L'imprenditore-coraggio che denunciò il pizzo per i lavori in chiesa

Il geometra Pasquale Saccà: l’ho fatto anche per la Calabria, non ho paura di ripercussioni. Il vescovo Oliva mi ha sostenuto pubblicamente
October 17, 2025
L'imprenditore-coraggio che denunciò il pizzo per i lavori in chiesa
Lavori in una chiesa della ditta di Pasquale Saccà / P.S.
«Io sono un uomo libero e difendo la mia libertà di imprenditore. L’importante è questo. Il mio è senso civico. E lo faccio anche per la mia terra, la Calabria e spero proprio che ora non ci siano conseguenze, perché sarebbe una nota molto negativa». È la forte motivazione del geometra Pasquale Saccà, titolare dell’omonima impresa di Taurianova, che è andato a denunciare la richiesta di “pizzo” fatta da inviati della ‘ndrangheta poi arrestati. La sua società sta eseguendo lavori di consolidamento sismico nella chiesa del SS. Rosario a Caulonia finanziati coi fondi del Pnrr assegnati alla Diocesi di Locri-Gerace.
E il vescovo, don Franco Oliva, ha sostenuto pubblicamente la decisione dell’imprenditore. «Sono molto importanti le sue parole - commenta l’imprenditore -. Il silenzio uccide e quindi più risonanza c’è e meglio è. Rappresenta uno stimolo. Monsignor Oliva si è assunto in prima persona questa responsabilità. Non ci ha mai lasciati soli, è sempre stato presente ancora prima che accadessero questi fatti. Ci chiamava, passava, ha fatto riunioni per conoscere lo stato dei lavori. È in trincea, in prima linea». L’impresa da 40 anni lavora con un’altra diocesi, quella di Oppido-Palmi anche su un palazzo confiscato alla ‘ndrangheta a Polistena che ora ospita il centro di aggregazione giovanile don Pino Puglisi della parrocchia di Santa Marina. Anche a Reggio Calabria ha lavorato su un bene confiscato che è stato poi utilizzato come archivio di Stato e anche nel palazzo di Giustizia.
Nella Locride, prima dell’attuale intervento, ha operato, sempre per la diocesi, nel famoso Santuario della Madonna di Polsi per il consolidamento dell’area museale, in quanto, dice il geometra con orgoglio, «eravamo una delle prime imprese del Sud che riusciva a fare le iniezioni sulle murature caotiche». Legalità e qualità. E ricorda che alcuni anni fa, in un’occasione simile, l’allora procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, dopo gli arresti di altri estorsori disse che «i lavori non solo sarebbero stati ultimati ma anche bene e nei tempi stabiliti. Era il cantiere per il recupero monumentale e strutturale del Fortino umbertino Poggio Pignatelli a Campo Calabro. Anche allora avevamo avuto delle richieste. Agli operai che stavano lavorando dissero di raccogliere tutto e andare via e di dire al titolare che era un grandissimo maleducato. Io sono andato subito a denunciare». Una scelta che viene da lontano. «La nostra è storia di tre generazioni. Prima nonno, poi papà e zio e poi io. Già quando ero piccolo c’erano questi problemi. Ci hanno tagliato le piante di agrumi e ulivo, incendiato il cantiere, bombe non esplose con la miccia. Ricordo il telefono che squillava. Ma non abbiamo mai pagato. La mia non è una forma di ribellione ma è dire no alle sofferenze che ha avuto mamma. Lei è morta per l’esaurimento nervoso causato da quello squillo del telefono di casa». Malgrado questo non ha mai avuto tutele e neanche ora, ma non si lamenta.
«La magistratura mi è stata molto molto vicina. Ne ho sentito la presenza. Ho sempre avuto fiducia nelle istituzioni. Sono andato direttamente in procura e ho parlato sia col procuratore Borrelli che con l’aggiunto Lombardo». Paura di conseguenze? «No. Invece ho avuto un sacco di telefonate e messaggi di sostegno. Non cambio certo idea». Con una profonda convinzione. «Fin da bambino ho avuto la fortuna e la sfortuna di conoscere il territorio, come agiscono i mafiosi, come si presentano, cosa vogliono. La mia famiglia, e in modo particolare mamma, questa cosa se l’è portata alla tomba. Quando lei è morta io le ho promesso: “Mamma ora che tu non ci sei io sarò un uomo libero”. Non posso che dire no a queste persone».
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