martedì 1 novembre 2022
Droga, estorsioni, ricatti all'Inter e racket dei parcheggi, omertà, controllo degli spalti e intimidazioni: dall'inchiesta sull'omicidio dell'ex capo ultras emerge il profilo di una rete organizzata
Il 69enne Vittorio Boiocchi, storico capo ultras dell'Inter, è stato ucciso a Milano il 29 ottobre. L'uomo, pregiudicato, è stato centrato da diversi colpi di arma da fuoco

Il 69enne Vittorio Boiocchi, storico capo ultras dell'Inter, è stato ucciso a Milano il 29 ottobre. L'uomo, pregiudicato, è stato centrato da diversi colpi di arma da fuoco - Ansa

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Estorsioni, traffico internazionale di stupefacenti, associazione a delinquere, porto e detenzione illegale di armi. E ancora: racket dei parcheggi e dei paninari davanti allo stadio, fino all’ultimo caso, oggetto di un’indagine in corso, di un presunto ricatto all’Inter per la compravendita dei biglietti.

Sono tante le piste da seguire e molteplici gli interessi criminali da ricostruire per capire chi ha deciso che Vittorio Boiocchi, capo ultrà della Curva Nord dell’Inter, 69 anni, 26 dei quali trascorsi in carcere, doveva morire. Un’indagine, quella della squadra Mobile di Milano, diretta da Marco Calì, coordinata dal pm Paolo Storari, che, per arrivare ai killer di Boiocchi, potrebbe passare dallo scoperchiamento del business criminale che ruota attorno al tifo organizzato: un presumibile sistema integrato che va dal merchandising alla rivendita dei biglietti, dal controllo dei parcheggi e delle piazzole per i paninari al traffico di droga (non tanto perché viene spacciata sugli spalti, ma perché è lì che si prendono i contatti e le ordinazioni, si formano le rubriche).

Cosa che invece finora non è riuscita con l’altra indagine fotocopia, sul tentato omicidio di Enzo Anghinelli, broker della droga contiguo agli ambienti della tifoseria organizzata milanista, e miracolosamente sopravvissuto a un agguato nel quale gli spararono al volto dal finestrino dell’auto mentre era fermo al semaforo in via Cadore. Finì in coma e, una volta uscitone, non parlò mai. Anche a Boiocchi, come ad Anghinelli, è stato teso un agguato per strada da due sicari in moto, che non hanno brillato per la precisione di tiro: 5 colpi di calibro 9 e uno a segno per il broker milanista. 5 colpi di 9x21, due a segno e presumibilmente uno mortale, nel caso dell’ex capo ultrà interista, freddato davanti al cancello condominiale, in via Fratelli Zanzottera, a Figino. I movimenti del 69enne erano limitati per via della misura di sorveglianza speciale che gli imponeva di tornare a casa entro le 22, oltre al divieto di frequentare gli stadi. Ma i suoi sicari quasi certamente sapevano anche dove si trovava prima della partita a San Siro, nel luogo più vicino all’Inter in cui il vecchio ultrà si poteva spingere da sorvegliato speciale: il Baretto davanti allo stadio, tradizionale luogo di ritrovo della tifoseria neroazzurra. Di conseguenza potevano anche sapere che sarebbe rientrato a casa prima del fischio d’inizio e della chiusura dei cancelli, come in effetti fece, alle 19.45, accompagnato in scooter da un giovane tifoso, che l’ha lasciato davanti al cancello.

Boiocchi si vantava di incassare 80mila euro al mese dal pizzo sui parcheggi. Il suo nome è spuntato diverse volte nelle carte un’inchiesta della procura di Milano con l’ipotesi, solo ventilata, di possibili ricatti alla società nerazzurra. Nel 2019 menò un pugno al leader rivale di curva Franco Caravita (già convocato in questura, non ha parlato), poi si sentì male e i due rivali di fede neroazzurra si fecero un selfie in ospedale siglando la pace con il dito medio alzato. Solamente un anno fa Boiocchi si fece pizzicare su un auto rubata con taser, manette, coltello e pettorina delle Gdf. Risultò coinvolto nell’estorsione da due milioni a un imprenditore: «Io voglio i miei 250 immediatamente», disse alla figlia in un’intercettazione. Insomma non proprio un personaggio che praticava la regola aurea di quegli ambienti: tenere il profilo basso. Probabilmente il movente è da ricercare proprio lì: era diventato ingombrante.

Oltre a Caravita, in questura hanno sfilato Nino Ceccarelli (leader dei Viking già arrestato nel 2019 per gli scontri prima di Inter-Napoli in cui morì Daniele Belardinelli), Andrea Beretta e Renato Bosetti. Tutto il Gotha della curva ha rispettato la consegna del silenzio oppure ha detto cose irrilevanti per gli investigatori della sezione Omicidi, diretta da Domenico Balsamo. Tra le persone sentite dai poliziotti anche la moglie di Boiocchi, anch’essa sottoposta a sorveglianza speciale.

Oltre all’indagine della Mobile per omicidio, la Digos sta indagando sui presunti episodi di violenza e di intimidazione riportati su Twitter da diversi tifosi interisti costretti a abbandonare la Curva dagli ultras, i quali hanno ammainato gli striscioni e deciso lo sgombero coatto degli spalti in segno di rispetto al loro leader morto (una delegazione di una trentina era andata al San Carlo a vegliare la salma).

Ieri, 48 ore dopo, l’Inter ha condannato «con fermezza qualsiasi episodio di coercizione», e ha messo a disposizione filmati e contatti di persone che hanno subito le intimidazioni alla Digos. Gli investigatori stanno controllando le immagini e contattando le persone per verificare quanto è effettivamente accaduto l’altra sera sul secondo anello ed accertare eventuali profili di reato.

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