venerdì 24 aprile 2020
Il presidente emerito della Corte costituzionale: occorreva più cautela negli annunci. Non basta un Dpcm, serve una legge E i dati poi vanno distrutti
Mirabelli: l’app per legge e a tempo
COMMENTA E CONDIVIDI

«Intervenire si può, a patto che sia una misura di carattere temporaneo», avverte Cesare Mirabelli. Come «temporaneo deve essere anche l’utilizzo dei dati», sul modello di quanto previsto per le intercettazioni. Per il presidente emerito della Consulta sull’introduzione della app 'Immuni' occorreva maggiore cautela, «evitando effetti-annuncio». Ma se emergerà ora una pubblica utilità «facendone un uso proporzionato potrebbe diventare anche una misura obbligatoria».

Ma sarebbe stato meglio porsi prima questi problemi.
Sarebbe opportuno, in questi casi, essere meno precipitosi nella comunicazione. Si rischia di creare contraccolpi da cui poi è difficile uscire. Certo, non può essere esclusa una misura del genere di fronte all’esigenza di fronteggiare una grave epidemia. Ma va adottata con cautela, sia nei principi che nelle procedure.

Partiamo dai princìpi.
Un controllo degli spostamenti è ammesso dalla Costituzione per motivi sanitari. Ma serve allora un provvedimento con forza di legge: un Dpcm o il decreto di un’autorità indipendente o di un commissario non basta. L’altra limitazione che si pone, in ordine al diritto alla riservatezza, è la proporzionalità dell’intervento, la sua ragionevolezza rispetto all’obiettivo da perseguire. La tutela della salute è fra i principi inviolabili previsti dall’articolo 2, lo esplicita poi l’articolo 32, che la definisce un «fondamentale diritto dell’individuo». Ma c’è un dovere di solidarietà previsto dallo stesso articolo. E fra questi due principi (diritto alla salute, dovere di solidarietà) va operato il concreto il bilanciamento di interessi individuali e collettivi.

Cesare Mirabelli

Cesare Mirabelli - Gennari/Siciliani

In presenza, però, di un concreto rischio pandemia.
Certo, debbono essere misure strettamente funzionali all’obiettivo. In concreto, si ipotizza di tracciare gli spostamenti delle persone e di conoscere il loro stato di salute. Ma questo deve riguardare solo gli elementi finalizzati alla prevenzione dell’epidemia, esaminando in concreto il funzionamento degli strumenti tecnologici.

E qui si aggiunge il problema della volontarietà.
Attenzione: la misura, anche se volontaria, non può aggirare le garanzie costituzionali: il problema della riservatezza e della gestione dei dati resta. C’è l’esigenza di una temporaneità delle gestione di questi dati sensibili che va disciplinata dall’Autorità garante della privacy. Il problema che si pone, similmente a quanto accade per le intercettazioni, è l’incrocio fra i dati di chi ha fornito la sua disponibilità con quello di altri che non la hanno fornita.


La misura, anche se volontaria, non può aggirare le garanzie costituzionali. Ma se è una misura necessaria, anziché fingere che sia volontaria è meglio imporla, entro i limiti in cui può essere imposta. Se il sacrificio richiesto è proporzionale, se può funzionare solo con un’ampia adesione, a quel punto, forse, sarebbe meglio renderlo obbligatorio


Quindi?
Per questo serve una legge: non può essere la porta d’ingresso per introdurre il controllo degli spostamenti e dello stato di salute delle persone. Ma, vista la delicatezza del tema, è necessaria anche una periodica informativa al Parlamento che deve poter esercitare in concreto i suoi poteri di indirizzo e controllo.

Si ipotizza di subordinare lo spostamento da Regioni ancora sotto contagio all’accettazione di questa app.
Ma i confini regionali potrebbero essere un riferimento artificioso, forse servirebbe un criterio più flessibile, per comprensori, spesso a cavallo di più Regioni. In ogni caso, la politica non può pensare che sia la tecnica a vigilare sulla concreta attuazione.

Chi dovrà vigilare?
Più che comitati, che spesso complicano le cose, debbono vigilare da un lato l’Autorità garante della Privacy, e dall’altro una commissione parlamentare che vigili sull’adeguatezza, sulla proporzionalità e sulla ragionevolezza dei provvedimenti. Ma questo sarà possibile solo con l’adozione di una legge, che consente anche al Quirinale e alla Consulta di esercitare il loro potere di controllo. In questo modo potrà essere valutata un’interruzione della misura (con tutte le esigenze connesse di auto-distruzione dei dati) o se necessario, in seguito, una sua reintroduzione.

Serve una commissione ad hoc?
Potrebbe essere opportuna una commissione speciale per valutare tutti gli effetti relativi alla pandemia.

Ma condizionare la fruizione di alcuni diritti a questa app non può costituire un’obbligatorietà mascherata?
Non mi sembra una modalità percorribile. Perché metterebbe in relazioni soggetti che hanno effettuato opzioni diverse, e questo creerebbe sicuramente dei problemi. Se si tratta di un servizio che viene offerto è un conto. Ma se è una misura necessaria, anziché fingere è meglio imporla, entro i limiti in cui può essere imposta. Se il sacrificio richiesto è proporzionale, con tutte le garanzie, può funzionare solo con un’ampia adesione. E a quel punto, forse, sarebbe meglio renderlo obbligatorio.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: