lunedì 25 agosto 2014
​Il Custode di Terrasanta all'incontro inaugurale: le comunità religiose facciano sentire la loro voce
IL MESSAGGIO DEL PAPA «Cristiani realisti con lo sguardo sull'essenziale»
Il programma: meno politica più testimoni
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Solo una reazione corale di tutte le confessioni religiose fermerà l'Isis. Ma i musulmani sono ancora "timidi". Parola di Pierbattista Pizzaballa, il Custode di Terrasanta che al Meeting di Cl invoca unità per la pacificazione del Medio Oriente, ma anche interventi che creino "prospettiva di sviluppo" per quella regione dove "i vecchi modelli sono saltati e non si capisce come saranno i nuovi". Il francescano arriva per qualche ora a Rimini da Gerusalemme per l'incontro inaugurale di un Meeting proiettato quest'anno più sulle emergenze del mondo che sul dibattito politico interno e, per bocca di Giorgio Vittadini, vuol guardare "oltre le ideologie". E davanti a migliaia di persone in un immenso auditorium racconta una terra ancora in fiamme, ed una regione dove "il processo delle primavere arabe è stato sequestrato da movimenti e partiti religiosi che le hanno trasformate in una lotta di potere tra sciiti e sunniti", con la nascita dell'Isis che è vergognoso e va contro la storia e lo stesso carattere del Medio Oriente, che ha alle spalle una millenaria storia di convivenza tra etnie e religioni. E che colpisce le minoranze. Come i cristiani, ma non solo.   

Per questo, secondo il religioso, serve che tutte le comunità religiose "facciano sentire la loro voce contro questo abominio". Tutte, a partire dall'Islam, che però ancora è tiepido: "Il mondo islamico finalmente ha cominciato a reagire, ma ci sembra ancora assai timido. E invece solo una denuncia comune e forte rispetto a quanto sta accadendo può essere efficace. Anche perché in Medio Oriente non ci sono solo i cristiani perseguitati dagli integralisti: lo sono di più i musulmani di orientamento diverso da loro; sono ben di più le moschee distrutte dagli integralisti". E allora i cristiani devono continuare, come stanno facendo, a rendere la propria testimonianza di fede. E devono "poter vivere come gli altri". Come d'altronde era la normalità in Medio Oriente, "da sempre crogiolo di religioni caratterizzato non dall'integrazione ma dalla convivenza". E allora a Gaza "per prima cosa bisogna fermare la violenza, che non fa altro che generare rancore. Quindi è necessario dare prospettiva alla popolazione in termini di sviluppo".

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