Carta e riciclo, Italia tra i leader europei. Pesa la burocrazia
Nel 2024 il nostro Paese ha prodotto 6,8 milioni di tonnellate di carta e ha superato gli obiettivi Ue 2025 e 2030 nel recupero di imballaggi cellulosici. Unirima: «Urgente semplificare le procedure»

C’è un settore in cui l’Italia continua a distinguersi in Europa, nonostante l’incertezza economica e politica del contesto internazionale: la filiera del riciclo e della produzione di carta da macero. Un comparto che supera ampiamente i target fissati dall’Unione europea e genera un fatturato complessivo di circa 4 miliardi di euro. Lo evidenzia il nuovo rapporto di Unirima relativo al 2024, secondo cui l’Italia è il secondo produttore europeo, dopo la Germania, di carta da macero, cioè il materiale ottenuto dalla trasformazione dei rifiuti cellulosici in “end of waste” destinato alle cartiere.
Nel 2024 la produzione nazionale ha raggiunto 6,8 milioni di tonnellate, in lieve calo (-0,8%) rispetto al 2023. Il tasso complessivo di riciclo della carta si conferma elevato e si attesta all’85,8%, mentre quello degli imballaggi al 92,5%. Non si tratta di un risultato isolato: negli ultimi cinque anni le percentuali di riciclo degli imballaggi cellulosici sono rimaste stabilmente sopra gli obiettivi europei previsti non solo per il 2025 (75%), ma anche, con anticipo, per il 2030 (85%). Il consumo complessivo di carta da macero è aumentato del 4% rispetto al 2023, arrivando a 5,2 milioni di tonnellate. Di queste, 4,9 milioni provengono dalla produzione nazionale e 0,3 milioni dall’import, principalmente dagli Stati Uniti. A diminuire è stato invece l’export, penalizzato dalle tensioni geopolitiche che influenzano gli scambi marittimi. Nonostante la flessione, nel 2024 sono stati esportati 1,9 milioni di tonnellate di carta da macero, confermando il trend ultraventennale che ne vede l’Italia esportatore netto. L’India è stato il nostro primo partner commerciale, seguita da Indonesia, Austria, Vietnam e Germania.
Negli ultimi anni il mercato della carta da macero ha vissuto una volatilità senza precedenti. Dalla chiusura del mercato cinese nel 2017 alla pandemia di Covid-19, fino alla crisi energetica legata al conflitto ucraino, le quotazioni hanno registrato picchi e crolli improvvisi. A incidere anche la progressiva conversione dell’industria cartaria verso gli imballaggi cellulosici, trainata dall’e-commerce e dal graduale abbandono della plastica. I dati del primo semestre 2025 confermano questa fase di instabilità: dai valori massimi di aprile di 115 euro a tonnellata si è scesi ai minimi di 50 euro di settembre.
Per il presidente di Unirima, Giuliano Tarallo, il settore rappresenta «un modello di economia circolare che contribuisce in modo determinante agli obiettivi ambientali del Paese». Un risultato che, come spiega il rapporto, si deve alla capillare distribuzione degli impianti sul territorio e alla loro vicinanza ai luoghi di produzione dei rifiuti. Allo stesso tempo Tarallo individua l’ostacolo principale allo sviluppo del comparto: «i costi burocratici rischiano di paralizzare le aziende, sottraendo risorse a investimenti e innovazione». A gravare sulla gestione non è solo il peso economico della burocrazia, ma soprattutto il dispendio di tempo ed energie e l’incertezza generata da norme spesso di difficile interpretazione. Oltre il 90% delle imprese censite da Unirima ha la percezione che l’onere burocratico sia aumentato «in modo significativo» o «moderato» tra il 2022 e il 2024. Tra le aree più problematiche figurano gli adempimenti ambientali, indicati da oltre la metà degli intervistati, che comprendono modelli unici di dichiarazioni, autorizzazioni e sistemi di gestione per qualità e ambiente. «È urgente semplificare le procedure e garantire regole più chiare e stabili», conclude Tarallo.
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