sabato 22 aprile 2023
La decisione dell’Aifa (che dovrà essere ratificata la settimana prossima) costerà allo Stato 140 milioni di euro all’anno. Associazioni e politica all’attacco: «È così che si promuove la natalità?»
Venerdì sera il Comitato prezzi e rimborsi dell’Aifa ha deciso di rendere gratuita la pillola anticoncezionale per le donne di tutte le età

Venerdì sera il Comitato prezzi e rimborsi dell’Aifa ha deciso di rendere gratuita la pillola anticoncezionale per le donne di tutte le età - Archivio

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Viene salutata come una svolta in tema di uguaglianza. In particolare per le donne, che sarebbero messe nelle condizioni di «tutelare appieno la propria salute». Tanto potere avrebbe la pillola anticoncezionale, che il Comitato prezzi e rimborsi dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha deciso di renderla gratuita in tutte le Regioni italiane – anche se di fatto lo era già in Puglia, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana, oltre alla Provincia autonoma di Trento – con una spesa stimata per lo Stato di circa 140 milioni di euro all’anno. Eppure la scelta, che settimana prossima dovrà essere ratificata dal Consiglio di amministrazione dell’Aifa, solleva già in queste ore non pochi dubbi e critiche. Anche perché presa piuttosto in controtendenza rispetto alle intenzioni del governo, che sin dal suo insediamento ha sottolineato come i (pochi) fondi a disposizione avrebbero dovuto essere prioritariamente impiegati per dare impulso alla natalità, visto che il 2022 ha segnato l’ennesimo record negativo dall’Unità d’Italia con 393mila nascite.

Prima a scagliarsi contro la decisione, Pro Vita & Famiglia, che bolla come «grave e pericolosa» la decisione: Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo, si è chiesta come sia possibile «conciliare la pillola contraccettiva libera e gratuita come panacea di tutti i mali, senza sottolineare i gravi effetti collaterali fisici e psicologici che possono portare fino a depressione e istinti suicidari» e «invitare le ragazzine a bombardarsi di ormoni». Si dice «sconcertato» anche Massimo Gandolfini, leader del Family Day, perché è una scelta che «va nella direzione opposta rispetto al problema della denatalità» con importanti risorse che «potrebbero essere allocate invece per alleviare le gravi condizioni di famiglie con figli disabili che hanno necessità di farmaci costosissimi non forniti gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale». Un tema condiviso anche dal network di associazioni “Sui tetti” e dal Moige, il Movimento Italiano Genitori, che arriva a dire che l’Aifa «discrimina chi fa i figli: «Si aiuta – secondo il direttore Antonio Affinita – chi non vuole avere figli, ma ci si dimentica delle famiglie. Noi vogliamo eguale gratuità per le spese diagnostiche e terapeutiche per i figli visto che la natalità è la vera emergenza nazionale». A chiedere all’Aifa di fare un passo indietro è poi la senatrice di FdI Lavinia Mennuni perché «ben altre» sono le priorità sociosanitarie, come appunto la natalità e il sostegno alla famiglia. È la stessa esponente di FdI a ricordare che ad assumere la decisione sono stati «i vertici in scadenza dell’Aifa», mentre è un compito che «compete alla politica».

Di opposto tenore il commento del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Filippo Anelli: «Un provvedimento condivisibile, riduce le ineguaglianze e rende le donne uguali davanti alla salute». Lo ha salutato con un: «Finalmente! Una decisione che stavamo aspettando» la senatrice del Pd Cecilia D’Elia. Le fa eco Marta Bonafoni: «Un passo avanti importante a cui, però, deve seguire per la piena attuazione la convalida da parte del Cda dell'Aifa, cosa che spero possa accadere il più presto possibile». E anche per la capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera Luana Zanella è «una decisione attesa e giusta» che «rafforza l’autodeterminazione delle donne». Parla di «ritorno al futuro» il presidente dell’Aied, Mario Puiatti. «Fino al 1993, ovvero fino a trent’anni fa – ricorda – la contraccezione era già gratuita, e questo ha contribuito anche alla sua conoscenza e diffusione tra le donne italiane». E chiede di potenziare i consultori perché «devono essere pronti ad assistere soprattutto le adolescenti che vogliono usare la contraccezione orale».

Già, i consultori, la prima (e ormai quasi unica) linea del fronte quando si parla di sessualità e ragazzi, e quelli che però sulla decisione dell’Aifa sono altrettanto perplessi: «Incontriamo giovani sempre più disorientati sul tema – spiega la presidente di quelli cristiani, Livia Cadei – e questo annuncio può avere purtroppo solo il risultato di accorciare e per così dire appiattire il tempo del loro pensiero: “basta una pillola”, stiamo dicendo alle ragazze, “così pensiamo alla tua salute”. Eppure bloccare la ciclicità ormonale di una adolescente non è un regalo per la sua salute e nemmeno una passeggiata». Senza contare che staccare la ricetta – la prescrizione medica per la pillola, naturalmente, resta sempre necessaria – «porta via 5 minuti a un ginecologo o a un operatore sanitario, spiegare a una giovane donna che cos’è il suo corpo, perché e come trattarlo, molto di più». Il punto allora è l’educazione alla sessualità, che manca drammaticamente nel nostro Paese: «C’è una sistematica riduzione di questa sfera alla genitalità pura e un azzeramento del tema della generatività sconfortante» ammette Cadei, che quei 140 milioni di euro all’anno li riserverebbe a percorsi di dialogo e di confronto coi ragazzi e le ragazze. Oltre la pillola, c’è di più.

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