mercoledì 28 giugno 2017
Il giovane, condannato per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi avvenuto nel 2007, resta in carcere: per lui non ci sarà un processo di appello ter
Alberto Stasi

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È stata confermata la condanna per Alberto Stasi. Resta in carcere e per lui non ci sarà un processo di appello ter. Lo ha stabilito la Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso dei suoi avvocati per una riapertura del caso. Stasi sta scontando la condanna a 16 anni di reclusione per l' omicidio della fidanzata Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco, nel pavese, il 13 agosto 2007.

Nel ricorso, depositato il 24 maggio scorso e firmato da Stasi e dal difensore Angelo Giarda, si chiedeva la revoca della sentenza definitiva e di "rilevare l'errore di fatto", in assenza del quale "l'esito decisorio sarebbe stato differente". Un errore che ha leso, a dire della difesa, "il diritto ad un equo processo" sancito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Testimonianze che vanno dal Dna della vittima trovato sui pedali della bicicletta dell'imputato, all'impronta di Stasi sul dispenser del portasapone; dal risultato della perizia sulle tracce di sangue sul pavimento di casa Poggi fino al racconto di chi varcò per primo la soglia della villetta di via Pascoli.

Una richiesta a cui sia il pg che i legali di parte civile si sono opposti sottolineandone l'inammissibilità perché la sentenza definitiva si fonda sui nuovi dati probatori "acquisiti nel relativo giudizio, attraverso i quali i numerosi indizi già esistenti hanno finito per integrarsi, senza alcuna rivalutazione dell'attendibilità delle testimonianze già acquisite in fase di indagine o in primo grado". In sostanza dei 19 testimoni chiesti dalla difesa, sostiene l'accusa, nessuno risulta determinante per la sentenza che ha condannato in via definitiva Stasi; dunque nessuna violazione c'è stata nei suoi confronti.

Il lungo processo e i colpi di scena

La decisione della Cassazione chiude un lungo processo che ha visto più colpi di scena: dopo una doppia assoluzione è stata proprio la Suprema Corte, nell'aprile 2013, a rimandare gli atti ai giudici milanesi chiedendo una rilettura "complessiva e unitaria degli elementi acquisiti". Le nuove prove raccolte nel processo d'appello bis determinano la condanna a 16 anni per Alberto Stasi, pena confermata in via definitiva il 12 dicembre 2015 e che lo portano dietro le sbarre del carcere milanese di Bollate.

Contro di lui un mosaico di prove: le impronte sul dispenser portasapone nel bagno dei Poggi, il Dna trovato sui pedali della bicicletta sequestrata, un alibi che non lo elimina dalla scena del crimine", l'impossibilità di non sporcarsi le scarpe sul pavimento di casa Poggi e, "come l'assassino, calza scarpe numero 42". Inutile il recente tentativo della difesa di Stasi di riaprire il processo puntando il dito contro un nuovo sospettato: gli elementi racconti contro Andrea Sempio si dimostrano inconsistenti e la posizione del giovane di Garlasco viene archiviata. Dopo la bocciatura di oggi da parte della Cassazione, Stasi resta in carcere.

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