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Latte, il dilemma delle quote

Andrea Zaghi sabato 1 dicembre 2007
In Italia si è tornati a parlare di latte. Certo, gli addetti ai lavori non hanno mai smesso di tenere sotto controllo un comparto che significa molto anche per le produzioni tipiche del Paese; mentre le tensioni sui prezzi hanno coinvolto anche i prodotti lattiero-caseari. Ma questa settimana oltre 40mila allevatori sono scesi per le strade di Brescia (capoluogo di una delle province italiane più coinvolte nel comparto), per chiedere legalità e rispetto delle regole proprio per questo prodotto. Non è stata la battaglia di una guerra come quella che scoppiò qualche anno fa sulle quote. Non è stato chiesto di poter produrre di più, ma semplicemente di poter lavorare con correttezza. Cosa è accaduto?
Dalla «guerra del latte» " che portò addirittura a versare il prodotto per le strade " molto è cambiato. Migliaia di aziende sono scomparse, la cura alla qualità è diventata l'elemento principale della produzione, la struttura di mercato è mutata, ma i prezzi all'origine sono rimasti pressoché fermi mentre quelli al consumo sono cresciuti. Gli allevatori, quelli ancora attivi, hanno dovuto ripensare le loro strategie. Sul comparto pesano, stando ai dati del Centro Studi di Cremonafiere, oltre 3,9 miliardi di euro di multe accumulate dalla fine degli anni ottanta ad oggi per le eccedenze produttive. Intanto, in Europa si sta pensando all'aumento delle quote di produzione (la proposta della Commissione è del 2%) e alla loro abolizione nel 2015. Una prospettiva che dovrebbe essere positiva ma che nasconde, invece, tutta la complessità del settore. Consentire di produrre di più, significherebbe immettere sul mercato una maggiore offerta che, se non controllata, abbatterebbe i prezzi all'origine mandando all'aria tutti i programmi di investimento che comunque gli allevatori stanno realizzando. Basta pensare che un rapporto preparato dalla stessa Commissione Ue " e usato da Unalat per mettere in guardia dai rischi all'orizzonte " indica che un eventuale incremento del 2% della produzione comporterebbe la riduzione del prezzo alla stalla del 4%. Addirittura, potrebbero aprirsi spiragli per chi fino ad oggi non ha rispettato la legge.
È importante quindi, che siano stati gli stessi produttori agricoli a chiedere di frenare sulla possibilità di produrre di più. E lo è anche il fatto che in migliaia abbiano messo le mani avanti e chiesto di rispettare prima le regole attuali e poi di pensare alla loro modifica. Si tratta " come ha spiegato la Coldiretti " di procedere con rigore nei controlli previsti dalla legge e di far pagare le multe a chi deve pagarle
senza, fra l'altro, far arrivare aiuti a quelle aziende che hanno scelto di mettersi contro la Pubblica Amministrazione. Poi si potrà pensare ad
una riforma alla quale l'Italia lavorerà, come è stato detto proprio a Brescia da parte del nostro Governo, per dare garanzie a tutti gli allevatori onesti. Si tratta di una strada che corre sul ciglio di un burrone: vedremo cosa sapranno fare tutti gli attori della vicenda.