venerdì 29 ottobre 2021
Una conferenza e un libro concludono l’anno di celebrazioni dedicate al “palazzo alato”, progettato da Roberto Marino e inaugurato a Roma nel 1931. Un libro ne racconta caratteristiche e storia
Il Palazzo dell'Aeronautica

Il Palazzo dell'Aeronautica - Aeronautica Militare

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Novant’anni di storia aeronautica e di architettura italiana dentro e fuori le mura del “palazzo alato”. Un edificio inaugurato il 28 ottobre 1931 a Roma per ospitare la più giovane delle forze armate nata il 28 marzo 1923. Cento anni dopo concerti, mostre ed iniziative sono stati dedicati a una struttura che racchiude il cuore pulsante dell’Arma Azzurra.

“Abbiamo fatto diversi eventi per celebrare la nostra seconda casa che noi in gergo chiamiamo il Palazzo – spiega il generale Giovanni Francesco Adamo, Capo del 5° Reparto comunicazione dell’Aeronautica militare -. Una dimora che per noi ha un valore affettivo inestimabile. Come giusto epilogo di queste celebrazioni era d’obbligo realizzare un volume su Palazzo Aeronautica – aggiunge Adamo -. Un libro che rimarrà nella storia e anche tra anni sarà il segno tangibile di queste celebrazioni”. Tra le firme di Palazzo Aeronautica 1931-2021 ci sono studiosi e professori universitari del calibro di Paolo Portoghesi e Giovanni Carbonara, ma anche autorevoli storici apprezzati in Italia e all’estero come il generale ispettore capo Basilio Di Martino, capo del Corpo del Genio aeronautico dell’Aeronautica militare.

“Che gli anni trenta, il quarto decennio del Novecento, sia stato per Roma un periodo importante, decisivo per il suo sviluppo, è fuor di dubbio, e abbandonate ormai le dispute ideologiche, si possono analizzare senza pregiudizi i molti aspetti positivi di quel periodo – ha spiegato durante la presentazione Paolo Portoghesi, novantenne professore emerito di Geoarchitettura alla Sapienza Università di Roma, allievo di Roberto Marino, progettista di Palazzo Aeronautica -. La scelta dell’architetto destinato a costruire il Ministero dell’Aeronautica avvenne alla fine degli anni venti, prima che il fascismo scegliesse il metodo dei concorsi che caratterizzerà gli anni successivi ed è il frutto di una complicata vicenda".

"L’architetto Bazzani, che avrebbe poi realizzato gli uffici postali di mezza Italia - continua Portoghesi - aveva proposto un progetto simile a quello, realizzato per il Ministero della Educazione Nazionale, completato nel 1927, spesso paragonato all’edificio del Bauhaus di Gropius inaugurato nello stesso anno per sottolineare l’arretratezza della cultura architettonica italiana. Più o meno contemporaneamente Brasini e Marchi avevano avanzato delle proposte progettuali, molto differenti tra loro ma entrambe influenzate dalla imminente ventata della modernità. Brasini con uno scenografico Ministero-Idroscalo e Marchi con un curioso elegante esercizio del suo futurismo goticheggiante. L’entrata in scena di Italo Balbo, provetto aviatore e futuro organizzatore della trasvolata atlantica, cambiò decisamente le carte in tavola. In fatto di gusto Balbo aveva idee confuse come dimostra il dannunziano studiolo nel castello di Ferrara, ma comunque diffidava degli architetti e preferiva non averli tra i piedi. Deluso dal progetto decisamente passatista redatto dall’Ufficio Tecnico del ministero in fieri, decise, quando erano già state realizzate le fondazioni di affidare a un ingegnere la esecuzione del progetto con il compito di semplificarlo, alleggerirlo e renderlo meno oneroso finanziariamente e più rapidamente eseguibile entro la data prefissata del 28 ottobre del 1931”.

