venerdì 11 ottobre 2019
Nata in Albania e cieca dalla nascita, la giovane vuole diventare magistrato. E sconfiggere ogni pregiudizio. Il tema delle discriminazioni sul lavoro in un seminario a Bologna
Il sogno di Ada: non vedente e con la toga
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È nata in Albania ma si è trasferita in Italia con la famiglia quando era ancora bambina. Qui ha studiato fino a conseguire, a pieni voti, la laurea in Giurisprudenza all’università di Bologna. È da quando frequentava il liceo che Ada Fama coltiva un sogno: diventare magistrato. E per questo ha studiato, tanto, ed è andata incontro a sacrifici e rinunce. Con la laurea in tasca ha fatto il praticantato in uno studio legale bolognese e poi è andata a Londra per frequentare i due anni del corso al King’s College, la migliore scuola di diritto in Europa. Rientrata in Italia, la giovane si è iscritta al concorso in magistratura. E per lei sono cominciati i problemi: perché Ada, affetta sin dalla nascita da un glaucoma, è non vedente e uno dei requisiti per la partecipazione alle tre prove d’esame è l’idoneità psico-fisica.

Nonostante la legge n. 120 del 28 marzo 1991, che stabilisce norme in favore dei privi di vista per l’ammissione ai concorsi pubblici, gli ostacoli non sono mancati. Ma alla fine Ada ce l’ha fatta. Dopo il necessario tirocinio di diciotto mesi come uditore in Corte d’Appello, nel giugno scorso è stata finalmente accettata e ha partecipato alle prove del concorso. È riuscita a superarle? Si saprà solo nella prossima primavera. Ada non sta tranquilla. Sarà ritenuta idonea alla carriera di magistrato? Che ruolo giocherà, nella valutazione, il suo stato di cecità? «Se fossi bocciata ci riproverei» dice, sicura di sè. In Italia esistono già giudici non vedenti, anche se lo sono diventati dopo il superamento del concorso. Lei sarebbe la prima togata cieca dalla nascita. In Germania, Inghilterra e in altri Paesi europei, però, sono già decine: la prova che essere non vedenti non rappresenta un impedimento nell'amministrare la giustizia.

Quale futuro ha davanti a sé la neo-dottoressa in Legge, aspirante magistrato? Ci saranno nei suoi confronti atteggiamenti discriminatori? Sarà vittima di pregiudizi? L’inclusione e la gestione della diversità nei luoghi di lavoro è un segno di civiltà. Si tratta del “diversity managment”, cioè dell’insieme di politiche, pratiche e azioni che hanno l’obiettivo di valorizzare le diversità dei lavoratori per genere, età, orientamento sessuale, etnia, disabilità. E qual è veramente la situazione nelle aziende private e nella pubblica amministrazione italiana? Il tema verrà affrontato dal 15 al 17 ottobre alla fiera di Bologna durante l’evento “Ambiente Lavoro”: un seminario (organizzato da Istituto Ambiente Europa) e un workshop sono dedicati proprio all’informazione e alla formazione. «Quando si parla di diversity management non ci si limita a pensare a modalità per proteggere le minoranze, ma si vuole creare una cultura organizzativa che valorizzi la diversità in quanto fonte di ricchezza che porta un aumento d’innovazione e creatività dentro l’azienda – chiarisce Priscilla Dusi, psicologa, coach e Rspp di Istituto Ambiente Europa – che ha come valore l’integrazione delle persone, e che attivamente cerca di creare un ambiente “inclusivo” di attenzione e ascolto dell’altro diverso da me».

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