Gli occhi spaccanti e la kiss cam: parole sismografo del tempo
Parlano di noi i neologismi dell'anno scelti dalla Treccani. Ci sono anche gli ingiocabili, la droga degli zombie, i pro-Pal e le allucinazioni dell'IA

Ogni anno, quando Treccani, l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana – attraverso l’Osservatorio della Lingua – pubblica i neologismi più significativi degli ultimi 365 giorni, non si tratta solo di ricezione passiva o mero esercizio lessicografico, ma di un qualcosa in più: queste parole sono infatti la conferma che la lingua, in qualche modo, plasma la realtà in cui viviamo, fa da sismografo del mondo che siamo. Le parole, semplicemente, ci arrivano, ci guidano, talvolta quasi prima ancora di darcene consapevolezza, tracciando una sorta di mappa invisibile e preziosa. Molte delle nuove parole individuate quest’anno sono legate al mondo della politica, interna e internazionale, o alla cronaca, ma anche allo sport e alla tecnologia, per non parlare dell’intelligenza artificiale. Sono parole che fotografano episodi, li amplificano, li trasformano in specchi della società.
Sono parole o espressioni che non indicano dove stiamo andando, ma ciò che abbiamo già attraversato, dalle paure alle mode; e se ci guardiamo indietro queste parole fanno anche, in qualche modo, un esercizio di memoria, ci ricordano chi siamo stati, cosa ci faceva piacere oppure orrore. Alcune parole restano, lasciano una traccia indelebile, altre invece vengono superate in quanto fotografia di un momento preciso che resta nel passato, perché la lingua è un organismo vivente, muta forma e sostanza insieme a noi, ai nostri cambiamenti. E poiché la nostra epoca vive (anche) di estremi, tra i neologismi di quest’anno non possono mancare parole come droga degli zombie («denominazione giornalistica del medicinale Fentanyl, un oppiaceo analgesico smerciato illegalmente e assunto come droga potente»), oppure rifugio climatico («luogo pubblico o privato in grado di offrire rifugio dalle temperature estreme»), o ancora kiss cam («la telecamera che riprende le coppie che sugli spalti si baciano»), che ha creato polveroni per settimane, quantomeno nella bolla social.
Oltre a queste, ci sono poi parole più leggere, capaci comunque di creare polarizzazioni, come se in qualche modo il solo pronunciarle non limiti alla descrizione delle stesse, o di un fenomeno, ma segni delle soglie, e conduca a schierarsi, o a schermarsi. Due esempi su tutti sono stati occhi spaccanti («occhi bellissimi che sprigionano uno sguardo intenso», coniata in un audio da Roul Bova, che ha persino depositato il marchio) e ingiocabili («detto di atleta o di squadra così forte che non ci si può giocare contro, imbattibile»). La prima divisiva sul tema del tradimento. La seconda sugli schieramenti sportivi. Se per Sinner ingiocabile è in chiave positiva, infatti, per l’Inter lo è invece in chiave negativa, a mo’ di presa in giro dopo la disfatta della finale di Champions League con il Paris Saint-Germain. Ci sono poi locuzioni come pro-Pal («chi sostiene la causa politica del popolo palestinese»), che hanno portato a movimenti di persone scese in strada per manifestare (quindi creando movimenti concreti) e parole imposte dal mondo che viviamo digitalmente, come allucinazione dell’intelligenza artificiale («l’informazione errata prodotta da un sistema di intelligenza artificiale»). Messe in fila tutte queste parole sono unite da un filo rosso, da un’idea: quella che non siamo spettatori della lingua, ma coautori. Per questa ragione la cura delle parole è fondamentale, perché è cura della realtà. E qui allora è inevitabile un ulteriore passettino nato dal Gutenberg di oggi, in cui proponiamo come parola dell’anno consenso. Un concetto forse non poetico, ma al centro del dibattito in modo concreto. Una parola forse consumata, ma viva. Un concetto forse talvolta fragile, ma fondamentale in una realtà che vacilla quando non siamo presenti a noi stessi, quando non ci riconosciamo. Consenso non è solo una parola, ma un valore da condividere, perché è una parola capace di farsi gesto vivo, reale.
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