giovedì 9 gennaio 2020
Lo scorso anno le amministrazioni comuni e le aziende sanitarie commissariate per gravi condizionamenti dei clan sono state 21. Infiltrazioni pesanti che condizionano in negativo anche la sanità
Carabinieri in azione a Reggio Calabria

Carabinieri in azione a Reggio Calabria - Foto di archivio Ansa

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Anno record il 2019 per i comuni sciolti per mafia. Un segnale preoccupante ma anche la conferma dell'urgenza di una riforma per migliorare la norma e correggere le criticità. Lo scorso anno le amministrazioni comuni e le aziende sanitarie commissariate per gravi condizionamenti dei clan sono state 21. E considerando anche le proroghe di precedenti scioglimenti - 26 nel 2019 - si raggiunge la cifra più rilevante in 29 anni, cioè dal 1991 quando venne approvata la legge che disciplina la materia. Lo sottolinea un dossier dell'associazione "Avviso Pubblico. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie".

Nel documento si legge che dal 1991 è la settima volta che viene superata la soglia dei 20 scioglimenti. Il numero maggiore, con 34 comuni, risale al 1993, ma ben tre riguardano gli ultimi tre anni: 21 nel 2017, 23 nel 2018, e appunto 21 nel 2019. Di questi ultimi, 8 sono in Calabria, 7 in Sicilia, 3 in Puglia, 2 in Campania e 1 in Basilicata, il secondo in questa regione in 26 anni. La provincia più rappresentata è quella di Reggio Calabria con 6 Comuni e l'Asp, quasi il totale regionale.

Ma il dato più preoccupante è che molte delle amministrazioni sciolte sono al secondo o terzo provvedimento.

I recidivi sono infatti 8, come emerge dall'elenco: Careri (Reggio Calabria, sciolto una prima volta nel 2012), Pachino (Siracusa), San Cataldo (Caltanissetta), Mistretta (Messina), Palizzi (Reggio Calabria), Stilo (Reggio Calabria), Arzano (Napoli al terzo scioglimento, dopo quelli del 2008 e del 2015), San Cipirello (Palermo), Sinopoli (Reggio Calabria; già sciolto nel 1997), Torretta (Palermo, sottoposto a scioglimento nel 2005, archiviato nel 2014), Misterbianco (Catania, tra i primi enti sciolti nel 1991), Cerignola (Foggia), Manfredonia (Foggia), Orta di Atella (Caserta, al secondo scioglimento, dopo quello del 2008), Africo (Reggio Calabria, giunto al terzo scioglimento, dopo quelli del 2003, successivamente annullato, e del 2014), Carmiano (Lecce), Mezzojuso (Palermo), San Giorgio Morgeto (Reggio Calabria), Scanzano Jonico (Matera), Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria (sciolta anche nel 2008) e Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro. ù

Comuni piccoli, quasi sconosciuti, ma anche città con quasi 60mila abitanti come Cerignola e Manfredonia, che confermano la preoccupante situazione del Foggiano.

Così come le due aziende sanitarie commissariate. Non un caso raro. Con quelle attuali sono quattro le Asp sciolte e due le Asl, segnali chiari degli interessi mafiosi sulla sanità. E anche le recidive non sono un fatto raro.

Nel complesso sono stati emanati 545 decreti ex art. 143 del testo unico sugli enti locali, dei quali 205 di proroga; su 340 decreti di scioglimento, 23 sono stati annullati dai giudici amministrativi. Tenuto conto che 66 amministrazioni sono state colpite da più di un decreto di scioglimento, gli enti locali complessivamente coinvolti nella procedura di verifica per infiltrazioni della criminalità organizzata sono stati fino ad oggi 287; di essi 256 effettivamente sciolti (compresi un capoluogo di provincia e sei aziende sanitarie e ospedaliere). Dal 2010 ad oggi sono 47 i procedimenti ispettivi avviati dal Ministero dell’Interno e conclusi con l’archiviazione, di cui 9 nel 2015, 3 nel 2016, 1 nel 2017, 6 nel 2018 e 6 nel 2019.

Numeri che preoccupano. E che richiedono urgenti interventi. Come ricorda Avviso pubblico, dopo le recenti modifiche alla normativa, introdotte dal cosiddetto “decreto sicurezza” e la sentenza della Corte costituzionale n. 195 del 2019, "ci si attendono ulteriori interventi correttivi nel prosieguo della legislatura: a tal proposito, merita senz'altro una segnalazione l'avvio, in seno alla I Commissione Affari costituzionali della Camera, della discussione relativa a tre progetti di legge di iniziativa parlamentare".

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