sabato 21 ottobre 2017
Articolata la posizione del mondo cattolico. Il patriarca Moraglia: autonomia non significa separazione. Può essere anzi di stimolo a una maggiore assunzione di responsabilità
Luca Zaia (Ansa)

Luca Zaia (Ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

Luca Zaia, governatore del Veneto, puntando a superare il quorum, che non c’è in Lombardia, non perde occasione per rassicurare che questo è il referendum per «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia » e non, quindi, per l’indipendenza. Il Veneto, dunque, non è la Catalogna.

Se domenica notte prevarranno i voti favorevoli, il presidente della giunta regionale presenterà all’assemblea legislativa, entro 90 giorni, un programma di negoziati da condurre con il governo, unitamente ad un disegno di legge che recepisca il percorso ed i contenuti per il conseguimento dell’autonomia differenziata. Zaia per primo ha sempre sostenuto che l’obiettivo del Veneto è di guadagnare le prerogative delle province autonome di Trento e Bolzano.

Gli stessi presidenti di Trento e Bolzano, rispettivamente Ugo Rossi e Arno Compatscher, hanno dichiarato che questa aspirazione è legittima ma – come molti pensano in Veneto – era acquisibile con una puntuale trattativa con il governo. Mario Bertolissi, il più autorevole costituzionalista veneto, riconosce che è vero, ma aggiunge che la portata politica dell’esito referendario inciderà in modo fondamentale sulla trattativa.

Non ci sono dubbi che vinca il sì, ma quanti dei 4 milioni e 68mila elettori si recheranno domani alle urne? Ecco il punto. Nelle elezioni recenti il partito dell’astensionismo si è dimostrato in progressivo aumento. La mobilitazione per superare l’asticella è stata totale da parte della Lega Nord; si è accodato il resto del centrodestra, seppur senza troppo entusiasmo. Il Pd è diviso. La senatrice trevigiana Simonetta Rubinato è convinta che «se il referendum fallisce, seppelliamo una volta per tutte le nostre velleità di negoziare con lo Stato forme di autonomia». Ma c’è chi, dentro lo stesso Pd e in genere nella sinistra, ritiene che si tratti di una consultazione farlocca e che in verità, sarebbe stata sufficiente la disponibilità della Regione a trattare con il Governo per nuove competenze.

Si articola variamente anche il mondo cattolico. La commissione diocesana per la pastorale sociale di Vittorio Veneto spiega in un documento perché ritiene 'generica' la formulazione del quesito referendario e la conseguente scarsa efficacia immediata dell’esito; «più preciso e chiaro nei suoi riferimenti alle norme costituzionali» è il quesito lombardo si dice.

Il settimanale diocesano L’amico del popolo di Belluno invita «alle urne per aprire nuove opportunità» e la Fism, ricordando di associare oltre mille scuole dell’infanzia paritarie, evidenzia come il percorso dell’auspicata autonomia possa produrre una rivoluzione di eccezionale importanza nel sistema dei servizi socio- educativi all’infanzia. Fa riferimento, la Fism, all’impegno storico dei cattolici nel sociale e nella politica del Veneto, con le molteplici iniziative di cooperazione e di mutualità sotto il segno della sussidiarietà, del federalismo e dell’autonomia. Il fatto è – puntualizza al riguardo la Cisl –, che siamo sì federalisti, ma che questo referendum non cambierà le sorti del Veneto, perché «essere autonomi significa prima di tutto assumersi la responsabilità delle scelte che si compiono ogni giorno». Se nella Cisl ci sarà chi andrà a votare e voterà sì, come altri che rimarranno a casa, anche nella Cgil è presente la stessa differenziazione.

Da parte sua il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, non chiude la porta alle istanze poste con il referendum: «Confronti e consultazioni elettorali che si svolgono nel rispetto della Costituzione italiana, in uno spirito autentico di comunione nazionale e cercando di evidenziare e valorizzare peculiarità, risorse e legittime esigenze di un territorio, possono aiutare a far crescere la spinta alla sussidiarietà e al bene comune dell’intera comunità (locale e nazionale), anche attraverso modalità più eque e più giuste – ha detto ieri –. Autonomia non significa separazione; può essere, semmai, uno stimolo e un aumento di responsabilità verso un’integrazione più forte e attenta alle caratteristiche di ogni contesto e di ciascuna realtà».

Di peculiarità in peculiarità, però, in provincia di Belluno, si celebra un secondo referendum, per l’autonomia delle terre alte delle Dolomiti venete. «La montagna ha specificità proprie. Ha l’esigenza di un autogoverno», sottolinea il presidente della Provincia, Roberto Padrin, per essere più vicina ed immediata nella soluzione dei problemi del territorio. Altrimenti abbiamo tutti i Comuni di confine che scappano verso le province autonome o il Friuli Venezia Giulia». Ben 30 quelli che hanno intrapreso questo percorso, anche attraverso specifici referendum.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI