sabato 21 ottobre 2017
L’affermazione del sì ridimensionerebbe i sovranisti a vantaggio del patto Forza Italia-Lega Democratici divisi: partito per l’astensione, i sindaci quasi tutti per il sì
Roberto Maroni

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A poche ore dal voto per il Referendum per l’Autonomia il governatore lombardo Roberto Maroni schiaccia sull’acceleratore tracciando già le principali tappe che potrebbero portare la Lombardia ad avere più competenze e risorse. La trattativa, in caso di vittoria dei sì, secondo Maroni si potrebbe aprire prima di Natale così che il governo possa rispondere entro febbraio e prima della fine della legislatura.

Ma più che l’Italia, l’esito del Referendum consultivo lombardo per l’Autonomia, in agenda per domani, rischia prima di dividere e poi di ricomporre in modo diverso il centrodestra, il tutto a pochi mesi dal voto per il rinnovo del Consiglio regionale e del Parlamento.

Lo scontro tra la Lega Nord e la Lista civica che fa riferimento al governatore Roberto Maroni e i cosiddetti 'sovranisti' (capeggiati da Fratelli d’Italia e da alcune frange della stessa Lega) potrebbe mandare in pezzi l’attuale centrodestra che governa la Regione più ricca d’Italia e che progetta di ripresentarsi unito alle prossime regionali e politiche. Almeno è questa l’impressione che si raccoglie sul territorio. Insomma, l’idea di Silvio Berlusconi e di Roberto Maroni di ricostruire un centrodestra largo - cementato mercoledì con una conferenza stampa insieme – sulla falsa riga di quella 'Casa delle libertà', che proprio con le regionali del 2000 in Lombardia vinte con Roberto Formigoni ebbe il suo battesimo - passa prima dalla prova del referendum lombardo-veneto.

Ma la situazione rimane fluida. Negli scorsi giorni la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ave- va inviato i propri militanti all’astensione. Un fatto che prima ha comportato la rottura del sodalizio 'sovranista' con il capo del Carroccio Matteo Salvini e poi la dura reazione di Maroni. «Parole gravi», le ha definite il governatore lombardo. «L’alleanza in Lombardia per le prossime regionali? A questo punto è da valutare…», ha detto sibillino l’ex ministro dell’Interno. Meloni tuttavia ha toccato un nervo scoperto della Lega Nord e di Maroni: l’incognita affluenza, l’unico parametro che davvero potrà dare consistenza politica alla consultazione. Anche perché da questo parametro dipenderanno i rapporti di forza all’interno del centrodestra e la concretezza della sfida a Movimento cinque stelle e Centrosinistra alle regionali e alle politiche. E ad oggi capire la possibile affluenza è davvero difficile. Sul sì a referendum comunque nel perimetro del centrodestra si stanno aggregando anche le formazioni minori seppur con dei distinguo.

Dai centristi di Ap, a Idea di Gaetano Quagliariello a Energie per l’Italia di Stefano Parisi. Ma il referendum in Lombardia ha messo in crisi anche il Partito democratico, che si è diviso. Infatti, l’offensiva autonomista di Maroni a pochi mesi dal voto ha mandato il tilt il Pd. I vertici regionali, capeggiati dal segretario lombardo Alessandro Alfieri e dal capogruppo a Palazzo Pirelli Enrico Brambilla hanno invitato all’astensione, definendo la consultazione «inutile » e «costosa».

Molti amministratori locali del centrosinistra come il sindaco di Milano Beppe Sala e quello di Bergamo Giorgio Gori - tra l’altro candidato per i dem alle prossime regionali - invece hanno dichiarato che voteranno per il «sì». Diversa invece la posizione del Movimento cinque stelle, che a suo tempo con i suoi voti, ha permesso assieme al centrodestra che la consultazione si tenesse (serviva il consenso dei 2/3 del Consiglio regionale).

Ma la posizione dei grillini è più articolata e se da un lato appoggiano la consultazione dall’altro criticano Maroni, reo di essersi intestato il referendum. «Maroni fa esattamente lo stesso errore che fece Renzi intestandosi il referendum costituzionale – conclude il consigliere regionale M5s Stefano Buffagni –. Il Movimento cinque stelle è favorevole a questa consultazione, che non era obbligatoria ma che secondo noi è necessaria per dare un mandato popolare apartitico a chiunque sarà il prossimo governatore delle Regione per trattare l’intesa con il governo. Per noi, far esprime i cittadini non è mai uno spreco».

Ma quali possono essere i vantaggi economici per la Lombardia se mai un giorno si aprisse una trattativa per il trasferimento di alcune competenze con lo Stato? «Minimi», ha detto l’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni che anni fa aveva fatto un percorso analogo ma poi bocciato dal governo Berlusconi. Ma Maroni insiste dicendo che la via per avere più risorse è il regionalismo.

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