venerdì 7 ottobre 2022
Stanno arrivando anche i russi e gli ucraini a Rondine, la Cittadella della pace in provincia di Arezzo. Insieme per costruire un nuovo mondo
Una manifestazione per la pace

Una manifestazione per la pace - Fotogramma

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Il movimento per la pace scalda i motori in vista di una nuova mobilitazione diffusa, senza escludere una possibile manifestazione nazionale. L’azione pacifista si animerà già nel fine settimana dal 21 al 23 ottobre in numerose piazze italiane, ad otto mesi dall’invasione russa e alla vigilia della Settimana Onu per il Disarmo. Diverse le adesioni già annunciate alle iniziative organizzate dalle realtà aderenti alla Rete italiana pace e disarmo, per la coalizione "Europe for peace".

E sabato ad Assisi il Comitato promotore della Marcia della Pace organizza un incontro nella sala stampa del Sacro convento dal titolo «Con Papa Francesco, contro la guerra per costruire la pace». Anche Anpi ha già confermato di aderire alla mobilitazione: «Ben vengano iniziative per negoziato e per la pace. Come ha affermato di recente il presidente Mattarella, “non ci arrendiamo alla logica di guerra, che consuma la ragione e la vita delle persone”». Anche l’Associazione per il rinnovamento della sinistra ha deciso di partecipare al percorso per costruire soluzioni di pace a fronte del maggiore (non certamente l’unico) conflitto in corso. «Vogliamo riferirci alle parole di Papa Francesco: la terza guerra mondiale a pezzi si sta svolgendo realmente, non in un racconto distopico. Pensiamo ad una straordinaria manifestazione nazionale, da costruire con le soggettività che già si sono espresse e con moltissime altre. Aderiamo all’esigenza di pensare non solo ad un corteo, bensì ad una tenace ricerca di strade negoziali». Anche i pacifisti di "Cessate il fuoco" scendono in piazza. «Siamo al fianco di tutti i popoli contro le guerre, per un immediato cessate il fuoco e per il ritiro delle truppe russe. Siamo solidali con le popolazioni ucraine e con chi in Russia lotta per la pace e per un’accoglienza incondizionata per gli immigrati e i profughi di tutte le guerre».

Franco Vaccari in un'immagine d'archivio

Franco Vaccari in un'immagine d'archivio - Siciliani

Stanno arrivando anche i russi e gli ucraini a Rondine, la Cittadella della pace in provincia di Arezzo. Per parlarsi e scoprire di essere solo esseri umani. Ci saranno anche loro, i giovani rappresentanti di due popoli che si stanno uccidendo, coinvolti nell’ambizioso progetto nato negli anni 90 con l’obiettivo di far conoscere e convivere ragazzi di popoli in guerra. Un percorso concreto di umanizzazione del "nemico", di scoperta delle ragioni dell’altro. Franco Vaccari, fondatore e presidente di questo piccolo grande esperimento pacifista, porta la sua esperienza di vero "costruttore di pace" alla mobilitazione della società civile in corso in questi giorni. Di quel composito movimento per la pace che, per l’ennesima volta in questi 225 giorni dall’invasione russa in Ucraina, tornerà a chiedere alla politica di usare la diplomazia e non solo le armi. Perché la guerra va chiusa, non vinta.

La Cittadella della pace riesce a tenere vive relazioni anche quando sembra impossibile. Come ci riuscite?
I ragazzi che accogliamo sono fratelli che la storia condanna a essere nemici. Abbiamo cominciato nel 1995 durante la guerra in Cecenia, e da allora abbiamo continuato invitando coppie di giovani che non si arrendono alla logica della guerra. Osano toccare il nemico, conoscerlo, stringergli la mano, porgergli domande, condividere il dolore della guerra. Per poi, da lì, scoprire che c’è una comune umanità più forte delle divisioni malgestite dalla politica che portano alla guerra. Siamo un luogo che ostinatamente e tenacemente tiene le relazioni tra le persone, nonostante i fallimenti della storia.

