Il piano di riarmo della Ue da 800 miliardi: cosa succede adesso

I 5 punti in vista del Consiglio di domani. Da FdI un sì con riserva. In gioco anche le risorse per le aree depresse, gestite da Fitto. La premier andrà a Bruxelles con il peso del «no» di Salvini
March 4, 2025
Il piano di riarmo della Ue da 800 miliardi: cosa succede adesso
Ansa | La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen
Ottocento miliardi di euro, di cui 150 con un fondo finanziato con debiti comuni, per il riarmo dell’Ue. Il giorno dopo l’annuncio di Donald Trump sulla “pausa” agli aiuti a Kiev, Ursula von der Leyen precisa le grandi linee del suo piano “ Rearm Europe”. Un piano su cui al momento la premier Giorgia Meloni fa trapelare, attraverso i suoi “ufficiali di collegamento” a Bruxelles, un assenso politico di massima, senza però nascondere le perplessità sulla parte inerente gli investimenti. E con una dose di preoccupazione per il coinvolgimento, tra le risorse da reperire, pure dei fondi di Coesione, che per l’Italia hanno un valore strategico (e dossier che a Bruxelles è nelle mani del vicepresidente italiano, ed esponente di FdI, Raffaele Fitto). Ma il nodo, per il governo, è soprattutto politico: ieri sera, per provare ad arginare il «no» al piano gridato lungo tutta la giornata da Matteo Salvini, la premier ha convocato a Palazzo Chigi sia il capo della Lega sia l’altro vice, il capo di Forza Italia e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Un vertice che più fonti hanno definito «teso».
La premier non avrebbe in sostanza avuto da Salvini rassicurazioni su una linea più cauta da parte della Lega, almeno durante lo svolgimento del Consiglio Europeo straordinario di domani. Che si preannuncia combattuto. «Viviamo in tempi molto pericolosi - ha detto ieri Von der Leyen -. Non serve che descriva la grave natura delle minacce che affrontiamo o le conseguenze devastanti che dovremo sopportare se quelle minacce si realizzassero. Siamo in un’era di riarmo. E l’Europa è pronta ad aumentare massicciamente la spesa per la difesa ». Toni simili nella lettera ai leader in vista del Consiglio Europeo speciale di domani. « Il ritmo di cambiamento è sconcertante – si legge - e sempre più allarmante. Il futuro di un’Ucraina libera e sovrana e di un’Europa sicura e prospera è a rischio». Dunque, «l’Europa dovrà assumersi la responsabilità della propria deterrenza e della propria difesa». L’obiettivo non è una difesa comune Ue, che richiederebbe lunghissimi negoziati istituzionali tra i 27, ma un più rapido riarmo coordinato degli Stati. Il piano in cinque punti dovrebbe mobilitare 800 miliardi di euro. Anzitutto, con un fondo da 150 miliardi finanziato con titoli comuni Ue che fornirà prestiti a tasso agevolato agli Stati membri.
Una prassi di lunga data a Bruxelles, mentre sono esclusi sussidi a fondo perduto come nel Pnrr. Chi vuole, potrà usarli per fornire armi a Kiev. Per accedere ai prestiti, uno Stato dovrà presentare a Bruxelles un piano, agendo inoltre con almeno altri due Stati Ue (o con un altro Stato membro e l’Ucraina) per appalti congiunti. Spese ammesse: difesa aerea e missilistica; artiglieria; missili e munizioni; droni e sistemi anti-droni; protezione di infrastrutture critiche; mobilità militare; difesa contro cyber-attacchi, di intelligenza artificiale ed elettronica. Stesse categorie valide per un altro importante pilastro: l’attivazione della clausola di salvaguardia (la sospensione del Patto di stabilità) limitatamente alle spese di difesa. Però con un tetto dell’1,5% del Pil l’anno (per l’Italia 33 miliardi di euro) per quattro anni, per non agitare i mercati. Al massimo, sarebbero in tutta l’Ue 257 miliardi l’anno (ma Bruxelles ritiene più realistico un totale di 650 miliardi nei 4 anni. «Per non mettere a repentaglio la sostenibilità del debito – avverte però un alto funzionario Ue - queste spese aggiuntive nel tempo dovranno essere compensate nei bilanci nazionali aumentando le tasse o riducendo la spesa». Tra gli altri punti, la possibilità appunto di reindirizzare alla difesa i fondi di Coesione, la modifica dello statuto della Banca europea per gli investimenti, il completamento dell’Unione bancaria e l’unione dei mercati di capitale per attrarre capitali privati. Il pacchetto richiede un voto a maggioranza qualificata: nessuno avrà diritto di veto. Von der Leyen, dopo la presentazione domani al vertice straordinario, punta ad avviare in fretta l’attuazione.

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