giovedì 7 febbraio 2019
Viaggio nelle periferie di Bologna, tra le centinaia di ragazze nigeriane e dell’Est obbligate a vendersi. Un progetto della Comunità Papa Giovanni XXIII e del Comune
Tratta, una rete per combatterla
COMMENTA E CONDIVIDI

«La prostituzione in strada è diffusa in modo capillare a Bologna». Ha bene in mente la mappa della tratta Nicola Pirani, referente del progetto 'Oltre la Strada' per la Comunità Papa Giovanni XXIII che, dal 1996, insieme al Comune di Bologna e ad altre associazioni tenta di strappare giovani vite alla mercificazione sulle strade cittadine. «L’anello dei viali è costellato di donne che si prostituiscono di notte: le macchine dei clienti inchiodano e causano spesso incidenti – racconta Pirani –. Da Porta Lame a Borgo Panigale sono tutte ragazze dell’Est Europa. Lungo la via Emilia sono presenti anche di giorno, così come in Fiera e in zona Stalingrado, dove si sono attrezzate addirittura coi camper. Alla Fiera si trovano anche transessuali e marocchine. In via Rigosa e alla Certosa cominciano le nigeriane, che sono anche a Corticella».

La carta geografica è completa, non c’è periferia esente: «Questa spartizione sussiste sempre uguale a se stessa da almeno 20 anni: è la prova che le sfrutta una mafia ben radicata ». Nel 2018 la Papa Giovanni ha accolto 21 ragazze, che si sono sommate alle 20 che restavano in carico dall'anno precedente: «A Bologna le africane sono circa la metà delle 120 che escono in strada ogni giorno; seguono rumene e albanesi. In Emilia Romagna sono 2.500».

Latifah, nome di fantasia, è stata convinta a venire in Italia dalla Nigeria con la prospettiva di un lavoro, per poter aiutare la sua famiglia: «Le scelgono nei villaggi più sperduti, più poveri; sono analfabete, un peso per la famiglia che non si fa troppe domande sulla sorte delle figlie, basta che mandino soldi a casa. A Latifah hanno detto che doveva pagare 35.000 euro per il viaggio, che avrebbe restituito lavorando, facendo le pulizie. Non aveva idea del valore dell’euro, pensava che sarebbe stato sufficiente un mese di lavoro. Non sapeva nemmeno dove fosse geograficamente l’Europa: la credeva confinante con la Nigeria».

Appena arrivata nel Centro di accoglienza è stata avviata alla prostituzione: «Le africane si volatilizzano quasi subito dai Centri: di 800 passate dall’hub di via Mattei, 600 si sono subito rese irreperibili. Non sappiamo ancora gli effetti del Decreto sicurezza su questo, ma occorre vigilare», osserva Pirani. Ricompaiono dopo mesi davanti alla Commissione per la richiesta di protezione umanitaria: «Raccontano storie inverosimili, non hanno imparato l’italiano: la commissione le individua subito. In patria sono state sottoposte al rito vudù, sono terrorizzate». Poi c’è Julia, altro nome di fantasia, stavolta ungherese.

«L’abbiamo incontrata che aveva 36 anni e si prostituiva da quando ne aveva 16 – dice Pirani –. A portarla in Italia è stato quello che pensava fosse il suo fidanzato: le aveva promesso una bella casa, una famiglia, un lavoro. È stato un cliente che si era innamorato a convincerla a farsi aiutare da noi. Non voleva accettare l’idea che il suo compagno di vita fosse in realtà un magnaccia, era completamente soggiogata, pensava fosse una storia esclusiva mentre lui controllava 5-6 ragazze». «Le ragazze dell’Est partono quasi tutte per amore, ancora adolescenti, ingenue, romantiche. Quando capiscono, vengono ricattate: 'Faremo vedere le tue foto nuda ai tuoi genitori', dicono gli sfruttatori. A Julia ho chiesto: che lavoro vorresti fare? Non sapeva rispondere, si era sempre solo prostituita».

Una soluzione? «Punire i clienti, oltre agli sfruttatori. È inconcepibile che si possa multare uno che compra una borsa 'taroccata', ma non un cliente di prostitute – sostiene Pirani - . La diocesi di Bologna, tramite la Caritas, che dispone dei fondi del progetto Cei 'Liberi di partire, liberi di tornare', finanzia tre posti in accoglienza all’associazione l’Albero di Cirene e il supporto psicologico alle vittime di tratta: solo facendo rete è possibile cercare di aiutare queste ragazze, ma è davvero difficile».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI