Il “gioco di squadra” che ha fatto ripartire il cuore di Marco

Per la settimana della rianimazione cardiopolmonare oggi interviene alla Camera un 28enne che si è salvato mentre giocava a calcio grazie al defibrillatore e a interventi rapidi
October 16, 2025
Marco Tavčar ha 28 anni e può dire di aver iniziato una seconda vita: nell’estate 2024 durante una partita di calcio il suo cuore si è fermato ma poi ha ripreso a battere grazie ai soccorsi tempestivi
Marco Tavčar ha 28 anni e può dire di aver iniziato una seconda vita: nell’estate 2024 durante una partita di calcio il suo cuore si è fermato ma poi ha ripreso a battere grazie ai soccorsi tempestivi
«La mia fortuna deve diventare la normalità». Marco Tavcar ha 28 anni e può già dire di aver cominciato una seconda vita. Nell’estate del 2024, a Moraro, provincia di Gorizia, durante una partita di calcio a cinque si sente male. I battiti cardiaci sono altissimi. All’inizio si pensa a un colpo di calore. Sono due giocatori della squadra avversaria, i fratelli Andrea ed Alberto Morassi, ad intuire che può trattarsi di un arresto cardiaco. Poco tempo prima ad un corso avevano imparato le manovre di rianimazione cardiopolmonare. Mentre iniziano il massaggio cardiaco e l’allenatore allerta il 112, l’arbitro recupera il DAE, il defibrillatore automatico esterno istallato nel centro sportivo in cui si disputava il torneo. Due scosse e il cuore di Marco riprende a battere, ancora prima dell’arrivo dell’ambulanza, che pure riesce a raggiungere il campo in tempi brevissimi.
Di quei momenti Marco non ricorda nulla. Ha però voluto farsi raccontare dai suoi primi soccorritori ogni dettaglio, spinto dal desiderio di metterci la faccia per far crescere la cultura della prevenzione. «Nel mio caso la catena dei soccorsi è stata esemplare - riconosce -. Dovrebbe essere così sempre ed ovunque». Oggi sarà alla Camera dei Deputati a raccontare la sua storia, nell’ambito della tredicesima edizione di “VIVA!”, la settimana della rianimazione cardiopolmonare promossa da Italian Resuscitation Council (IRC), società scientifica che riunisce in Italia gli esperti di arresto cardiaco e rianimazione. Il nostro Paese dal 2021 si è dotato di una delle leggi più avanzate in Europa sull’utilizzo dei defibrillatori (la 116), eppure alcuni punti-chiave non sono applicati. Manca la formazione obbligatoria sul primo soccorso a scuola. Manca, soprattutto, l’introduzione di un’applicazione nazionale per cellulari che consenta ai cittadini di trovare il defibrillatore più vicino al luogo dell’emergenza. Solo alcune regioni virtuose – Emilia-Romagna, Marche e Friuli – attraverso le loro aziende sanitarie locali attivato un’App. «La velocità dei soccorsi in caso di arresto cardiaco è vitale, perché la possibilità di sopravvivenza diminuisce del 10% per ogni minuto che passa», sottolinea Andrea Scapigliati, presidente di IRC. «Per questo – ribadisce – è essenziale, oltre a una rapida attivazione del 112, insegnare a quante più persone possibili le manovre salvavita e l’utilizzo del defibrillatore». A marcare il bisogno è un recente studio sugli arresti cardiaci extraospedalieri in 28 Paesi d’Europa: a fronte di una media europea di sopravvivenza del 7,5%, l’Italia è ferma al 6,6%.
«I corsi sono alla portata di tutti», assicura Marco. Lui stesso ne aveva svolto uno prima dell’incidente e continua a frequentare gli aggiornamenti. Vero è che, per lavoro - è tecnico della prevenzione - era sensibile al tema. Ma quando le cose si vivono sulla propria pelle la prospettiva cambia. Dopo la diagnosi di cardiomiopatia, gli è stato installato un defibrillatore sottocutaneo e deve assumere quotidianamente un farmaco. «L’infermiera che mi seguiva mi disse che dovevo trattare la mia malattia come un figlio. Ora credo di aver capito cosa intendeva: è qualcosa che farà sempre parte di me, devo imparare a conviverci nel migliore dei modi». Se non può più calcare il terreno di gioco, non ha rinunciato alla sua passione: allena una squadra di ragazzini. «Racconto di me, cerco di sensibilizzarli: ognuno, facendo la sua parte, può essere determinante, anche solo chiamando il 112. In fondo, i soccorsi sono un gioco di squadra. Proprio come il calcio».

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