Ospiterete quindi anche giovani dalla Russia e dall’Ucraina?
Sì. Stanno per arrivare.

Il metodo è quello di seminare, di creare leader che facciamo ragionare diversamente i loro concittadini?
È esattamente così. Perché quelle che riportano a casa questi ragazzi non sono teorie, ma un vissuto, cose che hanno sperimentato sulla pelle. Hanno scoperto che l’altro, costruito come nemico, in realtà è un fratello.

È anche quello che ha voluto dire papa Francesco domenica all’Angelus?
È stato un appello formidabile. Ci ricorda la comune fraternità possibile. Dobbiamo abbandonare il pensiero che "la guerra c’è sempre stata e purtroppo sempre ci sarà". No, non è vero. La guerra è la malattia dell’umanità. La normalità è che le persone si incontrino, dialoghino, pur rimanendo differenti, non devono omologarsi. A Rondine nessuno diventa come l’altro, o cambia posizione. Piuttosto, vede il volto della guerra vissuto dall’altra parte del confine.

Intende dire che il nemico è spesso una costruzione della propaganda, del potere che attizza le differenze? Nei Balcani popoli diversi, dopo secoli di convivenza, si scoprirono nemici.

Senza un nemico non si può fare nessuna guerra.

I governi oggi parlano con la voce delle sanzioni e delle armi, la diplomazia è muta.

È muta anche la voce dei popoli. Ricordiamo cosa è avvenuto in altri teatri del mondo e contesti di guerra, come si muoveva il popolo della pace. Oggi c’è disorientamento e paura. Invece bisogna alzare la voce. La diplomazia deve agire, certo, ma dobbiamo chiederlo mettendoci personalmente in gioco, noi cittadini.

È in corso l’ennesima mobilitazione del movimento per la pace, che sta ragionando anche su un possibile appuntamento nazionale unitario.
Sarebbe quanto mai opportuno. Stiamo lentamente scivolando sul versante dell’indifferenza. Le racconto una cosa: due settimane dopo l’invasione russa abbiamo convocato, in pochi giorni, una marcia di cinquemila giovani, da Arezzo a Rondine. Contro l’indifferenza, come ci ha suggerito Liliana Segre. Una ragazza tornando in classe il lunedì s’è sentita chiedere dalla professoressa: "Bene, Putin vi ha ascoltato?". Questo cinismo sulla bocca di chi dovrebbe educare i giovani è una tragedia. Il gesto civile, etico, culturale di agire insieme per dire "vogliamo la pace, muovetevi!", ha sempre una grande dignità. Dobbiamo essere vigilanti e dire no, è un atto importante.

Le manifestazioni nelle piazze riuscirà a dare voce a quella che probabilmente è la maggioranza degli italiani?
Le grandi figure della nonviolenza come Ghandi, Martin Luther King, Aldo Capitini ci hanno insegnato che uscire, aggregarsi in modo rispettoso per affermare il diritto alla pace è un gesto grande. Il no alla guerra dal nostro divano, invece, porta una quota di ambiguità. Chi vuole la pace deve dare un segno. Se lo facciamo in tanti cambieremo le cose. Credo ci sia un mondo di giovani, ma anche di adulti, desiderosi di mettersi in gioco. Chi comincia attrae tanti altri, incerti su come esprimere il loro no alla guerra, che sta scritto con chiarezza nella nostra Costituzione. I Palazzi della politica ci ascolteranno.

Sarete in piazza con i vostri ragazzi a testimoniare la che convivenza pacifica è possibile?
I giovani della Cittadella della pace sono sempre presenti nei momenti piccoli e grandi delle mobilitazioni per la pace. Li educhiamo sempre a partecipare. La democrazia è viva se attiva la partecipazione. Non è stando sui social o davanti alla tv che si costruisce la pace.

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