Fu molto probabilmente Gustavo Giovannoni a suggerire a Italo Balbo l’ingegner Roberto Marino, che era stato suo assistente e che considerava uno dei suoi migliori allievi.

“L’esperienza professionale di Marino, modesta ma promettente, con all’attivo alcune scuole e la bella villa nella piazza di Santa Maria in Cosmedin, corrispondeva all’intento di Balbo di rimanere arbitro della impresa edilizia suggerendo senza problemi al progettista ciò che pensava opportuno sul piano funzionale – ha spiegato Portoghesi -. Si deve infatti a un suo suggerimento la sostituzione della struttura muraria tradizionale prevista nel progetto dell’Ufficio tecnico, con una più moderna struttura in cemento armato, che rese possibile la realizzazione di spazi interni flessibili con uffici di tipo innovativo senza barriere se non di cristallo e ben controllabili dai corridoi. A Marino si offriva così la grande occasione della sua vita che seppe sfruttare senza protagonismi concentrandosi sull’elegante disegno dei dettagli”.

Per il professore Carbonara, emerito di restauro architettonico alla Sapienza Università di Roma “è fuor di dubbio che l’imponente e poderoso corpo dell’edificio venne ben progettato, secondo i canoni di una moderna classicità”, quindi con materiali della tradizione romana, in primo luogo travertino e laterizi, e con la presenza di opportuni sporti e cornicioni, con un sapiente e ben sperimentato uso dei materiali a seconda della loro funzione ed esposizione, “ed ottimamente realizzato, grazie anche alla quotidiana presenza dell'ingegnere Roberto Marino. Da qui una non comune capacità di durata e resistenza in buone condizioni del manufatto, che ha assunto essenzialmente solo quegli inevitabili segni del tempo che, più che degrado, sono quasi fisiologiche e non preoccupanti alterazioni, qualificate, dalla riflessione teorica e disciplinare di restauro, come patine, non connotate in senso negativo ma, più correttamente, come un nobile attestato di antichità, secondo quanto scrive Cesare Brandi, del manufatto, da trattare col necessario riguardo”.

Ne consegue, ha avuto modo di spiegare Carbonara, ad esempio, per le pietre da costruzione, come il travertino e i marmi, l’esigenza di una loro calibrata pulitura e non d’una violenta “spulitura” o forzata “igienizzazione”, quasi a voler riportare i materiali lapidei ormai naturalmente invecchiati, “come il volto di una persona anziana sì ma non malata, a quella freschezza che avevano al momento della loro cavatura, pretesa storicamente fuorviante”. Per fortuna, ha proseguito Carbonara, la concezione italiana del restauro si prende cura di questi aspetti, difende le patine del tempo, che sono garanzia di profondità storica delle antiche superfici ma anche una qualità capace di garantire la coerenza visiva, urbanistica e paesaggistica, del singolo bene monumentale col tessuto edificato circostante, sottolineandone il valore corale, come scriveva Gustavo Giovannoni”.

Un palazzo che è stato curato e gestito con sensibilità facendo emergere proprio nell’anno del novantesimo anniversario angoli e aspetti mai visti prima rendendoli anche fruibili al pubblico.

“Per altro verso uno dei criteri per la buona conservazione nel tempo di un edificio risiede nella sua continuità d’uso – ha aggiunto Carbonara -. Questa felice situazione ha caratterizzato le vicende del Palazzo dell’Aeronautica che, con l’avvento della Repubblica e la sua nuova organizzazione politico-amministrativa, ha solo cambiato il nome scritto in facciata. Ecco perché l’edifico dell’Aeronautica è giunto a noi in ottime condizioni, interne ed esterne. Chiaramente la continuità dell'uso induce alcune modifiche, di spazi e di specifici assetti funzionali, destinati a cambiare nel tempo. Da qui, ad esempio, ma anche per ragioni di vandalismo negli ultimi anni della guerra, la perdita dell’Aeromensa e dell’Aerobar; spazi di recente, tuttavia, riconfigurati secondo un nuovo progetto funzionale che ha consentito, fra l’altro, di recuperare in buona parte le pitture di Marcello Dudovich, sempre di argomento aeronautico, che ne decoravano le pareti”.

