Massimo ha perso due figlie. Dal dolore è nato un Campus per l'inclusione
Una morta per una malattia, l'altra in un incidente; il padre ha creato a sue spese un’area di 21 ettari tra Bologna e San Lazzaro, pensata per accogliere famiglie e persone fragili

C’è un dolore che paralizza e un dolore che trasforma. Massimo Di Menna, ingegnere, imprenditore e docente universitario bolognese, ha conosciuto il primo, ma ha scelto il secondo. In cinque anni ha perso due delle sue tre figlie: Maia, scomparsa nel 2020 a soli 12 anni per un tumore incurabile e Micol, morta nel 2023 in un tragico incidente stradale in Marocco. Due ferite impossibili da rimarginare, che avrebbero potuto spegnere ogni slancio. E invece, da quel dolore, è nato un progetto di vita e di speranza: il Campus dei Campioni. Situato su 21 ettari di terreno tra Bologna e San Lazzaro di Savena, il Campus è un’oasi di natura e inclusione. Dodicimila alberi, sentieri, animali selvatici, ma soprattutto spazi pensati per accogliere bambini, persone fragili, famiglie in difficoltà. Un luogo dove la memoria si fa impegno e la perdita si trasforma in dono. «È il sogno che avevamo con Maia e Micol», racconta Di Menna. «Un luogo dove chi è in difficoltà possa sentirsi accolto, valorizzato, parte di una comunità».
Per realizzarlo, non sono stati chiesti finanziamenti pubblici: il Campus è interamente frutto del lavoro, delle risorse e della capacità di fare rete di Di Menna e della sua azienda, Gruppo Ingegneria società benefit. Non è solo un centro ricreativo, ma un vero e proprio laboratorio di solidarietà. Al suo interno nasceranno un ristorante sociale, orti condivisi, spazi per la formazione, attività sportive e culturali. Tutto pensato per promuovere inclusione, autonomia e dignità. Il Campus è stato inaugurato il 13 settembre 2025, ma la sua storia è cominciata molto prima, nel silenzio di un lutto e nella tenacia di un padre che ha deciso di non arrendersi. «Non si tratta di superare il dolore», spiega. «Ma di dargli un senso. E quel senso, per me, è costruire qualcosa che resti, che serva, che faccia bene agli altri». L’area su cui sorge il Campus era una zona di tiro al piattello, poi abbandonata e trasformata in discarica abusiva. La bonifica ambientale è stata lunga e complessa: sette container di rifiuti rimossi, cinque anni di lavori e, infine, la rinascita.
Ma Di Menna non è nuovo all’impegno sociale. Con Gruppo Ingegneria, ha già ideato progetti come La Tana dei Saggi, una struttura di accoglienza per anziani e persone fragili, che contrasta la solitudine attraverso iniziative intergenerazionali. Ha sostenuto attività di supporto a senza dimora e famiglie in difficoltà. Il bene comune era già nel DNA della sua impresa, ma con il primo lutto — e poi il secondo — questa vocazione si è trasformata in una missione. Oggi, il Campus ospita attività di associazioni che si occupano di disabilità e inclusione sociale. Ci sono spettacoli e concerti gratuiti, laboratori educativi, aperitivi filosofici. Lo spazio è aperto a tutti, al servizio della comunità. In un tempo in cui la fragilità spesso viene nascosta o ignorata, la storia di Massimo Di Menna ci ricorda che la cura dell’altro può nascere anche dalle ferite più profonde. E che la speranza, quando si fa concreta, può diventare un bene comune.
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