Dossetti, il silenzio di Dio e quella memoria tradotta nella Costituzione

Sei religiosi vennero uccisi durante l'eccidio, dopo aver dato protezione al popolo. Oggi quella lezione è patrimonio della Repubblica, grazie all'impegno del sacerdote che fu anche padre costituente
April 23, 2025
Dossetti, il silenzio di Dio e quella memoria tradotta nella Costituzione
Il cardinale Giacomo Biffi e don Giuseppe Dossetti nel 1985
Furono i preti a dire ai ragazzi di andare in montagna, in quei giorni. Era il modo per suggerire, a loro e alle loro famiglie, di scegliere la Resistenza e di andare ad arruolarsi con i partigiani. Ci furono parroci che, lungo la dorsale appenninica, ospitavano riunioni, offrivano stanze a quelli che erano stati i loro ragazzi: i ragazzi della chiesa e dell’oratorio. Li avevano conosciuti anni prima, se li ritrovavano nelle sacrestie che chiedevano: cosa dobbiamo fare? Poi ci furono i sacerdoti del sacrificio. A Marzabotto sono ricordati don Giovanni Fornasini, don Elia Comini, don Ubaldo Marchioni, padre Martino Capelli, don Ferdinando Maria Casagrande e suor Maria Fiori. Morirono decidendo di schierarsi con il loro popolo, come martiri. Morirono sulle chiese, davanti all’altare, nel cimitero dove vennero radunati in tanti alla fine, perché neppure i luoghi sacri rappresentarono uno spazio sicuro. La gente li ricorda ancora nelle vie intestate a loro e nelle lapidi commemorative, come «pastori e difensori» del popolo, con il quale condivisero le ultime preghiere e il martirio.
L’esercizio della memoria fu prezioso, in questo senso. Molto si deve a don Giuseppe Dossetti, già padre costituente e poi sacerdote della Piccola Famiglia dell’Annunziata, la comunità religiosa che si stabilì nelle terre dell’eccidio. Volle che quel posto di morte diventasse posto di preghiera, non prima di aver chiesto a tutta la comunità, locale e nazionale, di rielaborare in maniera collettiva quel lutto ineffabile, veicolando uno sforzo immane di conoscenza che arrivava da studiosi e testimoni dell’epoca: così si rese omaggio a quei 770 morti, si scoprì cosa facevano e perché erano finiti in quella tragica pagina di storia. Fu un viaggio, quello nella memoria, che fece i conti con il piano d’annientamento studiato a tavolini dalle Ss tedesche: uomini, donne e bambini non erano considerate persone, ma sub-umani, alla stregua di oggetti da distruggere secondo la logica dell’odio atavico.
«Non restare in silenzio, mio Dio» scrisse Dossetti nell’introduzione al libro di Luciano Gherardi “Le querce di Monte Sole” pubblicato nel 1986. Gli fu subito chiaro che sarebbe stato necessario negli anni «l’impegno per una lucida coscienza storica», con l’obiettivo di «rendere testimonianza in modo corretto degli eventi». Era una «memoria espressa, non occasionale ma costante», una «memoria della Chiesa» quella che veniva indicata come traguardo di un percorso.
Lo stesso Dossetti, anni prima, aveva elaborato l’articolo 11 della Costituzione, con quella parola «ripudio», fortissima, che alza un muro contro le teorie della guerra come mezzo di offesa e di risoluzione delle controversie internazionali. «La pace più profonda è diffusiva, quello che ha nel cuore l’uomo si trasmette, anche in silenzio» diceva. Era la fine dell’idolatria delle armi, era il segnale che per l’Europa poteva aprirsi finalmente, dopo la stagione dei conflitti mondiali, un’epoca di pace duratura. Quella che inconsapevolmente siamo tornati a cercare oggi.

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