Quel 28 ottobre del 1931, all’atto della sua inaugurazione, il palazzo disponeva di una serie di servizi. Nel piano interrato ad esempio c’era la centrale elettrica e le cabine di trasformazione, la centrale dell’impianto di riscaldamento, gli accumulatori della centrale telefonica, le cucine, i frigoriferi e gli accessori, il laboratorio tipografico e magazzini vari. L’allestimento della posta pneumatica fu opera della Società Anonima Posta Pneumatica Bontempelli, operante nel settore dal 1908 mentre nel seminterrato fu locata una centrale dove convergevano ben 96 linee in entrata e 193 in uscita. La lunghezza complessiva del sistema di tubi, realizzati in ottone e aventi una sezione interna di 86 mm, raggiungeva i 36mila metri. La “centrale” era in grado di smistare fino a 60mila astucci l’ora.

Balbo voleva fare di “Palazzo Aeronautica” un simbolo: “Egli lo definisce forza slanciata verso l’alto e volontà lineare. Il palazzo è la manifestazione di queste due cose - ha spiegato il generale Di Martino -. Se ci pensiamo bene questa è l’Aeronautica: slanciata verso l’alto con un percorso lineare. Balbo inoltre collegava in maniera molto diretta l’aspetto esterno del palazzo con la vita che si deve svolgere al suo interno, dunque un collegamento tra regola esterna e regola interna. Un concetto significativo che egli stesso definì con tre termini: semplicità, chiarezza e velocità. Questo è il palazzo. Questa è e dovrebbe essere l’Aeronautica”. L’obiettivo era quello di dare all’organizzazione che viveva dentro e fuori dal palazzo “un nuovo spirito di corpo e una nuova ragion d’essere” ha aggiunto Di Martino: “Il palazzo si inquadra esattamente in tutto questo”.

“Il Palazzo non è un museo, è la nostra casa, dove lavoriamo, dove passiamo gran parte della nostra giornata” ha concluso il generale di Squadra Aerea, Alberto Rosso, capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, alla vigilia del cambio al vertice e della cerimonia di avvicendamento con il generale di Squadra Aerea Luca Goretti che dal 28 ottobre sarà alla guida dell’Aeronautica militare. Concetti espressi anche in mattinata alla Sapienza Università di Roma proprio nel corso di un convegno aperto alla presenza della rettrice Antonella Polimeni.

"Modernità, innovazione, ricerca, tecnologia, tensione al futuro, ma anche legame alle tradizioni, ai valori, alla memoria e alla nostra storia: sono elementi chiave di Palazzo Aeronautica, così come della stessa Forza Armata, oggi come novant'anni fa, e ne costituiscono l'inconfondibile Dna. Sono mura ricche di simboli e segni che sentiamo gelosamente nostri, luogo di lavoro e al tempo stesso di identità e concreta appartenenza", ha detto Rosso. "La bellezza architettonica dell'edificio, come lo immaginò il suo ideatore, oggi brilla ancora di più con il restauro delle opere murarie di Dudovich e si associa ad un'altra bellezza, quella custodita all'interno della struttura, fatta di simboli aeronautici ed una serie di particolari che sostanziano l'orgoglio di appartenenza all'Arma Azzurra e si fondono, con una modernità ed una tecnologia di assoluta avanguardia, nella ricerca illuminata dell'efficienza del lavoro e la cura e il rispetto per l'elemento umano, che qui doveva lavorare in modo dinamico e produttivo".

Il libro, realizzato da Edizioni Rivista Aeronautica, raccoglie in un volume non solo la storia, ma anche l'architettura, l'arte e la tecnologia dell'edificio. Tra le novità anche la possibilità di visualizzare video dalle pagine della pubblicazione tramite il QrCode.



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