sabato 22 agosto 2015
Il fondatore di Comunione e Liberazione, a 10 anni dalla scomparsa, fa ancora il pieno al Meeting di Rimini.
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Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, a 10 anni dalla scomparsa fa ancora il pieno al Meeting, salone gremito in ogni ordine di posti con gente seduta a terra e altra che non è riuscita a entrare. Per quella che, spiega Alberto Savorana, portavoce di Cl e biografo ufficiale del suo fondatore (che ricorda anche il sacedote catanese don Francesco Ventorino, scomparso qualche giorno fa, fra i protagonisti della prima ora di questa esperienza), «non deve essere una commemorazione». E non lo è per niente. «Sarebbe un’operazione sbagliata - dice l’editorialista della Stampa Gianni Riotta - chiedersi che cosa direbbe oggi don Giussani, di fronte ai drammi del momento, l’immigrazione, l’Europa. Giussani va ricordato per quel che ha detto e fatto, senza usarlo al fine di confermare le proprie opinioni di oggi». Per il filosofo Massimo Borghesi, autore a sua volta di una biografia sul fondatore di Cl, gli aspetti fondamentali da tenere, dell’insegnamento di Giussani, sono il senso religioso, «mutuato da parole di monsignor Montini del 1957, che lo colpirono in profondità» e l’esperienza, fattore invece «assolutamente originale» nell’insegnamento del sacerdote di Desio. Generatore di un altro aspetto peculiare di Cl, «la sua operatività, attraverso la dinamica dell’incontro». Un metodo che produce affetti ancora oggi. Fa breccia al Meeting il racconto di Pietro Modiano, presidente di Sea (Società esercizi aeroportuali di Milano) che parla di esperienze giovanili di tipo molto diverso sul piano politico e religioso, e che pure oggi - racconta - si sente «sulla porta», rispetto a Cl. Iincuriosito, appunto, dall’incontro con i responsabili e i ragazzi della "Piazza dei mestieri" a Torino (iniziativa nata nell’ambito di Cl che, riprendendo l’impostazione di don Bosco, si occupa di riportare nel circuito formativo e occupazionale ragazzi che ne sono usciti) che andarono a incontrarlo da direttore del gruppo Intesa-San Paolo, mettendo in fuga i suoi pregiudizi. C’è un’altra parola del lessico giussaneo ad aver favorito l’inpensato approccio, lo «stupore», in grado di vincere anche il dubbio che Modiano rivendica essere patrimonio antico del suo metodo cognitivo. Risultato: «Resto sulla porta, sì, ma non mi sento più estraneo a voi». Scatta interminabile l’applauso finale. Miracoli di don Giussani, a dieci anni dalla morte.
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