Il sindaco di Isernia e le notti in tenda per salvare l'ospedale
di Igor Traboni
Il “Veneziale” rischia di perdere anche i servizi essenziali a causa dei tagli e per la carenza di medici. Il primo cittadino Castrataro: l'organico è meno della metà di quello occorrente

Dalla scorsa notte Piero Castrataro, sindaco di Isernia, ha deciso di dormire in una piccola tenda sistemata proprio davanti all’ingresso del “Veneziale”, l’ospedale della città molisana che negli anni è stato già privato di alcuni reparti e servizi e che ora rischia concretamente di perdere quelli essenziali, sia per i tagli alla sanità pubblica sia per quella carenza di medici che, notoriamente cronica in tutta Italia, nel piccolo Molise arriva a toccare vette inusitate, poco o niente tamponate dall’arrivo di sanitari addirittura dal Venezuela e da Cuba.
«Oramai – prende a descrivere la situazione Castrataro, raggiunto poche ore prima dell’imbrunire e di infilarsi nella tenda per trascorrevi la prima notte di protesta – l’organico è meno della metà di quello necessario. Al Pronto soccorso ci sono 4 medici su 13; a radiologia, intesa come specialità per chi arriva proprio al Pronto soccorso o deve essere operato, siamo a 3 su 12. C’è un problema concreto anche dal punto di vista del rischio di chi arriva in ospedale e degli stessi sanitari che vi lavorano. E poi ci sono i tagli, alcuni già messi in atto: Ortopedia ha già chiuso, i reparti di Oncologia e Psichiatria funzionano a singhiozzo, solo per citare alcuni casi. Di altri tagli si sta discutendo in questi giorni, come ad esempio il mantenimento o meno del Punto nascita o del laboratorio di emodinamica a Isernia o a Termoli, altro ospedale molisano che, si badi bene, nessuno vuole che chiuda, ma rispetto al quale stiamo notando una attenzione maggiore».
L’ospedale “Veneziale” non è solo il punto di riferimento della città, ma di tutta la provincia di Isernia e quindi di più di 80mila persone, per molte delle quali, residenti in piccoli borghi di montagna, arrivare in questo nosocomio si rivela l’unica ancora di salvezza, dopo che anche il nosocomio di Agnone è stato fortemente depotenziato. Ma arrivare ad Isernia, spesso dopo ore di tragitto su strade ridotte a brandelli (altro problema non da poco) e non trovarvi neanche più un pronto soccorso, significherebbe un rischio concreto per la vita: «Non è concepibile che si chiudano o non si facciano funzionare a dovere i reparti salvavita – riprende allarmato il sindaco –. Noi non chiediamo servizi sanitari che possiamo anche fare altrove, ma non possiamo rischiare di morire ogni giorno. Qui c’è una mobilità passiva sanitaria enorme; ma se possiamo comprendere che questa migrazione investa patologie e specialità complesse e ad alto rischio, come ad esempio la cura dei tumori per la quale già ricorriamo a Roma, a Napoli o al nord, è inconcepibile non avere più neanche i servizi essenziali».
Castrataro introduce anche un altro tassello in questo quadro così poco idilliaco: quello dello spopolamento di tutto il Molise: «Da noi non se ne vanno solo i giovani per studiare o trovare lavoro, ma adesso cominciano ad andar via anche i loro genitori, preoccupati del fatto che, se si sentono male, dove vanno a curarsi? Sono gli stessi giovani che iniziano a dire: papà, mamma, venite da noi in un’altra città, in un’altra regione».
Il primo cittadino di Isernia ha intenzione di andare avanti con la sua clamorosa protesta fino a quando non avrà ottenuto risposte chiare, anche se la sanità regionale è commissariata da ben 16 anni e dai “Tavoli tecnici” al ministero della Salute finora è stato prodotto poco o nulla. «Qualcosa si potrebbe fare anche subito, ad esempio portando ad Isernia alcuni specializzandi di Radiologia dell’Università del Molise o mandando degli specialisti dall’ospedale di Termoli ad Isernia, almeno per alcuni giorni a settimana. Oppure gestendo meglio certe situazioni. Faccio un solo esempio: due settimane fa si sono rotti i cinque monitor di Cardiologia, di fatto bloccando il reparto nelle ore notturne, ma ci sono voluti i nostri ripetuti interventi sulla stampo locale per far sì che finalmente si muovessero dei tecnici per spostare i monitor da un reparto all’altro, rendendoli così operativi».
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