è una terra dei fuochi». È vero. La terra dei fuochi non è un luogo, ma un fenomeno. Un braccio di ferro tra i disonesti e gli onesti. Una battaglia tra chi se ne infischia della terra e della salute della gente e chi si fa carico dei fratelli. Felicissimi che i suoli inquinati non inquinino i prodotti in superficie; ma vogliamo ricordare che la legge vieta di coltivare sulle discariche. E nel dubbio pretendiamo che venga osservato il principio di precauzione.

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